Risparmio energetico ed immobiliari: il Fisco deve adeguarsi
di Giovanni ValcarenghiAvvicinandosi il momento di presentazione della dichiarazione dei redditi, torna un tormentone che pare non essersi sopito: può una società di gestione immobiliare beneficiare della detrazione del 65% per interventi di incremento dell’efficienza energetica degli immobili locati a terzi?
Diciamo subito che la norma non sembra porre alcuna limitazione.
L’Agenzia delle entrate, però, ha fornito una chiave di lettura restrittiva, affermata da tempo in un proprio documenti di prassi e confermata, da ultimo, nella Guida al risparmio energetico pubblicata sul proprio sito nel mese di marzo 2016.
Alla pagina 6 di tale guida (se vogliamo attribuire importanza a tale documento) si ha modo di evincere che: “I titolari di reddito d’impresa possono fruire della detrazione solo con riferimento ai fabbricati strumentali da essi utilizzati nell’esercizio della loro attività imprenditoriale (risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 340/2008).
Per esempio, non possono usufruire dell’agevolazione le imprese di costruzione, ristrutturazione edilizia e vendita, per le spese sostenute per interventi di riqualificazione energetica su immobili “merce” (risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 303/2008)”.
Che non si possa trarre alcun beneficio da un intervento su un bene merce siamo tutti d’accordo.
Il problema, invece, riguarda gli immobili locati a terzi che, nell’ottica dell’Agenzia, non sarebbero beni strumentali per l’attività, bensì beni oggetto dell’attività; questo concetto, ad esempio, consente l’assegnazione di tali beni (con le agevolazioni della legge 208/2015) proprio in quanto considerati come non utilizzati strumentalmente dalla società.
A differenti conclusioni, invece, sta costantemente giungendo la giurisprudenza di merito, visto che si continuano a registrare pronunce costantemente favorevoli ai contribuenti.
In tale filone si innesta, recentemente, anche la CTR di Milano (sentenza n. 1077 del 26-02-2016) che, in relazione all’appello presentato dall’Agenzia delle entrate avverso una sentenza che accoglieva il ricorso di una società che si era vista negare l’agevolazione, afferma che “l’appello è infondato e, quindi deve essere respinto in quanto la sentenza di primo grado ha giustamente accolto il ricorso avanzato dal contribuente”.
Osserva, in particolare, questa CTR che la CTP, nell’accogliere il ricorso del contribuente, ha correttamente rilevato che:
- la contribuente ha diritto a detrarre le spese sostenute per il risparmio energetico in immobili di sua proprietà anche se concessi in locazione a terzi (vedi, sul punto, anche la Sentenza n. 2692, depositata il 16/06/2015, della sez. n. 66 della CTR della Lombardia, sez. di Brescia);
- la detrazione di imposta spetta ai soggetti titolari di reddito di impresa per i costi sostenuti per la riqualificazione energetica su immobili di sua proprietà di qualsiasi natura, non ponendola normativa alcun limite al riguardo;
- la tesi dell’Agenzia, diretta a restringere il diritto alla detrazione solo agli immobili strumentali, non ha fondamento proprio perché la normativa non pone espressamente questo vincolo;
- la finalità della legge è quella di incentivare questi interventi in un’ottica di interesse pubblico al risparmio energetico e alla riduzione dell’inquinamento e, quindi, l’interpretazione “sistematica” enunciata dall’Ufficio non coglie nel segno anche per questo motivo (vedi, sul punto, anche la sentenza n.177/03/2015 della CTP di Lecco).
Anche in questo caso le conclusioni cui giungono i Giudici regionali ci paiono assai condivisibili per una duplice serie di motivazioni:
- da un lato, in quanto sono pienamente aderenti al tenore letterale della norma, e questo contribuisce a consolidare il tema della certezza del diritto; in sostanza, se il legislatore avesse voluto limitare la fruizione del beneficio avrebbe dovuto esplicitamente prevedere la restrizione direttamente nel disposto normativo;
- per altro verso, in quanto avvalorano la interpretazione letterale in coerenza con la ratio della norma; infatti, se si intende agevolare il miglioramento della resa termica degli edifici, quale significato potrebbe avere negare il bonus ad un soggetto che di “mestiere” investe in fabbricati per porli sul mercato? Ed ancora, con quale ratio si può ammettere il beneficio in capo all’inquilino del medesimo fabbricato, negandolo invece al proprietario? Non si raggiunge – forse – il medesimo risultato nell’una e nell’altra ipotesi?
Detto ciò, tenuto conto del consolidarsi di tale orientamento, a noi parrebbe giunto il momento che anche l’Amministrazione maturi la consapevolezza che le indicazioni del passato non risultano più sostenibili e provveda ad una differente interpretazione della norma.
Per i lettori che volessero approfondire la vicenda o avessero la necessità di confortare le conclusioni qui raggiunte, segnaliamo (oltre alla norma di comportamento AiDC di Milano n. 182/2012) le pronunce ad oggi note che risultano conformi:
- CTR Milano, n. 1077 – 2016;
- CTR Milano, n. 2549 – 2015
- CTR Brescia, n. 2692 – 2015;
- CTP Lecco, n. 177 – 2015;
- CTP Varese, n. 94 – 2015;
- CTR Milano, n. 1063 – 2014;
- CTP Treviso, n. 45 – 2013.