Sanzioni 231 e assoluzione dell’autore del reato presupposto
di Luigi FerrajoliIl D.Lgs. 231/2001 ha introdotto nell’ordinamento un nuovo genere di autonoma responsabilità amministrativa che sorge in capo all’ente in caso di commissione, nel suo interesse o vantaggio, di uno dei reati disciplinati agli articoli 24 e ss. sia da parte di soggetti con posizioni apicali, sia da parte di soggetti a questi sottoposti.
Che cosa accade, tuttavia, nel caso in cui il presunto autore del delitto presupposto alla responsabilità amministrativa dell’ente sia assolto dall’accusa contestatagli e quali effetti genera la sentenza di proscioglimento in capo alla persona giuridica?
A chiarirlo è la sentenza n. 49056 del 25.10.2017 emessa dalla Corte di Cassazione.
Con la richiamata decisione, infatti, la Suprema Corte torna ad affrontare il tema della responsabilità “parapenale” delle persone giuridiche, questa volta offrendo interessanti chiarimenti in merito alla possibile compatibilità tra l’assoluzione della persona accusata di reato e la contestuale irrogazione delle sanzioni in capo al soggetto giuridico che avrebbe tratto vantaggio dalla condotta dell’agente.
Proseguendo con ordine, la vicenda in commento trae origine dalla contestazione del delitto di corruzione in capo ad un consigliere comunale che, a fronte di un ingente corrispettivo, avrebbe sfruttato la sua qualifica di pubblico ufficiale per consentire la modifica della destinazione d’uso di alcuni terreni intestati alla società di cui era anche amministratore affinché fosse eliminato ogni vincolo edificatorio relativo al terreno.
Com’è noto, lo schema tipico del reato di corruzione prevede un accordo fra un pubblico funzionario e un privato, in forza del quale il primo accetta dal secondo un compenso che non gli è dovuto per il compimento di un atto contrario ai propri doveri di ufficio (corruzione propria), ovvero conforme a tali doveri (corruzione impropria).
Alla luce di tali circostanze, alla società è stato anche contestato l’illecito amministrativo dipendente da reato ex articolo 25, D.Lgs. 231/2001, specificatamente dal delitto di corruzione ex articolo 318 c.p..
L’imputato è stato prosciolto in appello e, di conseguenza, il giudice del merito ha ritenuto di dover assolvere anche la società per essere venuto meno il presupposto per il riconoscimento della responsabilità da reato degli enti.
Tuttavia, l’automatismo stabilito tra assoluzione della persona fisica imputata del reato presupposto per la ritenuta insussistenza di quest’ultimo e l’esclusione della responsabilità dell’ente per la sua commissione, a dire della Cassazione, deve considerarsi illegittimo.
Il ragionamento giuridico posto a fondamento della decisione si rivela molto interessante laddove afferma che, in termini generali, il D.Lgs. 231/2001 “rifiuta un criterio imputativo fondato sulla responsabilità “di rimbalzo” dell’ente rispetto a quella della persona fisica”, atteso che “l’illecito amministrativo ascrivibile all’ente non coincide con il reato, ma costituisce qualcosa di diverso, che addirittura lo ricomprende”.
In altri termini, la Corte di Cassazione ha chiarito che il reato realizzato dai soggetti apicali dell’ente, ovvero dai suoi dipendenti, costituisce solo uno degli elementi che formano l’illecito da cui deriva la responsabilità dell’ente, che costituisce una fattispecie complessa, in cui il reato rappresenta il presupposto fondamentale, accanto alla qualifica soggettiva della persona fisica e alla sussistenza dell’interesse o del vantaggio che l’ente deve aver conseguito dalla condotta delittuosa posta in essere dal soggetto apicale o subordinato.
A ciò si aggiunga che, nel caso di specie, le condotte corruttive erano intervenute dall’inizio dell’iter amministrativo e avevano comunque visto coinvolti non soltanto l’imputato poi assolto, ma anche altri pubblici ufficiali che avevano riportato condanna definitiva in sede di giudizio abbreviato e avevano poi patteggiato.
Per tale ragione, la Cassazione ha quindi censurato e annullato con rinvio ad altra sezione la decisione della Corte d’Appello, poiché il proscioglimento di uno dei pubblici ufficiali indicati come corrotti non può di per se stessa generare l’assoluzione anche della persona giuridica di cui è amministratore, specialmente qualora l’illecito contestato all’ente non riguardi esclusivamente la condotta dell’assolto, dovendo “il giudice … verificare l’eventuale responsabilità dell’ente indipendentemente dalle legittime scelte processuali degli imputati, che possano aver precluso la celebrazione del simultaneus processus nei confronti dei responsabili del reato e dell’ente per l’illecito ad esso collegato”.