Semplificati e regime per cassa: ipotesi pure o spurie?
di Comitato di redazioneAbbiamo ormai preso già tutti consapevolezza delle difficoltà che accompagneranno il nuovo regime per cassa dei contribuenti semplificati; basterebbe già questo per ribadire la inopportunità di avere inserito un regime obbligatorio e non facoltativo.
Infatti, da un lato passa il tormentone della definizione, quale quella del “semplificato per cassa”, mentre – per altro verso – si rinvengono (con estrema difficoltà) regole alternative che richiamano (probabilmente) l’obbligo di applicare la competenza.
Anzi, a ben verificare, forse numericamente saranno più frequenti i casi di applicazione della competenza che non della cassa.
Analizzando il nuovo articolo 66, insomma, emerge un meccanismo spurio della seguente natura:
- i ricavi, i dividendi ed i proventi finanziari, così come le spese non diversamente regolate, vanno considerati con il criterio di cassa (articolo 66, comma 1, primo periodo);
- i ricavi da autoconsumo di beni merce, i proventi derivanti dai fabbricati abitativi, le plusvalenze, le minusvalenze nonché le sopravvenienze attive e passive vanno, invece, considerati con il criterio della competenza (articolo 66, comma 1, ultimo periodo);
- le quote di ammortamento sono deducibili con il criterio della competenza, così come gli accantonamenti deducibili di cui all’articolo 105 del TUIR. Analogamente sono deducibili per competenza le perdite di beni strumentali e le perdite su crediti (rileveranno, ovviamente, solo le perdite relative a crediti insorti prima dell’applicazione del regime di cassa, quelle relative alla vendita di beni strumentali, crediti da locazione di fabbricati abitativi). In tal senso, dispone il comma 2 del nuovo articolo 66;
- i componenti indicati dal comma 3 dell’articolo 66, invece, non hanno un ritmo di deduzione ben preciso, confrontandosi tesi che ritengono necessario il pagamento, unitamente alle limitazioni dettate dalle singole norme, con altre che, invece, ritengono che si applichi la competenza.
Pare impossibile, in questa sede, individuare la corretta soluzione, stante la tecnica legislativa utilizzata, veramente deprecabile ed insufficiente.
Può essere fatto notare, tuttavia, che tra le norme richiamate come applicabili dal citato comma 6, è anche presente il comma 7 dell’articolo 109 del TUIR.
Tale disposizione regolamenta la tassazione e la deduzione degli interessi attivi e passivi di mora, prevedendo in particolare l’applicazione del regime di cassa.
Ora, a tale previsione può essere attribuita una duplice valenza:
- una svista ovvero una dimenticanza o distrazione del legislatore che, al riguardo, si sarebbe dimenticato di espungere dall’elenco di una disposizione che funziona (di regola) per cassa una diversa disposizione che funziona, per obbligo, per cassa;
- una indiretta volontà di attribuire a ciascuna delle disposizioni richiamate un ritmo di deduzione per competenza, ovvero di cassa, a seconda delle regole vigenti nel TUIR, considerando che le disposizioni sono richiamate nel mondo del reddito di impresa che normalmente funziona per competenza, salvo il richiamo (come nel caso individuato) a specifiche disposizioni. Questa soluzione darebbe la possibilità (sempre da preferire) di non considerare il legislatore sbadato o smemorato, bensì soggetto consapevole di quanto scrive.
Ci pare che già i dubbi evocati siano sufficienti a delineare un intervento pasticciato ed inopportuno, che richiederebbe un immediato intervento chiarificatore o, meglio ancora, di natura normativa.
Solo in tal caso i contribuenti potranno effettuare una valutazione complessiva e più coerente degli oneri e delle opportunità che il regime riserva.
Si tenga conto, poi, che oltre alle difficoltà per l’individuazione del criterio generale applicabile alle differenti poste specificamente citate, l’intervento normativo sembra latitare anche sotto altri aspetti. Basterà citare i canoni di leasing, che formalmente non sono richiamati assieme agli ammortamenti. Se manca il richiamo specifico, tali spese dovrebbero funzionare con il generale principio di cassa.
Ma questo dovrebbe indurre a ritenere che i canoni periodici, ed anche il maxicanone diverrebbero deducibili per cassa. Una tale conclusione sembra, onestamente, fuori dalle consolidate abitudini che fanno ritenere indifferente la modalità di finanziamento prescelto (acquisto diretto o leasing) in tema di conseguenze fiscali.
Questo per dire, che la norma latita non solo nella impostazione generale, ma anche nella definizione dei particolari. L’intervento appare allora davvero urgente, non potendo pensare di lasciare tutto in balia delle interpretazioni dell’Agenzia delle Entrate.
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