28 Aprile 2017

Rivalutazione beni d’impresa: il Fisco ne chiarisce la disciplina

di Alessandro Bonuzzi
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Con la circolare 14/E di ieri l’Agenzia delle Entrate fornisce chiarimenti in merito alla rivalutazione dei beni d’impresa – ad esclusione degli immobili alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività d’impresa – e delle partecipazioni per i soggetti non Ias/Ifrs.

L’intervento del Fisco fa seguito alla reintroduzione della disciplina avvenuta ad opera dell’ultima legge di Stabilità (articolo 1, commi da 556 a 563, L. 232/2016).

Possono effettuare la rivalutazione tutti i soggetti titolari di reddito di impresa, compresi i contribuenti che adottano la contabilità semplificata.

La rivalutazione può essere eseguita con riferimento a beni risultanti dal bilancio relativo all’esercizio in corso alla data del 31 dicembre 2015 e deve risultare dal bilancio o rendiconto relativo all’esercizio successivo per il quale il termine di approvazione scade successivamente al 1° gennaio 2017 (data di entrata in vigore dalla L. 232/2016).

Pertanto, con riferimento alle imprese solari:

  • il bilancio di “rivalutazione” è quello del 2016;
  • mentre i beni e le partecipazioni rivalutabili sono quelli che risultano iscritti sia nel bilancio 2015 sia nel bilancio 2016.

Nello specifico possono essere oggetto di rivalutazione:

  • le immobilizzazioni materiali ammortizzabili e non ammortizzabili;
  • le immobilizzazioni immateriali, costituite da beni consistenti in diritti giuridicamente tutelati;
  • le partecipazioni, costituenti immobilizzazioni finanziarie, in società controllate o collegate ai sensi dell’articolo 2359 del cod. civ..

Sono, invece, escluse: le materie prime, le merci e i prodotti finiti; l’avviamento e i costi pluriennali; le partecipazioni non di controllo o di collegamento; le partecipazioni che non costituiscono immobilizzazioni finanziarie.

L’impresa può scegliere di operare la rivalutazione solo per alcuni dei beni “potenzialmente” rivalutabili. Tuttavia, l’opzione deve riguardare obbligatoriamente tutti i beni appartenenti alla medesima categoria omogenea, pena il venir meno degli effetti fiscali della rivalutazione.

A tal riguardo va considerato che, diversamente da quanto previsto dal D.L. 185/2008, la disciplina contenuta nella L. 232/2016 –  al pari di quelle contenute nella legge di Stabilità 2016, nella legge di Stabilità 2014 e nella legge Finanziaria 2006 – non consente di effettuare una rivalutazione con rilevanza solo civilistica.

Il maggior valore si considera fiscalmente riconosciuto, previo versamento dell’imposta sostitutiva:

  • ai fini dell’ammortamento, dal terzo esercizio successivo a quello con riferimento al quale la rivalutazione è stata eseguita (dal 2019 per le imprese solari);
  • ai fini della plusvalenza/minusvalenza da cessione, dal quarto esercizio successivo a quello con riferimento al quale la rivalutazione è stata eseguita (dal 2020 per le imprese solari).

L’imposta da versare è sostitutiva delle imposte sui redditi, dell’imposta regionale sulle attività produttive e di eventuali addizionali. Essa deve essere calcolata nella misura:

  • del 16% per i beni ammortizzabili e
  • del 12% per i beni non ammortizzabili.

Il pagamento va effettuato in un’unica rata entro il termine di versamento del saldo delle imposte sui redditi dovute per il periodo di imposta con riferimento al quale la rivalutazione è eseguita.

Pertanto, per le imprese solari, il versamento della sostitutiva deve avvenire entro il prossimo 30 giugno ovvero 31 luglio con la maggiorazione del 40%.

La rivalutazione si perfeziona con l’indicazione in dichiarazione dei redditi dei maggiori valori rivalutati e della sostitutiva, a nulla rilevando invece l’omesso o insufficiente versamento dell’imposta.

Si evidenzia, da ultimo, la possibilità di affrancare il saldo attivo di rivalutazione mediante il pagamento di un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi, dell’imposta regionale sulle attività produttive e di eventuali addizionali nella misura del 10%.

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