Sanzioni amministrative: ha senso una riforma a tempo?
di Comitato di redazioneOggi ci sentiamo di delineare una situazione che, più che un caso specifico controverso, rappresenta una controversa applicazione del potere legislativo.
Ci stiamo riferendo all’attuazione della Legge Delega di riforma del sistema fiscale che, proprio in questi giorni, sta assumendo contorni definitivi.
Prima della pausa estiva (crediamo – e ci sia perdonata la malignità – più per la fretta di chiudere tutte le cose sospese ed andarsi a godere le vacanze che non per spirito del giusto) si stanno via via “liberando” le versioni definitive dei decreti attuativi che, dopo il doppio passaggio per i prescritti pareri alle Commissioni Parlamentari, viaggeranno verso la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. Speriamo che il percorso non sia tormentato come quello del Decreto Semplificazioni che, nel recente 2014, si è caratterizzato per aver compiuto un viaggio simile a quello di Ulisse.
Focalizziamo la nostra attenzione sulla bozza di decreto di revisione del sistema sanzionatorio che, proprio in questi giorni dovrebbe ricevere il prescritto primo parere delle Commissioni di Camera e Senato; invertendo la logica, partiamo dal fondo ed, in particolare, dall’articolo 31, ove si stabilisce che “le disposizioni previste dal provvedimento in esame si applicano a partire dal 1° gennaio 2016 e fino al 31 dicembre 2017”.
Certamente il primo approccio è sbalorditivo: si è mai visto un provvedimento che modifica radicalmente l’apparato sanzionatorio di un paese per un solo biennio?
Si è pensato alle conseguenze pratico – operative di una tale impostazione?
Lo stupore, fortunatamente non è solo nostro, poiché le note stese dal Servizio Studi di Camera e Senato hanno cura di precisare che:
- si evidenzia l’opportunità che il Governo chiarisca il motivo della limitazione temporale degli effetti della complessa normativa introdotta con il provvedimento in esame (giustificando l’affermazione con ampi riferimenti alle problematiche giuridiche della successione delle norme nel tempo);
- la norma di delega non fa alcun riferimento ad una applicazione temporanea della normativa delegata.
A prescindere da raffinate considerazioni che potrebbero fare i migliori giuristi, ci pare concettualmente inaccettabile che, nell’ambito di una legge delega che ha il compito di riscrivere, migliorare, modificare gran parte dell’apparato sanzionatorio, qualcuno possa solo lontanamente immaginare che tutta la nuova impalcatura possa funzionare per un solo biennio.
Ma di quale riforma stiamo parlando? Di un provvedimento ad orologeria applicabile al comparto sanzionatorio? Onestamente ci pare una sonora bestemmia, che offende il lettore anche senza che si sia approfonditamente valutato il contenuto (che, per inciso, contiene invece numerosi interventi che ci paiono degni di nota).
Nell’ambito di un seminario organizzato alla Camera sullo stato di attuazione della legge delega fiscale, sembra che il Viceministro Casero abbia precisato che l’indicazione di una data nella validità della revisione delle sanzioni nasce da un errore del Governo: la validità fino al 31 dicembre 2017 nelle reali intenzioni dell’Esecutivo è legato solo al titolo II del D.Lgs e dunque con riferimento alle sanzioni amministrative e per esigenze di copertura. Questo passaggio, ha osservato ulteriormente, potrà essere superato durante il dibattito, mentre, per quanto riguarda le sanzioni penali, è da considerarsi già superato.
Considerando che le affermazioni del Viceministro corrispondano all’idea dell’Esecutivo, riscontriamo che gli errori (marchiani) che hanno riguardato l’evoluzione della legge delega (ricordate la norma che fu battezzata “salva Berlusconi” nella bozza del dicembre scorso e della quale mai si è saputa la paternità?) si susseguano con una frequenza ed una leggerezza d’animo che stupisce.
Rilevante anche la nonchalance con cui si considera già superato il problema relativo alle sanzioni penali, come a dire che le bozze di decreti consegnate alle Commissioni per il parere non valgano nulla, tanto si possono cambiare alla bisogna (atteggiamento veramente poco serio).
A noi, peraltro, stupisce ancor più che l’errore sia semplicemente voluto, vale a dire imputabile a problemi di copertura finanziaria.
Se da un lato è vero che non si possano fare le nozze coi fichi secchi, appare ancor più singolare che il nostro sistema economico debba reggersi sulle entrate delle sanzioni (amministrative e penali) che, invece, in un paese normale dovrebbero essere semplicemente utilizzate come deterrente per scoraggiare il compimento di determinate violazioni ritenute riprovevoli.
Ora, se si intende impostare una riforma sul problema del gettito, sarebbe più serio dire che ora non si riforma nulla, rinviando l’intervento a momenti migliori o, diversamente, varare una riforma la cui applicazione materiale sarà differita nel tempo. Ma quando entrerà in vigore deve essere chiaro a tutti che quelle saranno le nuove norme applicabili sino a diverso intervento normativo.
Diversamente, con questo a approccio delle variazioni con efficacia limitata nel tempo non si può nutrire la presunzione di varare una vera e propria riforma, ma semplicemente un intervento di basso cabotaggio che non avrebbe necessità né dell’ombrello della legge delega, né tantomeno del complicato iter di approvazione, con il coinvolgimento delle Commissioni Parlamentari.
La recente esperienza del modello 730 precompilato, conclusasi lo scorso 23 luglio (sempre figlia della Legge Delega, a nostro giudizio in alcuni casi strumentalizzata per il raggiungimento di alcuni fini politici) consente un bilancio quasi definitivo: le statistiche dicono che l’86% dei contribuenti ha preferito affidarsi ad un intermediario. Ciascuno valuti con il proprio metro il successo dell’iniziativa, ma per l’espressione di un giudizio sereno sarebbe utile sapere quanto è costata alla collettività questa iniziativa, considerando i costi per l’implementazione dei sistemi elettronici, il costo per i sostituti nella redazione e trasmissione delle certificazioni telematiche (peraltro replicate nel modello 770), le sanzioni che verranno irrogate per i ritardi e gli errori, l’incremento dei costi dell’assistenza fiscale per effetto della traslazione della responsabilità delle sanzioni, ecc.. Forse, conveniva suddividere l’onere della elaborazione della dichiarazione del 14% dei contribuenti (che, siamo convinti, saranno in gran parte coloro che hanno recepito dati spesso errati a loro favore) e sarebbe stato tutto molto più facile.
Per attuare la delega, dunque, non si perda mai d’occhio la strategia!