Separazione delle attività in presenza di identico codice Ateco
di Euroconference Centro Studi TributariDomanda
Una Srl è stata costituita nel 2017 con oggetto quale attività “principale” quella di gioielleria-oreficeria (codice Ateco 477700 commercio al dettaglio di orologi e articoli di gioielleria e argenteria) la quale, stante la recente acquisizione dei necessari requisiti è stata iscritta nel corso del 2022 nell’elenco degli operatori professionali di oro, tenuto presso la Banca d’Italia, al fine di poter commercializzare anche “oro da investimento”, nella fattispecie principalmente lingotti di oro.
Considerato che fino a oggi l’attività tipica di gioielleria-oreficeria svolta dalla Srl ha consentito una piena detrazione dell’Iva sugli acquisti stante il carattere di imponibilità delle vendite, il problema si pone adesso a seguito dell’introduzione nella gestione dell’attività commerciale delle vendite di oro da investimento esente Iva ai sensi dell’articolo 10, comma 1 n. 11), D.P.R. 633/1972.
Stante l’entità delle vendite “imponibili Iva” derivanti dall’attività “tradizionale” di gioielleria-oreficeria rispetto alle potenziali vendite “esenti Iva” da realizzare in veste di operatore professionale di oro (in seguito OPO), si teme una significativa percentuale di indetraibilità Iva sugli acquisti da pro-rata, qualora non fosse attuata la separazione delle attività ai fini Iva.
Si premette che, pur sussistendo lo stesso codice Ateco per lo svolgimento di entrambe le attività di commercio al dettaglio (47.77.00), a parere della scrivente vi è una oggettiva distinzione tra le due attività, sia operativa che funzionale.
Non fosse altro che per lo svolgimento dell’attività di OPO occorre disporre di ulteriori e distinti requisiti dimensionali e professionali rispetto al commercio “tradizionale” di oreficeria-gioielleria, essere iscritti nell’elenco tenuto la Banca d’Italia e sottoposti alla specifica vigilanza della banca centrale, garantire specifiche procedure per le periodiche comunicazioni di monitoraggio dei rapporti anagrafici e contabili con la clientela con l’impiego di software specifici, e previo accreditamento al SID (Sistema di Interscambio flussi Dati), nonché di assolvimento di maggiori livelli nella gestione delle informative antiriciclaggio ed antiterrorismo.
Inoltre, sia i fornitori sia la clientela della gestione commerciale in veste di OPO sarebbero completamente distinti rispetto a quelli delle operazioni poste in essere nell’ambito dell’attività di oreficeria-gioielleria “tradizionale”.
Ciononostante, considerato che l’orientamento prevalente per attuare in via facoltativa l’applicazione delle attività separate ai fini Iva era/è la sussistenza di attività oggettivamente separate e individuate con codici Ateco differenti (a eccezione della presunzione riconosciuta in ambito delle immobiliari), si chiede nel concreto se la fattispecie sopra descritta – alla luce in particolare della circolare n. 19/E//2018 (§ 7.1) – possa assumere i presupposti operativi e oggettivi necessari per l’applicazione della separazione delle attività ai fini Iva, distinguendo quindi l’attività di gioielleria-oreficeria “tradizionale” rispetto a quella di operatore professionale di oro (OPO) malgrado entrambe le attività siano riconducibili a fini statistici al medesimo codice Ateco .
In tal senso l’articolo 36, comma 3, primo periodo, DP.R. 633/1972, prevede che “i soggetti che esercitano più imprese o più attività nell’ambito della stessa Impresa, ovvero più arti o professioni, hanno facoltà di optare per l’applicazione separata dell’imposta relativamente ad alcuna delle attività esercitate …”.
L’opzione per la separazione delle diverse attività economiche prevista per i soggetti che esercitano più imprese o più attività nell’ambito della stessa impresa, presuppone che le attività in questione siano oggettivamente scindibili e come tali suscettibili di formare oggetto di autonome attività d’impresa (risoluzione n. 396118/1984, risoluzione n. 63/E/1998 e risoluzione n. 184/E/2008).
Tale criterio è stato oggetto di ulteriori chiarimenti:
- nella circolare n. 22/E/2013, dove al § 9, si afferma che sono suscettibili di essere separate, ai fini dell’applicazione dell’Iva, soltanto le attività sostanzialmente diverse fra loro “di regola individuate da diversi Codici della Tabella Ateco di classificazione delle attività economiche”;
- nella circolare n. 19/E/2018 dove, adottando un’interpretazione della norma più conforme alla Direttiva 2006/112/CE, si chiarisce che “ai fini della nozione di ‘più attività nell’ambito della stessa Impresa’ (…), il riferimento alla classificazione Ateco, rispondente essenzialmente a finalità statistiche e di controllo, pur costituendo un criterio utile ed adottabile in via principale, non può tuttavia considerarsi necessariamente esaustivo per il riscontro del carattere della diversità delle attività separabili ai sensi dello stesso art. 36, comma 3”.
Quest’ultima circolare precisa altresì che l’uniformità negli elementi essenziali delle predette attività, unitamente alla sussistenza di criteri oggettivi volti a distinguere gli acquisti afferenti alle diverse attività, è condizione sufficiente per ritenere sussistenti attività effettivamente distinte e obiettivamente autonome, ancorché svolte nell’ambito della stessa impresa.
Secondo la circolare n. 19/E/2018 è, ad esempio, possibile optare per la separazione ai sensi dell’articolo 36, comma 3, D.P.R. 633/1972, “nel caso in cui un soggetto passivo ponga in essere, in via sistematica e non occasionale, sia operazioni imponibili sia operazioni esenti (inquadrabili nell’ambito di un medesimo Codice di classificazione Ateco), e si riscontri la presenza strutturale di acquisti di beni e servizi specificamente riferibili alle diverse tipologie di operazioni attive (rispettivamente, imponibili ed esenti) poste in essere, nonché vi sia, rispetto ai beni ammortizzabili ed ai servizi utilizzati promiscuamente, la possibilità di determinare, sempre con criteri oggettivi, l’effettiva quota di utilizzo nell’ambito delle diverse tipologie di operazioni”.
Tale scelta – precisa ancora la medesima circolare – è in linea con i Principi che ispirano la Direttiva Iva, così come enunciati anche dalla Corte di Giustizia, che ha ritenuto conforme all’ordinamento dell’Unione Europea il meccanismo di detrazione previsto dall’ordinamento nazionale (che prevede l’applicazione generalizzata della regola del pro-rata), in quanto viene offerta agli operatori economici la possibilità di optare, ai sensi dell’articolo 36, comma 3, D.P.R. 633/1972 per la separazione delle attività, consentendo in tal modo un più preciso esercizio del diritto alla detrazione, anziché soggiacere alle limitazioni di tale diritto conseguenti all’applicazione del criterio forfetario del pro-rata (sentenza 14 dicembre 2016, causa n. C-378/15).
In senso conforme si richiama infine la recente risposta a interpello n. 29/E/2022 nell’ambito della quale – trattando il caso di separazione attività per un consorzio in riferimento all’attività di “servizi di supporto alle imprese” consorziate, osserva che, “… pur dovendosi riscontrare sotto il profilo materiale l’identità dell’attività svolta dall’Istante a favore dei Consorziati, è possibile rilevare che il flusso delle operazioni attive del Consorzio è composto sia da operazioni imponibili, sia da operazioni esenti a seconda delle caratteristiche soggettive dei Consorziati. …. Per quanto chiarito dunque dalla circolare n. 19/E del 2018 e dai successivi atti di prassi, si ritiene che l’Istante possa esercitare l’opzione per l’applicazione separata dell’IVA, di cui all’articolo 36, comma 3, del Decreto IVA”.
In considerazione delle caratteristiche operative della descritta società, è possibile applicare le attività separate IVA ex articolo 36, comma 3, D.P.R. 633/1972?