Rivendita di beni usati oggetto di acquisto intracomunitario da parte dell’ente non commerciale
di Marco Peirolo
Gli acquisti intracomunitari di beni da parte dell’ente non commerciale titolare di partita IVA sono imponibili anche se destinati all’attività istituzionale.
Per i beni di provenienza intracomunitaria opera, infatti, una presunzione assoluta di commercialità, come può desumersi dall’art. 38, comma 1, del D.L. n. 331/1993, secondo cui l’IVA si applica sugli acquisti intracomunitari di beni effettuati nel territorio dello Stato nell’esercizio di imprese, arti e professioni o comunque da enti, associazioni o altre organizzazioni di cui all’art. 4, comma 4, del D.P.R. n. 633/1972, soggetti passivi d’imposta nel territorio dello Stato.
In linea con la citata disposizione, l’Amministrazione finanziaria ha precisato che, “per i cennati organismi non commerciali, soggetti passivi relativamente a talune attività svolte, tutti gli acquisti di beni in altro Stato comunitario costituiscono acquisti intracomunitari, anche se afferenti l’attività istituzionale non soggetta all’imposta e indipendentemente dal loro ammontare” (C.M. 23 febbraio 1994, n. 13-VII-15-464, § B.1.1 e B.12.2).
Solo gli enti non soggetti passivi, in quanto non esercenti alcuna attività rilevante agli effetti dell’IVA, non sono tenuti ad assoggettare ad imposta gli acquisti intracomunitari di beni effettuati, qualora il relativo ammontare non abbia superato nell’anno solare precedente il limite di 10.000,00 euro e, in tal caso, fino a quando, nell’anno in corso, detto limite non sia superato (artt. 38, commi 3, lett. c), e 5, lett. c), del D.L. n. 331/1993).
In definitiva, tutti gli acquisti intracomunitari di beni posti in essere dall’ente non commerciale titolare di partita IVA sono imponibili, ma la detrazione può essere esercitata solo se i beni sono utilizzati nell’ambito dell’attività commerciale.
In proposito, si richiama l’art. 45 del D.L. n. 331/1993, secondo cui è ammessa in detrazione, ai sensi degli artt. 19 e ss. del D.P.R. n. 633/1972 – e quindi anche con le limitazioni ivi stabilite – l’imposta dovuta sugli acquisti intracomunitari di beni effettuati nell’esercizio di imprese, arti e professioni.
Ipotizzando che la detrazione non sia stata operata in ragione della destinazione dei beni all’attività istituzionale, occorre individuare il regime IVA della successiva rivendita.
Trattandosi di beni usati, in particolare suscettibili di reimpiego nello stato originario o previa riparazione, risulta soddisfatto il presupposto oggettivo previsto, dall’art. 36, comma 1, del D.L. n. 41/1995, ai fini dell’applicazione del regime del margine, che consente di assoggettare a IVA non già il prezzo di vendita – come stabilito dall’art. 13 del D.P.R. n. 633/1972 – ma il solo “margine”, cioè la differenza fra il prezzo di vendita e quello di acquisto, quest’ultimo maggiorato delle spese di riparazione e di quelle accessorie.
Sotto il profilo soggettivo, è noto che il regime in esame si applica ai commercianti abituali e ai rivenditori occasionali di beni usati, nonché di oggetti d’arte, di antiquariato e da collezione, in relazione ai quali non hanno subìto, all’atto dell’acquisto, la rivalsa dell’IVA.
Come regola generale, codificata dall’art. 36, comma 1, del D.L. n. 41/1995, i suddetti beni devono essere acquistati presso privati in Italia o in altro Paese UE.
La stessa norma prevede, tuttavia, l’estensione del presupposto soggettivo in riferimento ai beni acquistati da un soggetto passivo che non ha detratto l’imposta assolta all’atto del loro acquisto, oppure da un soggetto residente in altro Paese UE che beneficia del regime di franchigia per le piccole imprese o da un altro soggetto passivo che abbia assoggettato a sua volta la cessione al medesimo regime del margine.
Nelle ipotesi richiamate, il requisito soggettivo si considera integrato in quanto i beni ceduti sono non solo usati, ma anche assoggettati a IVA in un passaggio anteriore alla loro cessione.
In assenza di un chiarimento ufficiale, sembrerebbe ipotizzabile che il regime del margine sia applicabile anche dall’ente non commerciale che non abbia detratto l’imposta assolta sull’acquisto intracomunitario in considerazione della destinazione dei beni all’attività istituzionale. È dato infatti osservare che, per le operazioni intracomunitarie, l’IVA è dovuta dal cessionario, sicché dovrebbe assumere rilevanza la circostanza che il rivenditore (nella specie, l’ente soggetto passivo) non abbia esercitato la detrazione sui beni oggetto di successiva cessione.