27 Febbraio 2020

Sanzioni tributarie e principio del favor rei

di Luigi Ferrajoli
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La scheda di FISCOPRATICO

L’articolo 33 D.Lgs. 175/2014 ha modificato i criteri di applicazione dell’agevolazione Iva al 4% per l’acquisto di abitazioni non di lusso, eliminando qualsiasi riferimento al D.M. 1072/1969 e introducendo un criterio vincolato alla categoria catastale dell’immobile.

In particolare, è stato novellato il n. 21) della Tabella A, parte II, allegata al D.P.R. 633/1972, nella parte in cui prevedeva l’applicazione dell’aliquota Iva al 4% agli atti di trasferimento di “case di abitazione non di lusso secondo i criteri di cui al decreto Ministeriale del lavori pubblici 2 agosto 1969 […] in presenza delle condizioni di cui alla nota II-bis, all’art. 1 della tariffa, parte prima, allegata al testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro” di cui al D.P.R. 131/1986.

La nuova formulazione del numero 21) della predetta tabella dispone che l’aliquota Iva del 4% si applichi, sussistendo i requisiti richiesti dalla nota II-bis, all’articolo 1 della tariffa, parte prima allegata al D.P.R. 131/1986, agli atti di trasferimento aventi ad oggetto case di abitazione ad eccezione di quelle di categoria catastale A1, A8 e A9.

La ratio della riforma risiede nella volontà di allineare la nozione di “prima casa” alla definizione prevista dalla disciplina agevolativa in materia di imposta di registro, ancorando i benefici alla sussistenza di requisiti oggettivi ed eliminando il riferimento a criteri non idonei ad individuare l’esatta natura e consistenza degli immobili compravenduti meritevoli di agevolazione, in quanto causa di dubbi interpretativi e di notevole contenzioso.

Com’è noto, il nuovo regime trova applicazione ai trasferimenti imponibili realizzati successivamente alla novella legislativa e, in particolare, successivamente al 13.12.2014; tuttavia, in caso di fattispecie regolate dal vecchio regime agevolativo, la giurisprudenza di merito e legittimità prevalente ha ravvisato i presupposti per l’applicazione dell’articolo 3, comma 2, D.Lgs. 472/1997, secondo cui, in materia di violazioni tributarie: “salvo diversa previsione di legge, nessuno può essere assoggettato a sanzioni per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce violazione punibile. Se la sanzione è già stata irrogata con provvedimento definitivo il debito residuo si estingue, ma non è ammessa ripetizione di quanto pagato”.

I giudici che si sono espressi sull’argomento hanno più volte sottolineato la necessità di applicare i principi di legalità e del favor rei al caso in cui il contribuente aveva dichiarato che l’immobile acquistato possedeva, contrariamente a quanto affermato dall’Amministrazione finanziaria, qualità intrinseche non di lusso secondo i previgenti parametri ministeriali, ossia, per aver reso una dichiarazione che, per effetto della modifica normativa, oggi non ha più alcuna rilevanza per l’ordinamento.

Secondo la Corte di Cassazione, il mendacio contestato, costituente l’espresso fondamento della sanzione, non può più realizzarsi, in quanto caduto su un elemento (caratteristiche non di lusso dell’immobile) espunto dalla fattispecie agevolativa.

Tale orientamento favorevole al contribuente è ampiamente consolidato in seno alla Corte di Cassazione; si cita al riguardo la sentenza n. 354/2019 che, confermando principi già sanciti dalla medesima Corte, ha precisato che “… ci si trova qui di fronte ad una situazione di favore per il contribuente ancor più radicale ed evidente di quella (prevista dal D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 3, comma 3) del sopravvenire di un regime sanzionatorio semplicemente più mite, costituita dalla formulazione ex novo della fattispecie legale di non spettanza dell’agevolazione; fondata su un parametro (quello catastale) del tutto differente da quello, precedentemente rinvenibile, fatto oggetto di mendacio” (cfr. anche Cassazione, sentenza n. 8409 del 16.03.2019; n. 2474 del 29.01.2019; n. 32304 e 32305 del 13.12.2018).

Nella sentenza n. 26423/2018, la Cassazione ha, inoltre, precisato che l’interpretazione estensiva del principio del favor rei, riconducibile al contenuto intrinseco della norma, non solo è consentita in via generale, ma non appare neppure preclusa da una previsione espressa e contraria contenuta nella disciplina transitoria.

La sentenza, dando esplicitamente continuità ad una linea interpretativa già formatasi sul punto, ha chiarito che la successione di norme nel tempo ha, per il contribuente che ha posto in essere comportamenti irregolari, effetti immediati con conseguente applicazione del trattamento più favorevole, per cui “è venuto meno il titolo per applicare le sanzioni in quanto riferite a parametri normativi non più vigenti, proprio perché, riguardo alla condotta posta in essere dal contribuente, si è spezzato il collegamento tra la norma sanzionatoria (il comma 4 della nota II bis dell’articolo 1 tariffa, parte prima, allegata al D.P.R. n. 131 del 1986) e la norma impositiva, così significativamente modificata”.