Scritture contabili inattendibili: scatta l’accertamento induttivo
di Marco BargagliIl nostro ordinamento tributario è dotato di particolari strumenti, anche di natura empirica, sulla base dei quali l’Amministrazione finanziaria, al ricorrere di determinate condizioni, può operare una rettifica in aumento del reddito imponibile dichiarato dal soggetto passivo d’imposta.
Ai fini delle imposte sui redditi, ai sensi dell’articolo 39, comma 1, lett. d), D.P.R. 600/1973, l’Ufficio può procedere alla rettifica del reddito d’impresa delle persone fisiche se l’incompletezza, la falsità o l’inesattezza degli elementi indicati nella dichiarazione e nei relativi allegati risulta dall’ispezione delle scritture contabili o da altre verifiche ovvero dal controllo della completezza, esattezza e veridicità delle registrazioni contabili sulla scorta delle fatture e degli altri atti e documenti relativi all’impresa, nonché dei dati e delle notizie raccolti dall’Ufficio.
Trattasi, in particolare, del c.d. “accertamento analitico-induttivo” in base al quale l’Amministrazione finanziaria, sulla base di “presunzioni semplici”, connotate dai requisiti di gravità, precisione e concordanza, può rilevare l’esistenza di attività imponibili non dichiarate (ricavi non dichiarati), ossia l’inesistenza di passività dichiarate (costi non deducibili), ricostruendo induttivamente il reddito.
Di contro, l’accertamento induttivo “puro” è previsto dall’articolo dell’articolo 39, comma 2, lett. d), D.P.R. 600/1973.
In ultima tale circostanza siamo di fronte a gravi, numerose e ripetute omissioni, false o inesatte indicazioni, irregolarità formali che rendono inattendibili, nel loro complesso, le scritture contabili.
Di conseguenza, l’Ufficio può determinare il reddito d’impresa anche seguendo un procedimento empirico, sulla base dei dati e delle notizie comunque raccolti o venuti a sua conoscenza, con la facoltà, espressamente prevista dalla Legge, di prescindere in tutto o in parte dalle risultanze del bilancio e dalle scritture contabili.
In tema di accertamento induttivo la Corte di cassazione, con l’ordinanza n. 3290 del 05.02.2019, ha confermato che, in presenza di un apparato contabile inattendibile, l’Amministrazione finanziaria può rideterminare il reddito su base induttiva.
Nel caso sottoposto al vaglio degli ermellini, il contribuente proponeva ricorso contro l’avviso di accertamento con cui l’Ufficio rideterminava, in particolare, i redditi professionali conseguiti dal soggetto passivo nell’esercizio della professione di odontoiatra.
Nelle memorie esibite nel corso del giudizio di merito, la difesa del contribuente contestava le deduzioni operate dall’Ufficio e il metodo adottato per ricostruire il volume d’affari, ritenendo non provate le gravi incongruenze tra ricavi dichiarati e quelli stimati dall’Amministrazione finanziaria.
Il giudice di primo grado accoglieva il ricorso del contribuente, ritenendo insussistenti le motivazioni poste a fondamento della constatazione dei maggiori ricavi accertati.
L’Amministrazione finanziaria proponeva, a sua volta, ricorso avverso la decisione di primo grado, sottolineando che le risultanze dell’attività ispettiva erano state formalizzate in un processo verbale di accesso mirato (redatto in luogo del processo verbale di constatazione che, per tale motivo, non poteva essere depositato), il cui contenuto era stato poi trasfuso nelle motivazioni dell’atto impugnato.
Il giudice del gravame, in sede di appello, accoglieva le argomentazioni proposte da parte dell’Ufficio finanziario, ritenendo provate le riprese a tassazione in funzione del rapporto fra giorni lavorativi, le dichiarazioni del contribuente sul numero di sedute dedicate a ciascun paziente e il raffronto con le poche fatture reperite.
Gli Ermellini, nel corso del giudizio di legittimità, hanno valutato attentamente se lo scostamento reddituale ricavato sia stato ottenuto con metodo estraneo alla norma di riferimento e se, come asserito dal contribuente, l’incompletezza e la genericità delle fatture non potesse consentire di procedere con l’accertamento induttivo, in quanto la dovuta tutela della riservatezza avrebbe impedito al professionista verificato di essere più esplicito.
I giudici di piazza Cavour, accogliendo la tesi dell’Amministrazione finanziaria e richiamando lo specifico orientamento espresso in sede di legittimità, hanno precisato che:
- “qualora l’ufficio abbia sufficientemente motivato, specificando gli indici di inattendibilità dei dati relativi ad alcune poste di bilancio e dimostrando la loro astratta idoneità a rappresentare una capacità contributiva non dichiarata, il suo operato è assistito da presunzione di legittimità, nel senso che null’altro l’ufficio è tenuto a provare, se non quanto emerge dal procedimento deduttivo fondato sulle risultanze esposte, mentre grava sul contribuente l’onere di dimostrare la regolarità delle operazioni effettuate, anche in relazione alla contestata antieconomicità delle stesse, senza che sia sufficiente invocare l’apparente regolarità delle annotazioni contabili, perché proprio una tale condotta è di regola alla base di documenti emessi per operazioni inesistenti o di valore di gran lunga eccedente quello effettivo”;
- “l’Amministrazione finanziaria, in presenza di contabilità formalmente regolare, ma intrinsecamente inattendibile per l’antieconomicità del comportamento del contribuente, può desumere in via induttiva, ai sensi dell’ articolo 39, comma 2, lett. d), del D.P.R. n. 600/1973, sulla base di presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti il reddito del contribuente, utilizzando le incongruenze tra i ricavi, i compensi e i corrispettivi dichiarati e quelli desumibili dalle condizioni di esercizio della specifica attività svolta, incombendo sul contribuente l’onere di fornire la prova contraria e dimostrare la correttezza delle proprie dichiarazioni. Gli elementi assunti a fonte di presunzione, peraltro, non devono essere necessariamente plurimi, potendosi il convincimento del giudice fondare anche su di un elemento unico, purché preciso e grave, la cui valutazione non è sindacabile in sede di legittimità se adeguatamente motivata”.