Ne deriva che, quindi, anche nel processo tributario, dovrebbe trovare applicazione il principio di sanatoria di cui all’articolo 182 c.p.c., così come peraltro previsto dallo stesso articolo 12, comma 1, laddove è testualmente stabilito che “Si applica l’articolo 182 del codice di procedura civile ed i relativi provvedimenti sono emessi dal presidente della commissione o della sezione o dal collegio”.
Ciò significa che il giudice, laddove rilevi un vizio di rappresentanza, di assistenza o di autorizzazione, ovvero un vizio che determina la nullità della procura al difensore, deve assegnare alle parti un termine perentorio per la costituzione della persona alla quale spetta la rappresentanza o l’assistenza, per il rilascio delle necessarie autorizzazioni, ovvero per il rilascio della procura alle liti o per la rinnovazione della stessa. L’osservanza del termine sana i vizi e, quindi, gli effetti sostanziali e processuali della domanda si producono dal momento della prima notificazione.
L’articolo 12, comma 10, D.Lgs. 546/1992, anche in seguito alla recente riforma fiscale (L. 111/2023) ad opera del D.Lgs. 220/2023, non ha subito alcuna modifica, sia per i giudizi instaurati, in primo e in secondo grado, con ricorso notificato fino al 1.9.2024, sia per i giudizi instaurati, in primo e in secondo grado, con ricorso notificato successivamente al 1.9.2024.
Invece, il richiamato articolo 182 c.p.c. è stato modificato dalla cd. “Riforma Cartabia”, per cui si dovrebbe valutare l’impatto di tale novella sulla normativa in esame e, soprattutto, come essa si riverbera sul processo tributario.
Il tema è stato affrontato in una recente pronuncia (Cassazione n. 12831/2024), la quale ha avuto il pregio di chiarire che il vizio della procura alle liti, nel giudizio tributario, è sanabile anche dopo la citata riforma Cartabia.
Nello specifico, la suprema Corte ha affermato il seguente principio di diritto: “Il giudice tributario, ove la procura alle liti, le modalità di conferimento della quale seguono le regole generali dettate dall’articolo 83 c.p.c., manchi o sia invalida, prima di dichiarare l’inammissibilità del ricorso, è tenuto anche dopo l’entrata in vigore del D.lgs. 149/2022 (Riforma Cartabia) al rispetto delle speciali norme degli articoli 12, comma 5, e 18, commi 3 e 4, del D.lgs. 546/1992, avendo riguardo all’interpretazione data dalla sentenza della Corte costituzionale n. 189 del 2000, e deve invitare la parte a regolarizzare la situazione, e, solo in caso di inottemperanza, pronunciare la relativa inammissibilità” (sentenza n. 12831/2024).
In particolare, premessa la distinzione tra nullità e inesistenza della procura, è stato osservato che la categoria dell’inesistenza, che ricomprende anche l’ipotesi in cui manchi in atti la procura alle liti, risulta sanabile soltanto a seguito delle modifiche operate al citato articolo 182 c.p.c. dopo la riforma Cartabia.
Tuttavia, si è evidenziato che la novella contenuta nella riforma Cartabia non ha inciso sulla materia tributaria, la quale, come sopra rilevato, contempla norme speciali in materia di invalidità e sanatoria della procura.
In definitiva, quindi, nel rito tributario, qualora il giudice rilevi l’inesistenza della procura alle liti, in applicazione della disciplina speciale contenuta negli articoli 12, comma 5, e 18, commi 3 e 4, D.Lgs. 546/1992, così come richiamati dall’articolo 182 c.p.c. (che sia ante o post-riforma Cartabia), non può pronunciare immediatamente l’inammissibilità del ricorso, ma deve prima invitare la parte a regolarizzare la procura alle liti.