Ritenute su dividendi a società estere in perdita
di Fabio LanduzziUna sentenza della Corte di Giustizia Europea (CGEU) del 22 novembre 2018, causa C-575/17, esprime un principio molto innovativo in materia di applicazione di ritenute sui pagamenti transfrontalieri di dividendi.
In breve, i fatti di causa sono così riassumibili.
Tre società residenti in Belgio avevano ricevuto dal 2008 al 2011 pagamenti di dividendi da società partecipate in Francia; tali dividendi, in assenza dei presupposti di applicazione dell’esenzione in forza della Direttiva Madre – Figlia, erano stati assoggettati in uscita ad una ritenuta d’imposta pari al 15%, ossia nella misura prevista dalla Convenzione contro le doppie imposizioni in vigore fra i due Stati.
Tuttavia, poiché le società belghe, negli esercizi in cui hanno percepito i dividendi, avevano realizzato delle perdite, esse hanno domandato all’Autorità fiscale francese il rimborso delle somme trattenute dalla società che aveva erogato i dividendi, in quanto a parità di condizioni, se il percipiente fosse stato una società di diritto francese in perdita, i dividendi non avrebbero scontato né ritenute e né tantomeno tassazione se non, ai sensi della disciplina vigente in Francia, nel periodo successivo in cui la società percipiente fosse eventualmente ritornata in utile.
Dopo la soccombenza nei primi due gradi di giudizio, il Giudice di ultima istanza sospendeva il procedimento trasferendolo alla competenza della CGEU affinché fossero risolte alcune questioni preliminari fra le quali, in modo particolare, una: se risulta essere contrario al principio di libera circolazione dei capitali (articoli 63 e 65 del Trattato europeo) il c.d. svantaggio di tesoreria che il soggetto non residente subisce nel caso di specie rispetto al soggetto residente, a parità della situazione oggettiva in cui essi si vengono a trovare nel momento in cui percepiscono i dividendi.
Ebbene, la CGEU, come detto affermando un principio senz’altro molto innovativo, riconosce nel suddetto vantaggio di tesoreria da cui sarebbe escluso il non residente una restrizione alla libera circolazione dei capitali contraria ai precetti di cui all’articolo 63 del Trattato UE, in quanto in grado di penalizzare l’investitore non residente; va peraltro tenuto conto che quello che qui viene definito come uno svantaggio finanziario, apparentemente temporaneo, potrebbe però divenire anche economico e permanente, nel caso in cui la società percipiente residente in perdita fosse liquidata e cessasse di esistere dopo aver incassato i dividendi, senza perciò ritornare in utile e quindi senza assoggettare a tassazione postuma il dividendo.
Inoltre, in ogni caso, sul singolo periodo d’imposta il trattamento fiscale dei due soggetti – residente e non residente – sarebbe obiettivamente diverso.
Ora, che la tecnica della ritenuta sia accettata come lo strumento più idoneo per la riscossione delle imposte dai soggetti non residenti, è un concetto noto ed acquisito; d’altronde, fra la società non residente e quella residente vi è una differenza oggettiva circa la condizione in cui si trovano, che può giustificare appunto una diversa tecnica impositiva. Ciò che invece la CGEU ritiene non compatibile con il principio della libera circolazione dei capitali è che la tecnica impositiva adottata possa condurre ad un carico fiscale anche sostanzialmente diverso sui due soggetti.
Come detto, questa sentenza è senza dubbio molto innovativa e pone dei temi molto rilevanti per il futuro; infatti, se è vero che per una ampia parte dei casi il pagamento dei dividendi è coperto dall’esenzione in forza della Direttiva Madre-Figlia, è altrettanto vero che vi sono diverse circostanze in cu sussistono dubbi circa l’applicazione dell’esenzione, ed anche della stessa misura convenzionalmente ridotta della ritenuta, con l’effetto di aumentare il grado di attenzione riguardo l’applicazione del principio affermato in questa sentenza.
Inoltre, ci si può interrogare circa l’effetto sul passato, e quindi sulla legittimazione di soggetti non residenti in perdita ad attivare istanza di rimborso per le ritenute trattenute alla fonte in occasione del pagamento di dividendi.
Infine, non può escludersi che il principio possa trovare spazio anche al di fuori nel territorio della UE, quando sono coinvolti soggetti residenti in Stati che assicurano un pari livello di scambio di informazioni.
In conclusione, è assai probabile che l’evoluzione di quanto ha formato oggetto di questa sentenza meriterà, per il futuro, un livello elevato di attenzione.