Salvezza del superbonus con opere non ultimate: un salvacondotto troppo mirato
di Silvio RivettiL’articolo 1, comma 1, D.L. 212/2023, prevede, in via del tutto eccezionale, che non possono essere oggetto di recupero, da parte dell’Agenzia delle entrate, le detrazioni superbonus, di cui all’articolo 119, D.L. 34/2020, laddove i lavori edilizi così agevolati non vengano ultimati; a condizione che si tratti di interventi per i quali sono state esercitate le opzioni di cessione del credito o di sconto in fattura di cui all’articolo 121, del citato D.L. 34/2020, in relazione a SAL posti in essere ai sensi del comma 1-bis, del medesimo articolo 121, D.L. 34/2020, fino alla data del 31.12.2023; e questo anche se, dall’omesso rispetto del requisito di base del mancato completamento dei lavori, derivi il mancato soddisfacimento del requisito ulteriore e specifico del miglioramento di due classi energetiche dell’edificio come previsto, per il superbonus in versione eco, dal comma 3, del citato articolo 119, D.L. 34/2020.
Tale norma eccezionale merita di essere inquadrata sotto almeno tre distinti angoli visuali.
Da un punto di vista sistematico, è innanzitutto da notare come la disposizione in commento cristallizzi per la prima volta, nel dato legislativo vigente, il requisito di base dell’ultimazione dei lavori edilizi quale presupposto di spettanza della detrazione fiscale; requisito fondamentale, rilevante prima ancora del conseguimento dei risultati di performance eventualmente richiesti dalla normativa specifica, sinora rinvenibile solo nell’elaborazione interpretativa della prassi erariale e della giurisprudenza.
In secondo luogo, e venendo a un piano più concreto, è da notare come la detta norma di eccezione sia stata confinata in un ambito operativo fortemente definito: investendo la clausola di salvaguardia unicamente gli interventi superbonus. Da tale scelta legislativa, estremamente mirata, deriva così la permanenza dell’obbligo di completare i lavori (e di raggiungere anche gli eventuali requisiti qualitativi specifici delle opere, laddove richiesti dalle puntuali discipline di favore), per tutti gli altri interventi non agevolabili mediante superbonus. Questa significativa limitazione apre scenari di possibile contestazione erariale, si noti, non solo nei tanti cantieri bonus facciate rimasti incompiuti (problematica di significative dimensioni, neppure considerata dal legislatore), ma anche nell’ambito degli stessi cantieri teatro di interventi superbonus non completati, ove sono state fruite, per esempio, le detrazioni ordinarie per il recupero del patrimonio edilizio esistente di cui all’articolo 16-bis, Tuir, per le opere di completamento e finitura. Da qui il risultato paradossale per cui pure i cantieri superbonus lasciati incompiuti e oggetto di salvacondotto, per quanto non più fonte di preoccupazione in tema di recupero dell’agevolazione principale, resteranno a rischio contestazione quanto alle spese edilizie secondarie, magari di non trascurabile entità.
In terzo luogo, si noti che l’operatività della norma di eccezione non solo è limitata all’ambito superbonus, ma è ulteriormente condizionata da due profili ben precisi: deve trattarsi di interventi interessati dall’esercizio delle opzioni di cessione e sconto; e tali opzioni devono fare riferimento a uno o più SAL, rispettosi dei requisiti di cui al comma 1-bis, dell’articolo 121, D.L. 119/2020, posti in essere entro il 31.12.2023.
Ciò significa che restano esposti ai recuperi d’imposta sia i contribuenti che, a fronte di lavori incompiuti, hanno scelto di fruire del superbonus in dichiarazione, in tutto o in parte; sia i contribuenti che hanno esercitato le opzioni in relazione a SAL tempestivi, ma scorrettamente quantificati nella misura minima del 30% dell’importo dei lavori complessivi, come richiesto dalla legge. E in ogni caso si noti che, anche i contribuenti che hanno fruito di cessioni e sconti in relazione a uno o più SAL effettuati entro la fine del 2023, laddove i lavori risultino incompleti, non sfuggono del tutto a possibili recuperi: restando escluse da salvaguardia le spese che saranno sostenute per finire gli interventi nel 2024 e 2025, laddove effettuate inutilmente (nelle ipotesi in cui non sia comunque possibile terminare le opere).
Infine, è da sottolineare come la norma di eccezione faccia sempre salva l’applicazione dell’articolo 121, commi 4, 5 e 6, D.L. 34/2020: con permanente facoltà per il Fisco di recuperare i crediti superbonus non spettanti a fronte della mancata sussistenza degli altri requisiti che danno diritto alla detrazione; nonché di contestare le responsabilità solidali dei cessionari e dei fornitori, concorrenti nella violazione, in dolo o colpa grave. Può, quindi, ipotizzarsi che il controllo fiscale non sarà scudato dal mancato completamento dei lavori, alle condizioni sopra dette, laddove, per esempio, gli interventi superbonus vengano inquadrati come non ricadenti in ambito privatistico, o venga contestato un uso distorto dell’agevolazione o l’abuso del diritto, ai sensi della circolare n. 23/E/2022; ovvero risultino artefatte le asseverazioni che devono per legge corredare i SAL.