Rivalutazione dei beni d’impresa: affitto e conferimento di azienda
di Fabio LanduzziLa recente circolare 14/E/2017 con cui l’Agenzia delle Entrate tratta della rivalutazione dei beni d’impresa i cui termini sono stati riaperti dai commi da 556 a 563 della L. 232/2016 e che, per i soggetti solari, interessa il bilancio chiuso al 31 dicembre 2016 per i beni che risultavano già posseduti e iscritti nel bilancio 2015, ci permette di rifare il punto sull’impatto che il compimento di alcune operazioni straordinarie può avere sugli effetti della rivalutazione sia in relazione alle vicende afferenti i beni rivalutati, e sia con riguardo alla riserva di rivalutazione in sospensione di imposta.
In merito alla sussistenza dei presupposti soggettivi per poter rivalutare i beni d’impresa posseduti, una particolare circostanza attiene al caso dell’affitto (o, più raramente, dell’usufrutto) dell’azienda (o ramo di azienda). L’Agenzia delle Entrate, confermando l’orientamento già espresso in occasione delle precedenti edizioni della legge di rivalutazione, afferma che il soggetto titolato del diritto di fruire della rivalutazione è l’affittuario (usufruttuario) dei beni, nell’ipotesi in cui il contratto di affitto non preveda la deroga alla disposizione di cui all’articolo 2561, cod. civ., in relazione all’obbligo di conservazione dell’efficienza dei beni costituenti l’azienda condotta. L’Agenzia assume questa posizione essenzialmente nel presupposto che questi sarebbe il solo soggetto che “calcola e deduce gli ammortamenti”. Al riguardo, sotto il profilo essenzialmente contabile, va ricordato che Assonime (circolare 34/2010), seppure in altro contesto, si era apertamente espressa giudicando preferibile che la rilevazione contabile dell’affitto di azienda avvenisse secondo il criterio della sostanza, e che quindi fosse l’affittuario a rilevare i cespiti direttamente nel proprio stato patrimoniale con la conseguenza che questi avrebbe a pieno titolo computato ammortamenti e non accantonamenti al fondo di mantenimento in efficienza dei beni condotti; è evidente che l’assunzione di tale approccio contabile sarebbe di certo più coerente con la rivalutazione dei beni e l’iscrizione della corrispondente riserva di rivalutazione. Peraltro, alla luce dell’evoluzione normativa del bilancio post D.Lgs. 139/2015 e l’affermazione del principio della prevalenza della sostanza sulla forma, ci si domanda se i tempi non siano obiettivamente maturi per rivedere la classica impostazione contabile della rilevazione dell’affitto di azienda sdoganando così una modello contabile più coerente alla rappresentazione sostanziale dell’operazione, piuttosto che ancorato alla sua forma giuridica.
Diversamente, quando il contratto di acquisto prevede la deroga agli obblighi di cui all’articolo 2561, cod. civ., la rivalutazione compete esclusivamente al concedente.
Nel caso invece di un’operazione di conferimento di azienda, l’impatto sulla rivalutazione può essere valutato su due fronti.
Un primo aspetto riguarda l’individuazione dei presupposti di accesso alla rivalutazione, in quanto uno di essi è come sappiamo quello dell’iscrizione del bene già nel bilancio dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2015. Ebbene, nel caso di conferimento di azienda effettuato nel 2016, è comunque consentito al conferitario di rivalutare i beni facenti parti dell’azienda ricevuta alla condizione che questi risultassero già iscritti nel bilancio del conferente del 2015, in forza del principio di continuità del possesso dell’azienda fra conferente e conferitario sancito dall’articolo 176, comma 4, del Tuir.
Un secondo aspetto attiene alla fuoriuscita del bene rivalutato nel corso del periodo di sospensione degli effetti fiscali della rivalutazione: l’Agenzia delle Entrate chiarisce che se il conferimento ha per oggetto l’azienda o un ramo di azienda, questo non è considerato fenomeno realizzativo tale da far decadere gli effetti della rivalutazione, così che il disallineamento contabile – fiscale del bene si trasferisce sul conferitario, mentre la riserva in sospensione di imposta permane sul conferente. Cosa succede se poi il conferitario cede il bene rivalutato prima del termine del periodo di sospensione? In tal caso, egli dovrà calcolare la plusvalenza senza tener conto degli effetti della rivalutazione, mentre il conferente vedrà riconosciuto un credito d’imposta pari all’imposta sostitutiva assolta a suo tempo sui beni conferiti e ceduti dal conferitario, e corrispondentemente vedrà “liberata” dal vincolo di sospensione di imposta la quota di riserva di rivalutazione riferita al bene ceduto.