Sempre valida la notifica in mani proprie
di Luigi FerrajoliCon la recente ordinanza n. 3795 depositata in data 26.02.2016, la Corte di Cassazione è tornata ad occuparsi del tema della validità della notificazione della sentenza di primo grado, ai fini della decorrenza del termine breve per l’impugnazione, eseguita alla parte personalmente e non al procuratore costituito nel procedimento.
In particolare, nel caso in esame il contribuente aveva impugnato una cartella di pagamento relativa all’Irpef per l’anno di imposta 2009.
Il ricorso proposto dal contribuente sortiva effetto favorevole in primo grado, all’esito di cui la società Riscossione Sicilia S.p.A. proponeva impugnazione avanti la Commissione Tributaria Regionale della Sicilia.
Nel giudizio di appello, la CTR rigettava l’impugnazione proposta dalla società summenzionata considerando il ricorso inammissibile in quanto tardivo.
L’ente impositore decideva di procedere ulteriormente con ricorso per Cassazione, adducendo innanzitutto la violazione di legge per avere la Commissione Tributaria Regionale ritenuto, ai fini della decorrenza del termine breve di impugnazione, valida la notifica della sentenza di primo grado direttamente alla parte anziché al difensore costituito, ai sensi dell’art.285 c.p.c. (“la notificazione della sentenza, al fine della decorrenza del termine per l’impugnazione, si fa, su istanza di parte, a norma dell’art.170 c.p.c.”).
La Corte di Cassazione, pertanto, è stata chiamata a valutare la validità della notificazione di atti di impugnazione nel processo tributario alla controparte tramite “consegna a mani proprie”.
Sotto questo profilo, la Suprema Corte ha rilevato che l’art.49 del D.Lgs. n.546/92, richiamando solo alcune delle disposizioni del codice di procedura civile, fatte salve le disposizioni specifiche contenute nel medesimo decreto, rende applicabile anche lo stesso art.16 D.Lgs. n. 546/92 che regola le modalità di comunicazioni e di notificazione nel processo tributario, dettando una disciplina speciale in tale ambito.
Nello specifico, l’art.16, co.2, del citato decreto legislativo prevede sempre la possibilità di provvedere alla notificazione tramite “consegna a mani proprie”, intendendosi, in tal senso, tutte le forme di notifica previste dagli artt.137 e ss. c.p.c. e la notifica a mezzo del servizio postale, a seguito delle quali l’atto venga comunque consegnato a mani proprie del destinatario, ai sensi dell’art.16, co.3, D.Lgs. n. 546/92.
Più specificatamente la Suprema Corte, facendo riferimento a un orientamento di legittimità consolidato, ha rilevato che “l’espressione “mani proprie”, secondo una stretta interpretazione letterale, imposta dalla natura processuale speciale della norma, è da riferire esclusivamente alla parte e, quindi la consegna in mani proprie della parte rappresenta la modalità di comunicazione e notificazione di atti e provvedimenti alla quale si può ricorrere. Pertanto, la notificazione della sentenza della Commissione tributaria provinciale a mani proprie della parte o alla persona dalla stessa delegata quand’anche nel giudizio “a quo” si sia costituita a mezzo di un difensore, è valida ed idonea a fare decorrere il termine breve di impugnazione previsto dall’art. 51, comma 1, del citato decreto legislativo” (Cass. Civ. n. 16234/10 e n. 7059/14).
Ne consegue che l’espressione “mani proprie” debba essere riferita esclusivamente alla parte, di conseguenza, la notificazione effettuata con consegna di atti e di provvedimenti nelle mani proprie della parte rappresenta la modalità di notificazione e comunicazione alla quale si può sempre ricorrere.
Pertanto, nel caso concreto, la Suprema Corte ha ritenuto che la notificazione della sentenza emessa dalla Commissione Tributaria Provinciale direttamente all’Agente della riscossione e non al suo procuratore costituito in giudizio fosse valida ed idonea a far decorrere il termine breve di impugnazione ai sensi dell’art.51, co.1, D.Lgs. n.546/92 (“se la legge non dispone diversamente il temine per impugnare la sentenza della commissione tributaria è di sessanta giorni, decorrente dalla sua notificazione ad istanza di parte”), confermando la declaratoria di inammissibilità dell’appello proposto dall’Agente della riscossione già pronunciata dai giudici di seconde cure.
Pertanto, sulla base di quanto affermato nella pronuncia in esame, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso proposto dalla società di Riscossione Sicilia S.p.a., condannandola al pagamento delle spese di lite.