Rivisto il sistema sanzionatorio per il reverse charge
di Giovanni ValcarenghiIl decreto attuativo della legge delega in tema di sanzioni penali ed amministrative, approvato dal CDM in seconda lettura e con previsione di applicazione dal prossimo anno 2017, interviene sull’articolo 6 del D. Lgs. 471/1997 in tema di reverse charge, riscrivendo integralmente i commi da 9-bis a 9-bis3.
Il comma 9-bis (la cui applicazione viene correttamente estesa a tutte le forme di inversione contabile previste dal sistema IVA) distingue ora due ipotesi:
- quella in cui il cedente/prestatore emette correttamente fattura senza applicazione dell’imposta ed il cessionario/committente non pone in essere gli adempimenti connessi all’inversione contabile: si applica una sanzione in misura fissa, compresa tra euro 500 e euro 20.000, a condizione che la fattura ricevuta non sia stata totalmente occultata (quindi annotata almeno ai fini delle imposte dirette). Se, invece, mancasse tale annotazione, la sanzione è applicata in misura proporzionale (dal 5 al 10 per cento) ed è commisurata all’imponibile, con un minimo di 1.000 euro;
- quella in cui il cedente/prestatore non emette la fattura entro quattro mesi dall’operazione e il cessionario/committente non provvede a regolarizzare, entro trenta giorni, l’omissione: in tal caso si applicano la sanzione proporzionale (dal 5 al 10 per cento), commisurata all’imponibile e con un minimo di 1.000 euro, la sanzione per indebita detrazione e quella per infedele dichiarazione.
Il comma 9-bis1 detta le eccezioni alla regola del precedente comma.
Si delinea l’ipotesi di irregolare assolvimento dell’imposta, con applicazione di una sanzione in misura fissa (da 250 a 10.000 euro), quando l’imposta è stata applicata ordinariamente e versata dal cedente/prestatore in luogo dell’applicazione del reverse charge. La sanzione grava il cessionario/committente – che è il vero debitore dell’imposta – con solidarietà del cedente/prestatore. È, comunque fatto salvo il diritto alla detrazione ed è evitato l’obbligo di regolarizzazione dell’operazione in capo al cessionario/committente. Viene, inoltre, prevista una sanzione più grave in capo al cessionario/committente quando l’applicazione dell’imposta in regime ordinario in luogo del reverse charge è determinata da intenti fraudolenti. In tal caso la sanzione applicabile è quella base (dal 90 al 180 per cento).
Il comma 9-bis2 prevede l’applicazione di una sanzione in misura fissa (da 250 a 10.000) in capo al cedente/prestatore, salvaguardando il diritto alla detrazione del cessionario, ma senza obbligo di regolarizzazione dell’operazione, per le ipotesi in cui l’imposta è stata erroneamente assolta dal cessionario/committente con il meccanismo dell’inversione contabile in luogo dell’assolvimento ordinario, per operazioni riconducibili alle ipotesi di reverse charge, ma per le quali non ricorrevano tutte le condizioni per la sua applicazione. Anche in tale ipotesi, è prevista la solidarietà del cessionario/committente con il cedente/prestatore (vero debitore dell’imposta).
Viene, infine prevista una sanzione più grave in capo al cedente/prestatore – per i casi in cui l’applicazione dell’imposta in reverse charge in luogo del regime ordinario è determinata da intenti fraudolenti. In tal caso la sanzione si applica nella misura base dal 90 al 180 per cento.
Infine, nel comma 9-ter viene disciplinata l’ipotesi di errata applicazione del reverse charge ad operazioni esenti, non imponibili o non soggette ad imposta.
In tale caso, nella contabilità IVA devono essere eliminati sia il debito che il credito erroneamente registrati, con effetti neutrali.
È salvaguardato il diritto al recupero dell’imposta eventualmente non detratta (per indetraibilità soggettiva od oggettiva) attraverso la nota di variazione o la richiesta di rimborso ai sensi dell’art. 21 del decreto legislativo 546 del 1992.
La medesima procedura si applica anche per le operazioni inesistenti, con effetti sostanzialmente neutri, salva l’applicazione della sanzione dal 5 al 10 per cento dell’imponibile.
Preso atto della nuova struttura della norma, si può osservare che:
- vanno salutati con favore gli interventi tesi a punire in misura fissa le violazioni che non determinano alcun danno per l’erario;
- non è stata accolta la proposta delle Commissioni di limitare l’applicazione delle sanzioni per violazioni degli obblighi documentali Iva solo in caso di accertamenti notificati prima della presentazione della dichiarazione relativa all’anno in cui è stata commessa la violazione, ritenendole poi assorbite nella contestazione per infedele dichiarazione (il tutto per mantenere un presidio sanzionatorio agli adempimenti formali di certificazione dei corrispettivi, registrazione e liquidazione del tributo);
- è stata mantenuta una linea “dura” nel mantenimento della potestà legislativa interna in tema di sanzioni, poiché – secondo giurisprudenza costante della Corte di Giustizia – gli Stati Membri restano competenti a scegliere le sanzioni che sembrano loro appropriate, pur nel rispetto del principio di proporzionalità (che si ritiene esistente nell’intervento, così come strutturato).
Nel complesso il nuovo scenario è migliore del precedente, anche se va registrata che l’entrata in vigore differita al 2017 può rischiare di rendere molto lontana nel tempo la rivisitazione dell’attuale sistema che, se modificato, si ritiene non del tutto coerente con i principi generali di un equo sistema sanzionatorio.