Scissione asimmetrica e valutazioni anti-abuso
di Fabio LanduzziNell’ambito delle operazioni di scissione societaria si qualifica come “non proporzionale” la scissione – che trova la propria disciplina nell’articolo 2506-bis, comma 4, secondo periodo, cod. civ. – in cui si prevede una assegnazione delle partecipazioni ai soci in misura non proporzionale rispetto a quella esistente in capo alla scissa, senza compensazione con conguaglio in denaro; in questa circostanza, nessun socio viene tuttavia escluso dalla assegnazione delle partecipazioni in tutte le società partecipanti, inclusa la società scissa.
Si usa invece indicare con l’appellativo di “asimmetrica” la scissione – che trova la propria disciplina civilistica nell’articolo 2506, comma 2, secondo periodo, cod. civ. – in cui, constando il consenso unanime dei soci, si prevede che ad alcuni di essi non vengano assegnate le partecipazioni in una, o più di una, delle società beneficiarie, bensì essi ricevano un incremento delle partecipazioni detenute nella società scissa.
“Non proporzionalità” e “asimmetria” della scissione possono naturalmente coesistere anche nell’ambito della stessa operazione.
Sotto il profilo tributario, la realizzazione di una scissione “non proporzionale” e/o “asimmetrica” può porre interrogativi in chiave di disciplina anti abuso di cui all’articolo 10-bis L. 212/2000.
A questo riguardo, sono state diverse le occasioni in cui l’Amministrazione Finanziaria è stata stimolata ad esprimersi circa la valutazione anti abuso di simili operazioni (si vedano, per tutte, le risposte n. 72, 97, 98 del 2020, e da ultimo la n. 435 del 2021).
Le valutazioni esplicitate nelle risposte sopra elencate sono state positive, nel senso che hanno concluso escludendo che le operazioni di scissione rappresentate nei casi di specie potesse costituire fenomeni abusivi in chiave fiscale, sia sotto il profilo dell’imposizione sul reddito, e sia sotto il diverso profilo delle imposte indirette (imposta di registro e Iva).
Prendendo spunto proprio dall’ultima delle risposte pubblicate in ordine di tempo – la 435 del 2021 – si può osservare che trattasi di una situazione tutt’altro che infrequente nell’ambito dei gruppi imprenditoriali multifamiliari, e spesso multibusiness, in cui con il passare del tempo emergono volontà, aspettative, vedute e anche interessi differenti fra i diversi componenti, rendendo critica la fase del passaggio generazionale.
Nel caso di specie, dal documento di prassi si legge proprio di una situazione in cui 4 ceppi familiari stavano vivendo una situazione in cui si paventavano “stalli decisionali” e “potenziali liti giudiziarie” fra soci, con ovvie e negative conseguenze sulla stessa prosecuzione del business e quindi sulla valorizzazione del patrimonio sociale.
In questo contesto, dove il fine ultimo è quello di addivenire ad un accordo di separazione del patrimonio fra i ceppi familiari, per fare in modo che ciascuno, con la propria parte, possa proseguire le attività a cui si sente meglio orientato, la scissione “asimmetrica” si presta come strumento efficiente per offrire una soluzione tecnica adeguata a raggiungere lo scopo con il minore dispendio di tempo, di risorse ed anche di oneri fiscali.
L’Amministrazione riconosce quindi, anche in questa circostanza, che la scissione parziale (in quanto la società scissa continua ad esistere) e “asimettrica” (in quanto il ceppo familiare uscente dalla scissa è l’unico che riceve in assegnazione le quote della società beneficiaria di nuova costituzione, mentre si accrescono corrispondentemente le partecipazioni al capitale della scissa in capo agli altri soci superstiti) non è operazione tale da consentire di conseguire “alcun vantaggio fiscale indebito” in quanto si presenta come “atto fisiologico di riorganizzazione delle attività” che fanno capo ai diversi ceppi familiari, per consentire di addivenire alla separazione del “destino imprenditoriale” di un nucleo familiare rispetto agli altri.
Di rilievo, in questa valutazione positiva dell’operazione, sono come di rito le premesse, o forse per meglio dire le pre-condizioni, quali il fatto che:
– non vi sia previsione da parte di nessun socio della scissa e della beneficiaria di trasferire a terzi le quote partecipative possedute nelle società;
– non sia prevista la destinazione a finalità estranee o all’uso personale dei soci dei beni sociali della scissa e della beneficiaria;
– la beneficiaria non usufruisca di un regime di tassazione agevolato rispetto a quello della scissa;
– non si realizzino in capo alla beneficiaria i presupposti per la rettifica della detrazione Iva ex articolo 19-bis2, comma 7, D.P.R. 633/1972.