18 Settembre 2014

Ritenute su interessi di mora corrisposti all’estero

di Federica Furlani
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A seguito di una recente contestazione mossa da parte dell’Agenzia delle Entrate in una verifica, ci si chiede se gli
interessi di mora
corrisposti all’estero debbano o meno essere
assoggettati alle ritenute di cui all’art. 26, comma 5, del d.P.R. 600/73.
Nel caso di specie si trattava di interessi di mora che una società estera (UE) fatturava ad una società collegata italiana per ritardato pagamento delle fatture relative a merci acquistate.
Tutto parte dall’analisi dell’art. 26, comma 5, d.P.R. 600/73 il quale stabilisce che:
i soggetti indicati nel primo comma dell’articolo 23 operano una ritenuta del 12,50 per cento a titolo d’acconto, con obbligo di rivalsa, sui redditi di capitale da essi corrisposti, diversi da quelli indicati nei commi precedenti e da quelli per i quali sia prevista l’applicazione di altra ritenuta alla fonte o di imposte sostitutive delle imposte sui redditi. Se i percipienti non sono residenti nel territorio dello Stato o stabili organizzazioni di soggetti non residenti la predetta ritenuta è applicata a titolo d’imposta ed è operata anche sui proventi conseguiti nell’esercizio d’impresa commerciale. La predetta ritenuta è operata anche sugli interessi ed altri proventi dei prestiti di denaro corrisposti a stabili organizzazioni estere di imprese residenti, non appartenenti all’impresa erogante, e si applica a titolo d’imposta sui proventi che concorrono a formare il reddito di soggetti non residenti ed a titolo d’acconto, in ogni altro caso.
Da tale norma si evince pertanto che,
anche se percepiti nell’esercizio d’impresa commerciale (come nel caso di specie trattandosi di società), sui redditi di capitale percepiti da soggetti non residenti deve essere operata da parte della società erogante una ritenuta del 12,5% a titolo di imposta.
Rimane naturalmente in ogni caso ferma l’applicabilità delle
convenzioni contro le doppie imposizioni nella misura in cui siano previste aliquote di tassazione in misura inferiore a quelle stabilite dalla normativa italiana.
Ma la norma citata non può essere applicata alla fattispecie trattata in quanto gli interessi di mora in questione
non rivestono la qualifica di redditi di capitale, ai quali fa riferimento la disposizione citata.
L’art. 6 comma 2 Tuir, dedicato alla
classificazione dei redditi, stabilisce infatti che gli interessi di mora “
costituiscono redditi della stessa categoria di quelli da cui derivano i crediti su cui tali interessi sono maturati”.
A titolo esemplificativo, la
circolare 165/E/1998 ha a tal proposito precisato che: “
ciò comporta che gli interessi appena citati sono redditi della stessa categoria dei crediti cui si riferiscono e ad essi si applica la medesima disciplina applicabile ai crediti: così, ad esempio, gli interessi per dilazione di pagamento maturati relativamente ad un credito vantato per una prestazione di lavoro autonomo sono redditi di lavoro autonomo e non redditi di capitale e pertanto, ai fini dell’imposta personale, sono sottoposti al regime della ritenuta proprio dei redditi di lavoro autonomo.”
Di conseguenza gli interessi di mora costituiranno reddito:
  • fondiario, se riscossi per tardivo pagamento di canoni di locazione di immobili, che producono reddito fondiario;
  • di capitale, se riscossi per tardivo pagamento di redditi di capitale;
  • di lavoro autonomo, se riscossi per tardivo pagamento di compensi di lavoro autonomo (gli interessi riscossi dal lavoratore autonomo sono trattati come i compensi ai fini della ritenuta d’acconto);
  • d’impresa, se riscossi per tardivo pagamento di ricavi;              
  • diverso, se riscossi per tardivo pagamento di redditi diversi (art. 67 Tuir).
Alla stessa categoria, quindi, occorre riferirsi per stabilire se al momento del pagamento occorre o meno effettuare una ritenuta.
Di conseguenza sicuramente la ritenuta sarà dovuta nel caso di
interessi di mora pagati a professionisti, per i quali la categoria reddituale di riferimento è il reddito di lavoro autonomo,
ma non se pagati a fornitori di merci (e quindi dovuti per tardivo pagamento di ricavi), come nel caso di specie, in quanto la
categoria reddituale cui si riferiscono è il reddito d’impresa, che non va assoggettato a ritenuta.