Seguire un regime fiscale meno oneroso non configura abuso del diritto
di Marco BargagliCome noto, per espressa disposizione normativa, configurano abuso del diritto una o più operazioni prive di sostanza economica che, pur nel rispetto formale delle norme fiscali, realizzano essenzialmente vantaggi fiscali indebiti disapprovati dall’ordinamento (cfr. articolo 10-bis L. 212/2000 il c.d. “Statuto dei diritti del contribuente”).
La riforma della disciplina dell’abuso del diritto e dell’elusione fiscale, in precedenza contenuta nell’articolo 37-bis D.P.R. 600/1973 è avvenuta, a livello domestico, con l’articolo 5 L. 23/2014, che ha dato attuazione ai principi comunitari, coordinandoli con quelli contenuti nella raccomandazione della Commissione europea sulla pianificazione fiscale aggressiva n. 2012/772/UE del 6 dicembre 2012.
Il legislatore ha così tracciato la disciplina dell’abuso del diritto ed elusione fiscale sulla base delle seguenti direttive:
- la condotta abusiva viene definita come “uso distorto di strumenti giuridici” idonei ad ottenere un risparmio d’imposta, ancorché tale comportamento non sia in contrasto con alcuna specifica disposizione;
- occorre garantire la libertà di scelta del contribuente tra diverse operazioni comportanti anche un diverso carico fiscale;
- bisogna prevedere l’inopponibilità degli strumenti giuridici sopra illustrati all’Amministrazione finanziaria, e il conseguente potere della stessa di disconoscere il relativo risparmio di imposta;
- è necessario disciplinare il regime della prova, ponendo a carico dell’Amministrazione finanziaria l’onere di dimostrare il disegno abusivo e le eventuali modalità di manipolazione e di alterazione funzionale degli strumenti giuridici utilizzati, nonché la loro mancata conformità a una normale logica di mercato;
- grava sul contribuente l’onere di allegare l’esistenza di valide ragioni extrafiscali alternative o concorrenti che giustifichino il ricorso a tali strumenti;
- occorre prevedere una formale e puntuale individuazione della condotta abusiva nella motivazione dell’accertamento fiscale, a pena di nullità dell’accertamento stesso;
- è fondamentale contemplare specifiche regole procedimentali che garantiscano un efficace contraddittorio con l’Amministrazione finanziaria e, contestualmente, salvaguardino il diritto di difesa in ogni fase del procedimento di accertamento tributario.
In base a tali importanti precetti normativi, per poter censurare i comportamenti posti in essere dal contribuente, occorre valutare attentamente i seguenti elementi:
- individuare lo scopo di ottenere indebiti vantaggi fiscali come causa prevalente dell’operazione abusiva;
- escludere la configurabilità di una condotta abusiva, se l’operazione o la serie di operazioni è giustificata da ragioni extrafiscali non marginali;
- stabilire che costituiscono ragioni extrafiscali anche quelle che non producono necessariamente una redditività immediata dell’operazione, ma rispondono ad esigenze di natura organizzativa e determinano un miglioramento strutturale e funzionale dell’azienda del contribuente.
In linea con le richiamate disposizioni normative possiamo così affermare che non si considerano abusive, in ogni caso, le operazioni giustificate da valide ragioni extrafiscali, non marginali, anche di ordine organizzativo o gestionale, che rispondono a finalità di miglioramento strutturale o funzionale dell’impresa ovvero dell’attività professionale del contribuente.
In tal senso:
- sono definite ragioni extrafiscali non marginali anche quelle che, pur non essendo alla base di operazioni produttive di redditività immediata, sono comunque rispondenti ad esigenze di natura organizzativa finalizzate a ottenere un miglioramento dell’attività economica del contribuente;
- “la non marginalità delle valide ragioni extrafiscali”, deve intendersi nel senso che tali ragioni sussistono solo perché in loro assenza l’operazione non sarebbe stata posta in essere.
Gli elementi che caratterizzano l’abuso del diritto sopra delineati sono stati ribaditi anche dalla Suprema Corte di cassazione, nella sentenza n. 31772/2019 del 5 dicembre 2019.
Gli Ermellini, sulla base di un consolidato orientamento giurisprudenziale, hanno precisato che integra gli estremi del comportamento abusivo un’operazione economica che, “tenuto conto sia della volontà delle parti implicate, sia del contesto fattuale e giuridico, ponga quale elemento predominante e assorbente della transazione lo scopo di ottenere vantaggi fiscali, con la conseguenza che il divieto di comportamenti abusivi non vale se quelle operazioni possano spiegarsi altrimenti che con il mero conseguimento di risparmi d’imposta”.
La prova sia del disegno elusivo sia delle modalità di manipolazione e di alterazione degli schemi negoziali classici, considerati come irragionevoli in una normale logica di mercato e perseguiti solo per pervenire a quel risultato fiscale incombe sull’Amministrazione finanziaria, mentre grava sul contribuente l’onere di allegare l’esistenza di ragioni economiche alternative o concorrenti che giustifichino operazioni in quel modo strutturate.
Pertanto, “il carattere abusivo”, sotto il profilo fiscale, di una determinata operazione, deve fondarsi normativamente sul difetto di valide ragioni economiche e sul conseguimento di un indebito vantaggio fiscale, presupponendo quanto meno l’esistenza di un adeguato strumento giuridico che, pur se alternativo a quello scelto dai contraenti, sia comunque funzionale al raggiungimento dell’obiettivo economico perseguito, dovendosi verificare se vi sia reale fungibilità con le soluzioni eventualmente prospettate dal fisco.
Ciò posto, i Giudici di piazza Cavour hanno inoltre confermato che, in materia tributaria, la scelta di un’operazione fiscalmente più vantaggiosa non è sufficiente ad integrare una condotta elusiva, “laddove sia lo stesso ordinamento tributario a prevedere tale facoltà, a condizione che non si traduca in uso distorto dello strumento negoziale o in un comportamento anomalo rispetto alle ordinarie logiche d’impresa, posto in essere per realizzare non la causa concreta del negozio, ma esclusivamente o essenzialmente il beneficio fiscale”.
Quindi la scelta del soggetto passivo dell’operazione negoziale fiscalmente meno gravosa, non è sufficiente ad integrare una condotta elusiva, essendo necessario che il conseguimento di un “indebito vantaggio fiscale”, contrario allo scopo delle norme tributarie, costituisca la causa concreta della fattispecie negoziale.