Sanzioni diverse per crediti d’imposta “non spettanti” e “inesistenti”
di Francesco RizziNell’ambito dell’irrogazione delle sanzioni tributarie non penali nei confronti del contribuente cha abbia indebitamente utilizzato in compensazione un credito d’imposta, il Legislatore ha operato un’importante distinzione tra la fattispecie del credito d’imposta cosiddetto “non spettante” e la fattispecie del credito d’imposta “inesistente”.
La duplice casistica delineata dal Legislatore deriva dalla necessità di tenere in considerazione la differente “gravità” della condotta del contribuente nelle due diverse fattispecie (credito “non spettante” e “inesistente”) e di attribuire conseguentemente una misura sanzionatoria proporzionata a tale differente gravità del comportamento dell’agente.
Per quel che concerne la fattispecie del credito d’imposta “non spettante”, ai sensi dell’articolo 13, comma 4, D.Lgs. 471/1997 viene stabilito che “Nel caso di utilizzo di un’eccedenza o di un credito d’imposta esistenti in misura superiore a quella spettante o in violazione delle modalità di utilizzo previste dalle leggi vigenti si applica, salva l’applicazione di disposizioni speciali, la sanzione pari al trenta per cento del credito utilizzato”.
Dal dato normativo si evince dunque che la fattispecie di credito d’imposta “non spettante” si ha quando l’eccedenza d’imposta o il credito d’imposta sono “esistenti” ma il loro utilizzo avviene:
- in misura superiore a quella spettante;
- in violazione delle modalità di utilizzo normativamente previste.
Le suddette violazioni – che possono sussistere sia alternativamente che congiuntamente – sono punite con l’irrogazione di una sanzione pari al trenta per cento del credito utilizzato.
Per quel che invece attiene alla differente casistica di indebito utilizzo di un credito d’imposta “inesistente”, l’articolo 13, comma 5, D.Lgs. 471/1997, con una formulazione più articolata della precedente, prevede che:
- “Nel caso di utilizzo in compensazione di crediti inesistenti per il pagamento delle somme dovute è applicata la sanzione dal cento al duecento per cento della misura dei crediti
- Per le sanzioni previste nel presente comma, in nessun caso si applica la definizione agevolata prevista dagli articoli 16, comma 3, e 17, comma 2, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472.
- Si intende inesistente il credito in relazione al quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo e la cui inesistenza non sia riscontrabile mediante controlli di cui agli articoli 36-bis e 36-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e all’articolo 54-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633”.
Dall’enunciazione della norma si evince che nel caso in cui si utilizzi un credito del tutto “inesistente”, si applica una sanzione molto più gravosa rispetto alla fattispecie di credito “non spettante”, variabile dal 100% al 200% del credito, e al trasgressore viene inibito l’accesso al beneficio della definizione agevolata delle sanzioni (secondo cui la contestazione potrebbe definirsi con il pagamento di un importo pari a un terzo della sanzione).
La norma, inoltre, chiarisce che un credito d’imposta è “inesistente” quando coesistono i seguenti due requisiti:
- il credito è privo, in tutto o in parte, dei suoi presupposti costitutivi;
- la sua inesistenza non può essere riscontrata attraverso controlli automatizzati (articolo 36 bis D.P.R. 600/1973 e articolo 54 bis D.P.R. 633/1972) o mediante controlli basati sul riscontro formale della documentazione (articolo 36 ter D.P.R. 600/1973).
Va altresì considerato che per tale fattispecie il Legislatore ha anche previsto una specifica deroga agli ordinari termini di accertamento.
A mente dell’articolo 27, comma 16, D.L. 185/2008 è infatti previsto che gli avvisi di recupero di credito d’imposta (trattasi della particolare tipologia di atti prevista dall’articolo 1, comma 421, L. 311/2004) emessi a seguito del controllo degli F24 in cui è stato inserito un importo a credito in compensazione, possono essere notificati, a pena di decadenza, “entro il 31 dicembre dell’ottavo anno successivo a quello del relativo utilizzo”.
Da quanto precede è dunque d’immediata evidenza come, tenuto conto delle differenti conseguenze in termini di sanzioni irrogate, preclusione di misure agevolative e termini di accertamento, sia di fondamentale importanza operare una corretta “qualificazione” della fattispecie e soprattutto, nel caso in cui il contribuente abbia ricevuto un atto di contestazione avente ad oggetto una violazione per indebito utilizzo di eccedenza o di credito d’imposta, verificare che l’Amministrazione Finanziaria abbia anch’essa “qualificato” correttamente il caso di specie.
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