Sanzione per omessa/irregolare tenuta di scritture e documenti
di EVOLUTIONIl primo comma dell’articolo 9 prevede una sanzione fissa ricompresa tra un minimo di 1.000 ed un massimo di 8.000 euro a carico di “chi non tiene o non conserva secondo le prescrizioni le scritture contabili, i documenti e i registri previsti dalle leggi in materia di imposte dirette e di imposta sul valore aggiunto …”.
La norma punisce, quindi:
- l’omessa tenuta dei registri, nel senso che il contribuente non li ha nemmeno istituiti. Si ritiene che l’infrazione sia integrata anche nell’ipotesi di istituzione tardiva degli stessi, fatta salva la possibilità di ricondurre la violazione all’interno dell’ipotesi esimente prevista dall’articolo 6, comma 5-bis, del D.Lgs. 472/1997;
- l’omessa conservazione di scritture contabili e documenti durante il periodo in cui sussiste tale obbligo;
- la tenuta di libri e documenti che non avviene secondo le prescrizioni e che è quindi irregolare rispetto alle singole leggi di riferimento.
In ordine alla fattispecie sub 1), la C.M. 23/1999 precisa che “l’ipotesi della omessa tenuta delle scritture contabili, oltre al caso in cui le stesse non siano state materialmente istituite, ricorre anche quando ne sia stata omessa la bollatura ai sensi dell’articolo 2215 del codice civile ovvero in presenza di irregolarità gravi, numerose e ripetute da far risultare inattendibili nel loro complesso le scritture medesime”.
Con specifico riguardo alla bollatura dei registri va ricordato che, l’articolo 8 della L. 383/2001 ha soppresso tale obbligo per il libro giornale e il libro degli inventari, nonché per i registri prescritti dalla legislazione tributaria.
Come rimarcato dalla circolare AdE 92/E/2001, l’obbligo permane invece per “i libri sociali obbligatori previsti dall’articolo 2421 del codice civile (libro dei soci, libro delle obbligazioni, libro delle adunanze e delle deliberazioni delle assemblee, libro delle adunanze e delle deliberazioni del consiglio di amministrazione, libro delle adunanze e delle deliberazioni del collegio sindacale, libro delle adunanze e delle deliberazioni del comitato esecutivo, libro delle adunanze e delle deliberazioni delle assemblee degli obbligazionisti) ed ogni altro libro o registro per i quali l’obbligo della bollatura è previsto da norme speciali”.
Il medesimo documento di prassi precisa inoltre (cfr. paragrafo 2.2), con specifico riguardo agli aspetti sanzionatori, che “l’intervenuta soppressione dell’obbligo della bollatura produce effetti sull’applicazione delle sanzioni per violazioni commesse anche prima dell’entrata in vigore della legge, in attuazione del principio del ‘favor rei’, sancito dall’articolo 3, comma 2, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472”.
Ricorda ancora la circolare da ultimo citata che non è stato, invece, soppresso l’obbligo di numerazione progressiva dei registri (cfr. sul punto anche la risoluzione 85/E/2002), avvertendo peraltro che, in tali situazioni, può essere valutata la natura meramente formale della violazione, secondo i criteri enunciati dalla circolare AdE 77/E/2001, con conseguente inapplicabilità della sanzione.
Per quanto attiene alla seconda violazione, la C.M. 23/1999 citata sottolinea che “la conservazione delle scritture (regolarmente costituite) è obbligatoria fino a quando non siano definiti gli accertamenti relativi al corrispondente periodo d’imposta, anche oltre il termine previsto dall’articolo 2220 del codice civile o da altre leggi tributarie”, a meno che l’impresa non sia stata posta in liquidazione.
Circa la terza violazione, concernente la mancata tenuta delle scritture secondo le prescrizioni, la norma fa essenzialmente riferimento alla necessità di tenere la contabilità in maniera ordinata, senza spazi in bianco o cancellature che non consentano la lettura delle parole cancellate.
Infine, sempre secondo la C.M. 23/1999, la sanzione in commento può tornare applicabile, con specifico riferimento al settore dell’Iva, anche nell’ipotesi in cui vengano emesse “fatture che non contengono le indicazioni prescritte dalla legge o che contengono indicazioni incomplete o inesatte tali da non consentire l’identificazione delle parti”.
In quest’ottica la previsione sanzionatoria potrebbe tornare quindi applicabile, ad esempio, nel caso di emissione di fattura nei confronti di un esportatore abituale in cui non sono annotati gli estremi della dichiarazione d’intento ricevuta. Anche in questo caso, tuttavia, si ritiene debba essere valutata la possibilità di applicare l’esimente sanzionatoria di cui al sopra citato articolo 6, comma 5-bis, del D.Lgs. 472/1997.
Nella Scheda di studio pubblicata su Dottryna sono approfonditi, tra gli altri, i seguenti aspetti:
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