Sanzione per mancata esecuzione di ritenute alla fonte
di EVOLUTIONL’articolo 14 del decreto, recante “violazioni dell’obbligo di esecuzione di ritenute alla fonte” è stato oggetto di modifica da parte dell’articolo 15 del D.Lgs. 158/2015, che ha abrogato, con effetto 01/01/2016, le parole ricomprese tra le parentesi quadre del testo sotto riportato.
La versione della norma in vigore sino al 31/12/2015 stabiliva che “chi non esegue, in tutto o in parte, le ritenute alla fonte è soggetto alla sanzione amministrativa pari al venti per cento dell’ammontare non trattenuto [salva l’applicazione delle disposizioni dell’art. 13 per il caso di omesso versamento].”.
Al di là della modifica normativa, su cui si tornerà più avanti, la sanzione è destinata ai sostituti d’imposta che omettono di eseguire le ritenute alla fonte, rimanendo irrilevante la circostanza che le stesse siano effettuata a titolo d’acconto o d’imposta.
Il comportamento sanzionato si realizza quando un sostituto d’imposta provvede alla corresponsione per l’intero ammontare lordo di un compenso o di un reddito, in relazione al quale sia prevista per legge l’effettuazione di una ritenuta alla fonte.
Ad esempio, se per un compenso pari a 100 è prevista l’effettuazione di una ritenuta del 20% all’atto del pagamento, la violazione si realizza nel momento in cui la somma viene pagata per l’intero importo di 100.
In tal caso la violazione viene punita con una sanzione amministrativa del 20% dell’importo non trattenuto, nell’esempio pari a 20 (la sanzione ammonta quindi a 4).
La base di commisurazione della sanzione è rappresentata, infatti, dall’ammontare non trattenuto, perché le ritenute alla fonte devono avvenire, nella pressoché totalità dei casi, con obbligo di rivalsa nei confronti del sostituito (occorre quindi trattenere una parte del compenso o del reddito per riversarlo all’Erario).
Nei rari casi in cui la rivalsa è invece facoltativa, come accade, ad esempio, per le ritenute sui premi e sulle vincite di cui all’articolo 30 del D.P.R. 600/1973, si ritiene che la sanzione in commento sia a priori inapplicabile, appunto perché non c’è nessun obbligo di trattenere parte dell’importo a titolo di ritenuta.
La mancata esecuzione della ritenuta alla fonte può essere regolarizzata tramite ravvedimento operoso, come chiarito dalla circolare AdE 24/E/2017 (cfr. paragrafo 2.2.2). Attesa, tuttavia, la particolare natura della regolarizzazione in esame, che ha ad oggetto un anticipo di imposte dovute da un soggetto ma versate da un altro, il sostituto che non abbia eseguito la ritenuta, ma che provveda a versarla successivamente, deve comunque rivalersi dell’imposta versata sul sostituito.
Riprendendo l’esempio sopra proposto, se il sostituto pagasse l’intero corrispettivo di 100 e successivamente regolarizzasse la mancata esecuzione della ritenuta di 20 senza rivalersi sul sostituito, di fatto avrebbe nel complesso corrisposto a quest’ultimo un compenso non più pari a 100, ma a 120.
Come sopra anticipato, rispetto al testo di legge in vigore al 31/12/2015, l’attuale articolo non fa più salva l’applicazione delle disposizioni dell’articolo 13 per il caso di omesso versamento.
Le schede di lettura ufficiali del Parlamento così si esprimono in ordine a tale modifica: “la norma in esame [l’articolo 15, comma 1, lettera p), del D.Lgs. 158/2015, n.d.r.] elimina, rispetto alla vigente formulazione, il riferimento all’applicazione delle disposizioni dell’articolo 13 per il caso di omesso versamento. Si segnala che è stata accolta l’osservazione contenuta nel parere delle Commissioni riunite Giustizia e Finanze del Senato del 5 agosto 2015, volta a precisare nella relazione illustrativa che, in virtù del predetto intervento normativo, il contribuente non potrà essere sanzionato per omesso versamento in caso di accertamento di ritenute non dichiarate e non operate”.
Questo passaggio della relazione illustrativa, a prima vista piuttosto contorto, fa implicito riferimento alle indicazioni impartite dalla C.M. 23/1999, la quale (cfr. capitolo 1, paragrafo 2.3), a commento della presentazione di dichiarazione infedele da parte dei sostituti d’imposta, precisa che “alle sanzioni per infedele dichiarazione devono aggiungersi quelle previste per le eventuali violazioni degli obblighi di esecuzione di ritenute alla fonte e di versamento delle ritenute alle prescritte scadenze”.
Normalmente le sanzioni per infedele dichiarazione sono “assorbenti” rispetto a quelle per omesso versamento (è infatti ovvio che una dichiarazione infedele sottintende un omesso versamento, ma non per questo vengono richieste, ad esempio ai fini IRES, sia le sanzioni per dichiarazione infedele che quelle per omesso versamento), ma, nel caso specifico della sostituzione d’imposta, il citato documento di prassi ha invece fornito un’indicazione (peraltro laconica) di segno contrario.
Allo scopo di discostarsi da tale impostazione, che atteneva però alla sfera interpretativa e non normativa, è stato attuato un intervento di carattere legislativo all’interno di una disposizione (appunto l’articolo 14) che nulla ha a che vedere con l’infedele presentazione della dichiarazione dei sostituti d’imposta, la cui disciplina sanzionatoria è contenuta nell’articolo 2 del decreto.
Ne discende che, sebbene sia stato richiesto di precisare nella relazione illustrativa che, per effetto di tale modifica, in caso di accertamento di ritenute non effettuate non potrà essere irrogata la sanzione per omesso versamento, sulla base di un’interpretazione logica del testo di legge occorre invece concludere che anche la mancata effettuazione delle ritenute è ora punita solo con la sanzione del 20%.
In proposito va osservato che la notifica di un avviso di accertamento a carico di un sostituto d’imposta presuppone che questi abbia presentato una dichiarazione infedele o l’abbia omessa (situazione a cui fa riferimento la relazione illustrativa), ma la mancata esecuzione di una ritenuta alla fonte può essere contestata anche in “tempo reale”, senza quindi che sia ancora stata presentata la dichiarazione dei sostituti d’imposta.
È evidente che, in quest’ultima ipotesi, non potrà tornare applicabile la sanzione per infedele presentazione della dichiarazione (potendo, tra l’altro, il contribuente ben decidere di presentarla con i dati corretti), ma il comportamento dovrà essere sanzionato in base alle disposizioni in materia di riscossione.
Se fino al 31/12/2015 sarebbe stata irrogabile, oltre alla sanzione in commento, anche quella per omesso versamento (che pressoché inevitabilmente conseguiva), sulla base del testo di legge attualmente in vigore parrebbe applicabile la sola sanzione del 20% per omessa effettuazione della ritenuta.
Il che conduce però ad un epilogo poco comprensibile, dal momento che, se così fosse, il contribuente potrebbe definire la violazione con il pagamento di 1/3 di una sanzione che è già di per sé molto contenuta (nel complesso si verrebbe a definire una sanzione pari al 6,67% della ritenuta non operata).
Su questo tema si auspica un chiarimento ufficiale.
Nella Scheda di studio pubblicata su Dottryna sono approfonditi, tra gli altri, i seguenti aspetti: |