Separazione attività ai fini IVA
di Giovanni Valcarenghi
Passa il tempo e, nonostante l’assestamento quasi definitivo che è stato apportato alla normativa IVA relativa alla cessione e locazione di fabbricati negli ultimi anni, ancora sussistono alcune incertezze in merito al tema della separazione delle attività.
Al riguardo, l’articolo 36 del DPR 633/1972 (come modificato nel corso del mese di gennaio del 2012), prevede che le disposizioni in tema di separazione delle attività si applicano anche ai soggetti che effettuano sia locazioni, o cessioni, esenti da imposta, di fabbricati o porzioni di fabbricato a destinazione abitativa che comportano la riduzione della percentuale di detrazione … (omissis) …, sia locazioni o cessioni di altri fabbricati o di altri immobili, con riferimento a ciascuno di tali settori di attività.
Innanzitutto va chiarito che le attività di locazione e di cessione di fabbricati possono essere tra loro separate senza problemi di sorta, in quanto contraddistinte da differenti codici ATECO; il problema, diversamente, si pone quando all’interno della medesima attività (di locazione, oppure di cessione) coesistano operazioni contraddistinte da un differente regime IVA (imponibilità, oppure esenzione).
Il tenore letterale della disposizione non è dei più felici, ma sembra evocare una separazione di attività esclusivamente fondato sulla tipologia di fabbricato; da un lato la categoria dei fabbricati abitativi, dall’altro la categoria dei fabbricati diversi dai predetti.
Non è però scontato che questa sia la impostazione più corretta, tenuto anche conto di quanto affermato dalla Agenzia delle entrate con la circolare 22/E del 28 giugno 2013, paragrafo 9; nel documento di prassi, infatti, si introduce il concetto di sub-settore di attività. Infatti, si afferma testualmente che i sub-settori di attività ulteriormente separabili nell’ambito di ciascun settore (ndr: per settore intendi attività di locazione e/o attività di cessione) sono costituiti, rispettivamente, dalle locazioni di fabbricati abitativi esenti e locazioni di altri fabbricati o immobili e dalle cessioni di fabbricati abitativi esenti e cessioni di altri fabbricati o immobili.
In linea di principio il concetto del sub-settore è calzante, se non fosse che poi, all’interno del medesimo, la ulteriore suddivisione patisce il limite della tipologia di fabbricato e non del regime IVA. La stessa circolare, pertanto, conclude che “i subsettori di attività delle cessioni di altri fabbricati e delle locazioni di altri fabbricati saranno costituiti, pertanto, non solo da operazioni imponibili ma, altresì, da operazioni esenti (ad esempio, rispettivamente, cessioni e locazioni di fabbricati strumentali in regime di esenzione).”.
Ciò che non si riesce a comprendere, in sostanza, è se il contribuente possa separare le attività in ragione del solo regime IVA applicabile alle operazioni che riguardano la medesima tipologia di fabbricato; a esempio, la locazione di un fabbricato strumentale con opzione per l’IVA, dalla locazione di un fabbricato strumentale per il quale si preferisce l’esenzione (regime naturale).
Poiché tale impostazione sembra oggi preclusa, a noi sembra che si venga a svuotare di significato l’istituto della separazione delle attività, nato proprio per evitare “confusione” tra operazioni esenti ed operazioni imponibili. Vero è che l’istituto si riferisce alla separazione delle “attività” e non delle “operazioni”, ma l’attuale impostazione è sorta con un panorama legislativo (oggi modificato) che vincolava la locazione di fabbricati abitativi al solo regime di esenzione.
Per giungere a una impostazione maggiormente equilibrata, ai noi sembra più corretto affermare che la separazione delle attività debba oggi essere canalizzata verso una separazione delle operazioni, affinché si possa finalmente evitare l’applicazione del pro rata. Applicare tale principio, in definitiva, non comporterebbe alcun disequilibrio del sistema, poiché l’imputazione di un bene alla categoria delle operazioni esenti determinerebbe l’obbligo di rettifica, ed i successivi passaggi interni sarebbero regolati dalle norme a sistema.
Una rivisitazione delle conclusioni, allora, a nostro giudizio diviene assolutamente necessaria ed urgente.