Senza garanzie difensive il sequestro è illegittimo
di Marco BargagliCome noto l’articolo 220 delle disposizioni di attuazione, coordinamento e transitorie del codice di procedura penale dispone che “quando nel corso di attività ispettive o di vigilanza previste da leggi o decreti emergano indizi di reato, gli atti necessari per assicurare le fonti di prova sono compiuti con l’osservanza delle disposizioni del codice”.
In merito, anche la prassi operativa prevede precise regole da seguire qualora, nel corso dell’attività ispettiva, vengano individuati indizi di reato, con il precipuo scopo di rendere operanti le c.d. “garanzie difensive” a favore del soggetto indagato.
Sullo specifico tema, la circolare 1/2008 della Guardia di Finanza – denominata “Istruzione sull’attività di verifica” (cfr. Volume III, parte VII, capitolo 3, pagina n. 159 e ss.) dedica, nell’ambito dei rapporti fra funzioni di polizia tributaria e funzioni di polizia giudiziaria, un intero capitolo rubricato “gli indizi di reato emersi nel corso dell’attività ispettiva fiscale”, facendo espresso richiamo al citato articolo 220 delle disposizioni di attuazione, coordinamento e transitorie del codice di procedura penale.
Nello specifico, il citato documento di prassi sottolinea che l’emersione degli indizi di reato determina che:
- ove sia già individuato il soggetto cui si riferiscono gli indizi stessi, questo deve essere posto nelle condizioni di esercitare le garanzie difensive previste dal codice di procedura penale; pertanto, nel caso in cui sia necessario eseguire un atto per il quale è prevista la presenza del legale, il medesimo soggetto dovrà essere invitato a nominare un difensore di fiducia e, nel caso in cui rinunci a questa facoltà, occorrerà porre in essere gli adempimenti necessari ai fini della nomina di un difensore d’ufficio;
- gli atti di assicurazione degli elementi probatori, o comunque riferibili al fatto – reato in relazione al quale sono emersi gli indizi, devono essere compiuti secondo le forme e le procedure disciplinate dal codice di procedura penale.
In merito, a norma dell’articolo 191 c.p.p., le prove acquisite in violazione dei divieti stabiliti dal codice stesso non possono essere utilizzate e tale inutilizzabilità è rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento; inoltre, il mancato rispetto dei richiamati adempimenti può determinare l’insorgenza di profili di illegittimità dell’attività istruttoria, per violazione delle garanzie difensive ed inosservanza delle forme prescritte dal codice di procedura penale, con conseguente inutilizzabilità delle risultanze della predetta attività in sede processuale-penale.
In linea con i sopra indicati principi si è espressa la Corte di Cassazione, III Sezione penale, con la sentenza n. 50657 del 08.11.2018.
In particolare, i giudici hanno sancito l’illegittimità del sequestro di documenti in precedenza individuati, nel corso di un controllo fiscale, senza che i verificatori avessero informato il contribuente della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia, in presenza di precisi indizi di reato.
Nel caso oggetto della sentenza, il magistrato titolare delle indagini aveva disposto la perquisizione degli uffici di una società di capitali, in esito alla quale erano stati sottoposti a sequestro probatorio una serie di documenti.
A parere della parte ricorrente le operazioni di sequestro sarebbero state “viziate” in quanto eseguite sulla base di “precedenti accertamenti” operati “di iniziativa” da parte della Guardia di Finanza senza che, preventivamente ed esse, fosse stato dato agli indagati l’avviso della facoltà che ai medesimi competeva di essere assistiti, durante lo svolgimento di tali operazioni, da un difensore di loro fiducia.
Gli ermellini hanno accolto il ricorso del contribuente considerato che:
- quando fu compiuta l’attività di indagine da parte della Guardia di Finanza non fu dato alcun avviso agli indagati della facoltà, che agli stessi spettava, di essere assistiti – nel corso delle attività svolte – dal difensore di fiducia;
- al momento in cui furono compiuti gli atti di sequestro a carico dei ricorrenti erano già emersi elementi tali da comportare l’assunzione, da parte loro, della qualifica di soggetti indagati con contestuale iscrizione nel registro degli indagati.
Ciò premesso, la Suprema Corte osserva che in tema di sequestro probatorio, attesa la finalità istruttoria cui l’atto è preordinato, nasce l’obbligo da parte della polizia giudiziaria di avvisare il soggetto nei cui confronti sono svolte le indagini della facoltà di avvalersi di assistenza legale fiduciaria.
La violazione di siffatto obbligo incide in modo assai rilevante sul concreto esercizio da parte dell’indagato del diritto di difesa, costituendo un’ipotesi di vizio dell’atto che ne comporta l’insuperabile “inutilizzabilità patologica”.
In definitiva, conclude la Corte, “il mancato compimento della prescritta formalità – dotata, tuttavia, di una chiara pregnanza sostanziale in quanto si tratta di atto finalizzato ad assicurare all’indagato la possibilità di un’assistenza tecnica, strumentale alla garanzia dell’effettività del diritto alla difesa, in occasione della acquisizione di elementi istruttori sui quali potrebbe essere successivamente fondato il giudizio sulla sussistenza e sulla rilevanza penale della condotta a lui attribuita – non può non riverberarsi in senso negativo sulla legittimità della affermazione della sussistenza del fumus commissi delicti”.