Risoluzione n.90/E: il notaio paga, ma è estraneo al rapporto
di Giovanni Valcarenghi
La risoluzione 90/E emanata ieri dalla Agenzia delle entrate, ci dà l’occasione di riprendere alcuni concetti propri dell’imposta di registro gravante sugli atti rogati dai notai che, come noto, la riscuotono per conto del fisco e la versano in sede di registrazione dell’atto.
La questione oggetto di interpello riguardava il mutamento di orientamento dell’Agenzia delle entrate, manifestato con circolare 44/E del 7 ottobre 2011, in relazione alla imposta fissa di registro gravante sugli atti che contengono più disposizioni (ad esempio, donazioni). Accortisi di avere pagato più del dovuto, due Notai hanno richiesto, ad un ufficio periferico (che poi si è rivolto all’Agenzia centrale) di conoscere le modalità con cui si potesse richiedere il rimborso o la compensazione, al fine di recuperare le eccedenze relative al periodo 2008 – 2011.
Innanzitutto, appare curioso notare che la soluzione proposta dall’ufficio periferico era la seguente: “l’istanza non è meritevole di … accoglimento, attesa la non retroattività della Circolare n. 44/2011, che ha eliminato i dubbi sull’interpretazione delle citate norme ed ha inteso superare i chiarimenti già forniti al riguardo dall’Agenzia delle Entrate con la precedente Circolare n. 3 del 22 gennaio 2008”.
Così, al bestiario fiscale già ricco e abbondante, possiamo anche aggiungere la voce “circolare non retroattiva”, di cui certamente sentivamo tutti la mancanza; pensare che un documento di prassi che, letteralmente, … ha eliminato i dubbi … ed ha inteso superare i chiarimenti già forniti non possa valere anche per il passato, è sinceramente un mistero tributario che non vale la pena di indagare a lungo.
In secondo luogo, va invece notato che la risoluzione si sofferma a chiarire la valenza giuridica dei documenti di prassi emanati; come affermato sia in dottrina che in giurisprudenza (ndr: Cassazione, sentenza 9 gennaio 2009, n. 237), alle circolari dell’Agenzia delle entrate, …, non può essere riconosciuta alcuna efficacia esterna né tantomeno le stesse possono essere annoverate fra gli atti generali di imposizione. Si ritiene, quindi, che l’eventuale spettanza del diritto al rimborso, … , consegua unicamente al versamento, in sede di autoliquidazione, di un’imposta che il contribuente non avrebbe dovuto versare e non può, invece, dipendere dalla retroattività o meno della circolare. Quantomeno è stato messo un po’ di ordine, anche se all’atto pratico la situazione non è proprio chiara. In caso di controllo, infatti, gli uffici applicano le circolari (anche se errate), ed il contribuente che dissente deve contrastare la pretesa in contenzioso. In un mondo logico, dovrebbe accadere che, ove si cambi idea (e la cosa è assolutamente legittima, stante il modo con cui si scrivono le norme da qualche anno), si provveda all’istante all’abbandono delle controversie ed al rimborso di quanto pagato in ossequio ad una lettura poi ritenuta errata.
Tornando alla nostra vicenda, quindi, si afferma correttamente che nulla quaestio in merito alla possibilità di riconoscere il rimborso alle fattispecie che possono essere ricondotte alla casistica affrontata dalla circolare n. 44/E del 2011, fermo restando il termine decadenziale dei tre anni previsto dall’articolo 77 del DPR n. 131 del 1986. Sembrerebbe troppo bello; ma dove sta la fregatura, ci viene da domandarci? Molto semplice: il rimborso è possibile, ma deve essere proposto dal soggetto legittimato che, come prescrive la norma, è il contribuente e non il notaio.
Ecco perché il pubblico ufficiale interviene nel pagamento, ma è poi considerato estraneo al rapporto quando si tratta di restituzione (in tal senso, Cassazione – sentenza 6 maggio 2005, n. 9440 – precisa che “il notaio rogante – pur obbligato a richiedere la registrazione dell’atto e pur obbligato a pagare l’imposta principale in solido con le parti nel cui interesse è richiesta la registrazione – resta estraneo al rapporto tributario, in quanto è solo un responsabile d’imposta, quale soggetto obbligato al pagamento dell’imposta per fatti e situazioni, riferibili esclusivamente ad altri”).
Capite bene che trattandosi di imposta di registro in misura fissa (erroneamente duplicata) significa disperdere le ragioni di credito su una “miriade” di contribuenti che, in proprio, non avranno alcun interesse ad agire (per la modesta entità delle somme), con buona pace del principio dell’indebito arricchimento.
L’Italia è il paese dei furbi; conviene allora rivolgersi a Notai “aggressivi”, suggeriscono taluni. Nemmeno questo è vero, poiché lo stesso Notaio è coinvolto nella fase iniziale del rapporto tributario e, per tutelarsi, richiederà il deposito di somme a garanzia in caso di differente interpretazione dell’Agenzia in fase di registrazione.
E allora, che fare? Semplice, basta pagare anche le imposte che, a posteriori, scopriamo non dovute.