Sempre obbligatoria l’iscrizione in CCIAA per vendere i prodotti agricoli?
di Luigi ScappiniIl Legislatore, in occasione delle ultime due Leggi di Bilancio (L. 205/2017 e L. 145/2018) è intervenuto sull’articolo 4 D.Lgs. 228/2001, ampliando il perimetro entro cui l’imprenditore agricolo può procedere alla cessione di prodotti agricoli bypassando le ordinarie regole previste per il commercio.
Dapprima, con la L. 205/2017 ha introdotto la possibilità di procedere alla “somministrazione non assistita” e al cd. “street food” agricolo, successivamente, il recente intervento della L. 145/2018 ha concesso la possibilità di procedere alla cessione anche di prodotti non facenti parte dello stesso comparto agronomico dei propri.
La possibilità di procedere alla cessione, esclusivamente al dettaglio e mai all’ingrosso, di prodotti da parte dell’imprenditore agricolo derogando alle ordinarie regole previste per il commercio, prevede, quale prerequisito, l’iscrizione in CCIAA.
Come noto, non tutti gli imprenditori agricoli hanno l’obbligo di iscrizione alle Camere di commercio di competenza: infatti, ai sensi dell’articolo 2, comma 3, L. 77/1997 “Per i produttori agricoli di cui al quarto comma (attuale sesto n.d.E.), primo periodo, dell’articolo 34 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, l’iscrizione al registro delle imprese non è obbligatoria.”.
Il riferimento è ai soggetti in regime di esonero Iva e quindi agli imprenditori agricoli che nell’anno solare precedente hanno realizzato o, in caso di inizio di attività, prevedono di realizzare un volume d’affari non superiore a 7.000 euro, costituito per almeno due terzi da cessioni di prodotti rientranti tra quelli previsti di cui alla prima parte della Tabella A allegata al D.P.R. 633/1972.
In passato ci si era interrogati se, stante l’assenza di obbligo di iscrizione derivante da una norma di legge, fosse possibile anche per questi soggetti fruire della deroga prevista dall’articolo 4 D.Lgs. 228/2001.
Sul punto è intervenuto il Mise che, con risoluzione n. 77217 del 08.05.2014, ha sancito la “supremazia” dell’articolo 4 e quindi l’obbligatorietà di iscrizione in CCIAA. Tuttavia si precisa che il requisito è richiesto solamente nel caso in cui l’imprenditore agricolo voglia procedere alla vendita dei propri prodotti al di fuori del fondo di produzione su aree pubbliche, mentre non è richiesta “qualora la vendita avvenga all’interno del fondo dell’azienda di produzione o nelle zone limitrofe” (cfr. Mipaaft, nota n. 8425 del 27.09.2006).
In riferimento all’ampliamento della tipologia di prodotti vendibili, di recente è intervenuta anche l’Inps con la circolare n. 76 del 22.05.2019, con cui ha spiegato le corrette modalità di compilazione della Denuncia Aziendale.
Con l’occasione, l’Istituto ha anche precisato la portata della norma che, se è vero che amplia la gamma di prodotti vendibili in deroga alle ordinarie regole burocratico-amministrative, è altrettanto vero che pone dei limiti ben precisi.
In primis, vige sempre la regola base per cui la vendita di prodotti acquistati da terzi non può eccedere quella della propria produzione aziendale. Tale verifica viene effettuata in termini di fatturato.
Inoltre, il fatturato originato dalla cessione dei prodotti acquistati presso terzi deve soggiacere all’ulteriore tetto del volume d’affari così individuato:
- imprenditori individuali 160.000 euro e
- società 4 milioni di euro
verificati nell’anno solare precedente.
Rispettati tali limiti, sarà necessario verificare l’ulteriore requisito introdotto a seguito del nuovo comma 1-bis dell’articolo 4 D.Lgs. 228/2001, che prevede la possibilità di procedere alla vendita “al dettaglio in tutto il territorio della Repubblica i prodotti agricoli e alimentari, appartenenti ad uno o più comparti agronomici diversi da quelli dei prodotti della propria azienda, purché direttamente acquistati da altri imprenditori agricoli. Il fatturato derivante dalla vendita dei prodotti provenienti dalle rispettive aziende deve essere prevalente rispetto al fatturato proveniente dal totale dei prodotti acquistati da altri imprenditori agricoli”.
Ai fini della verifica di quale sia il corretto perimetro del proprio comparto agronomico, stante l’assenza di interpretazioni ufficiali, si ritiene che un valido e oggettivo parametro di riferimento possa essere il codice Ateco.
L’Inps, con la circolare n. 76/2019, ha, inoltre, sottolineato, come la norma richieda l’assenza “di qualsivoglia attività di intermediazione commerciale. Pertanto il trasferimento dei prodotti da destinare alla vendita al dettaglio deve avvenire direttamente tra due imprenditori agricoli”.
Ne deriva che non sarà mai possibile procedere alla vendita di prodotti di aziende strutturate in modo da avere una società commerciale che si occupa della distribuzione, in quanto quest’ultima si frappone nella catena agricola.
Tale interpretazione sebbene rigida è perfettamente allineata con la ratio dell’apertura del Legislatore, che si pone quale obiettivo quello di implementare le possibilità di sinergie tra produttori agricoli.