9 Giugno 2014

Rivalutazione partecipazioni “al ribasso” poco utile

di Sandro Cerato - Direttore Scientifico del Centro Studi Tributari
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La cessione di una quota rivalutata ad un prezzo minore rispetto a quello di perizia non comporta alcuna conseguenza fiscale, ferma restando l’irrilevanza della minusvalenza nella disciplina del capital gain.

Come noto, l’art. 1, co. 156, della legge n. 147/2013 (legge di stabilità 2014) ha riparto i termini per la rivalutazione delle partecipazioni e dei terreni detenuti da persone fisiche, al di fuori dell’esercizio d’impresa, alla data del 1° gennaio 2014. Più in particolare, e focalizzando l’attenzione sulle partecipazioni, il soggetto persona fisica può assumere ai fini della determinazione delle plusvalenze di cui all’art. 67 del TUIR (cd. “capital gain”), in luogo del costo di acquisto, il valore della partecipazione alla data del 1° gennaio 2014, purché entro il prossimo 30 giugno 2014 presenti una perizia di stima asseverata ed assolva al pagamento, per intero o almeno la prima rata, dell’imposta sostitutiva dovuta nelle seguenti misure:

  • 2% per le partecipazioni non qualificate (non superiori al 2% o al 20% dei diritti di voto esercitabili in assemblea rispettivamente in società quotate o non quotate, ovvero al 5% o al 25% del capitale o patrimonio);
  • 4% per le partecipazioni qualificate (eccedenti i limiti indicati in precedenza).

A differenza di quanto previsto per la rivalutazione dei beni d’impresa, per la quale l’imposta sostitutiva (del 16% o del 12%) deve essere versata in tre rate di uguale importo nel 2014 (come confermato dal recente D.L. “Irpef”), l’imposta in questione può essere rateizzata in tre rate annuali di pari importo, a decorrere dal 30 giugno 2014, e sull’importo delle due rate successive alla prima sono dovuti interessi nella misura del 3% annuo, da versarsi contestualmente all’importo della rata stessa. Possono accedere alla rivalutazione anche le partecipazioni già rivalutate in occasione di precedenti norme agevolative (la facoltà in questione è stata infatti proposta diverse volte in questi ultimi anni), tenendo conto che il D.L. n. 70/2011 ha posto rimedio ad alcune criticità presenti in passato, ed in particolare consente ai soggetti che hanno già effettuato una precedente rideterminazione del costo di acquisto di detrarre dall’imposta sostitutiva dovuta per la nuova rivalutazione quella già versata in occasione di precedenti rivalutazioni.

Tenendo conto del periodo di difficoltà che stanno attraversando le imprese, potrebbe accadere che una persona fisica abbia rivalutato la quota posseduta in una società negli anni precedenti ad un determinato valore, che ad oggi non è più rappresentativo del valore di mercato in caso di vendita (ad esempio perché nel frattempo la società partecipata ha subito delle perdite). In tale ipotesi, tenendo conto che il contribuente potrebbe procedere ad una nuova rivalutazione al “ribasso” della partecipazione senza particolari costi (per effetto della suddetta possibilità di scomputo dell’imposta già versata), ferma restando la necessità di una nuova perizia di stima entro il 30 giugno 2014, è opportuno evidenziare che l’eventuale vendita della partecipazione ad un minor prezzo rispetto al costo rivalutato in precedenza non presenta particolari criticità, rendendosi applicabili le ordinarie regole in materia di capital gain, con conseguente emersione di una minusvalenza. L’unica peculiarità, come stabilito dall’art. 5, co. 6, della Legge n. 448/2001, è che l’assunzione del valore di perizia in luogo del costo o valore di acquisto non consente il realizzo di minusvalenze utilizzabili in compensazione o riportabili nel periodi d’imposta successivi, ai sensi dell’art. 68 del TUIR. Pertanto, come altresì confermato dapprima nella C.M. 24.10.2011, n.47/E, e successivamente nella C.M. 15.2.2013, n. 1/E, qualora il valore di perizia sia superiore al prezzo di cessione la minusvalenza non ha alcuna rilevanza fiscale per il contribuente.