Semplificazioni senza appeal
di Giovanni ValcarenghiSergio Pellegrino
Troppe parole, pochi fatti. I nostri lettori non apprezzano per nulla il progetto di semplificazione avviato dal Governo unitamente all’Agenzia delle entrate. Infatti, ben l’85% dei partecipanti al sondaggio ritiene che il progetto abbia una portata limitata (43%), oppure non serva proprio a nulla (42%). La restante quota comprende i “fiduciosi” o gli scettici: solo il 6% ritiene che le misure siano importanti, mentre il 10% apprezza gli strumenti, in linea teorica, ma ritiene che non entreranno mai in vigore.
E’ veramente singolare ottenere risultati così mortificanti in relazione ad un disegno di legge che doveva rappresentare una sorta di medicina miracolosa per i “mali amministrativi” dei contribuenti italiani; manca proprio un sentimento basico di fiducia e si percepisce una evidente frattura tra chi scrive le legge o adotta i provvedimenti attuativi e la realtà quotidiana che vivono professionisti ed aziende.
Le esperienze passate non inducono ad essere concilianti; con una precisione quasi mirabolante, ogni volta che si è annunciata una semplificazione si è finiti per stare peggio di prima. Qualcuno ha avuto la vita cambiata, ad esempio, dalla sostituzione della scheda carburante con il pagamento mediante carta di credito? Insomma, a nostro parere è chiaro che gli operatori hanno ormai ben capito che i veri cambiamenti che si sono registrati hanno determinato vantaggi unicamente per la macchina pubblica, mentre il versante dei contribuenti ha solo ricevuto blande variazioni che non hanno certo cambiato la vita a nessuno.
Non va poi taciuto il fatto che il semplice pudore dovrebbe indurre ad evitare di parlare di semplificazioni in associazione con continui cambiamenti; perché una cosa possa essere davvero semplice deve essere, prima di tutto, consolidata nel tempo e percepita come realmente necessaria. Questi caratteri, da tempo non si vedono nel nostro panorama tributario.
Il rifiuto a percepire come positiva la semplificazione, inoltre, è alimentato non solo dall’esperienza passata ma anche da quella di stringente attualità: è normale che, dopo innumerevoli rinvii, non si sappia ancora cosa fare in merito allo spesometro del prossimo mese di novembre? E’ normale, ci chiediamo, che, a circa 30 giorni dalla scadenza compaia sul sito delle Entrate un modello del tutto diverso rispetto al precedente (peraltro senza essere accompagnato – ancora – da un provvedimento di approvazione)? Arriverà la proroga, si dice, ed anche questo denota come di reali semplificazioni non ve ne siano. Ogni adempimento deve essere preparato con cura, scadenzato in agenda, ed osservato da parte di chi deve fornire gli strumenti (l’amministrazione) e di chi deve materialmente svolgerlo (professionisti ed aziende).
Come potete constatare, anche noi, nella stesura del pezzo, ci siamo lasciati contagiare da un approccio negativo dovuto al “clima”; a ben vedere, il DDL di semplificazione contiene cose buone, come lo spostamento dell’obbligo di segnalare la lettera di intento a carico di chi la emette (e non di chi la riceve), l’innalzamento della soglia di esenzione per le comunicazioni delle operazioni black list, la previsione che le STP producano reddito di lavoro autonomo, la cancellazione del meccanismo diabolico delle spese anticipate dal professionista nello svolgimento dell’incarico, ecc.
Tutto ciò, però, non si percepisce, e non è difficile capire il motivo: completa mancanza di fiducia.
Allora, con il rischio di divenire demagoghi, un modesto progetto di semplificazione in tre punti proviamo a lanciarlo anche noi, sicuri di trovare molti colleghi che lo possano condividere:
1. invarianza delle norme e degli adempimenti per almeno un anno fiscale; in caso di esigenze immediate delle casse erariali è possibile modificare solo le aliquote, ma non le regole di quantificazione dell’imponibile;
2. rigoroso rispetto delle norme di tutela dello statuto del contribuente, sia in termini di richiesta delle informazioni (l’amministrazione non può richiedere dati di cui è già in possesso) che di tempistiche necessarie all’espletamento degli adempimenti;
3. abolizione del termine ordinatorio per la pubblica amministrazione: se la norma prevede una scadenza, il settore pubblico deve essere il primo a rispettarla (per sorridere, pensiamo a cosa accade in Italia per la approvazione dei modelli dichiarativi).
A noi questo basterebbe, senza bisogno di perdere tempo a leggere ancora tanti disegni di legge con il rischio che i medesimi non vedano mai la luce.