Servizi accessori soggetti al regime Iva dell’operazione principale
di Marco PeiroloLa Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 17836 del 06.07.2018, ha affermato che il contratto con il quale un soggetto italiano (nella specie, una società operante nel ramo informatico) si impegna, a fronte della pattuizione di un compenso unitariamente determinato, a commercializzare i prodotti di un altro soggetto appartenente alla UE offrendo, altresì, una serie di altri servizi, tecnici e amministrativi, costituenti il mezzo per una migliore fruizione dei prodotti commercializzati, va considerato, ai fini dell’applicazione dell’imposta, come un’unica operazione economica, sicché non è possibile scindere i servizi di intermediazione propriamente detti dagli altri servizi offerti, da ritenersi accessori ai primi e, quindi, soggetti al medesimo regime impositivo.
Ne consegue che, se i servizi di intermediazione resi al committente di altro Stato membro sono non imponibili ai sensi dell’articolo 40, comma 8, D.L. 331/1993, nel testo applicabile ratione temporis, lo stesso trattamento si applica anche ai servizi accessori.
Per comprendere il principio di diritto appena enunciato, occorre rammentare che, in base al consolidato orientamento della Corte di giustizia (si veda, da ultimo, la causa C-463/16 del 18.01.2018), quando un’operazione è costituita da più prestazioni, si devono prendere in considerazione tutte le circostanze che la caratterizzano in modo da stabilire se la stessa debba considerarsi unica o se, al contrario, assumano una rilevanza impositiva autonoma le singole prestazioni che la compongono.
Di regola, ciascuna prestazione va considerata come autonoma e indipendente, ma l’operazione che sotto il profilo economico è unica, pur essendo composta da più prestazioni, non deve essere artificialmente divisa per non alterare la funzionalità del sistema dell’Iva.
Per costante giurisprudenza, una prestazione si considera unica al ricorrere di due ipotesi alternative, ossia:
- quando due o più elementi forniti dal cedente/prestatore sono così strettamente collegati da formare, oggettivamente, un’unica prestazione economica indissociabile la cui scomposizione avrebbe carattere artificiale;
- quando una o più prestazioni costituiscono la prestazione principale, mentre l’altra o le altre prestazioni costituiscono una prestazione accessoria o più prestazioni accessorie cui si applica la stessa disciplina Iva della prestazione principale. In particolare, una prestazione si considera accessoria quando non costituisce per la clientela un fine a sé stante, bensì il mezzo per fruire al meglio del servizio principale fornito dal cedente/prestatore.
Nel caso di specie, l’intermediario italiano ha curato la promozione e la vendita nel territorio nazionale dei prodotti, hardware e software, del committente di altro Stato membro, prestando a tal fine anche alcuni servizi di natura amministrativa e tecnica, a fronte di un corrispettivo unitario, pari al totale dei costi, incrementati da un “mark-up”.
Per stabilire se ai servizi amministrativi e tecnici sia applicabile il medesimo regime impositivo previsto per l’attività di intermediazione, la Suprema Corte ha preso in considerazione la volontà delle parti risultante dal contratto, il cui scopo principale è quello di procedere alla commercializzazione dei prodotti del committente, atteso che tutti gli altri servizi offerti dall’intermediario sono diretti al raggiungimento di tale finalità: il committente, infatti, vende hardware e software, per cui è necessario, per rendere appetibile il prodotto commercializzato, offrire servizi di consulenza sull’utilizzo dei prodotti, di formazione del personale, di finanziamento per l’acquisto, di garanzia e di manutenzione, tutti diretti ad una migliore commercializzazione dei beni offerti alla clientela.
I servizi amministrativi e tecnici ben possono, dunque, rientrare nel concetto di servizi accessori, unico essendo l’obiettivo economico che si sono prefissati i contraenti ed unico essendo anche l’interesse degli acquirenti dei prodotti hardware e software, che, secondo l’id quod plerumque accidit, non procedono all’acquisto di tali beni se non sono corredati da tutta una serie di servizi accessori, quali quelli offerti dalla società in questione.
La circostanza che il contratto abbia, nelle intenzioni dei contraenti, un’unica finalità è comprovata anche dalla pattuizione di un corrispettivo unitario, non già differenziato per i singoli servizi offerti, come sarebbe stato logico prevedere nel caso in cui l’intermediario si fosse impegnato a rendere prestazioni ontologicamente diverse (sul punto, è comunque il caso di ricordare che, con la sentenza di cui alla citata causa C-463/16, la Corte UE ha affermato che l’operazione può essere definita come economicamente unica, in dipendenza del nesso di accessorietà che lega l’operazione secondaria a quella principale, anche se le parti hanno valorizzato distintamente i singoli elementi che compongono l’operazione).
Per le considerazioni esposte, l’ordinanza n. 17836/2018 ha, pertanto, affermato che “il contratto con il quale un soggetto italiano (nella specie, una società operante nel ramo informatico) si impegna, a fronte della pattuizione di un compenso unitariamente determinato, a commercializzare i prodotti di un altro soggetto appartenente alla UE offrendo, altresì, una serie di altri servizi, tecnici e amministrativi, costituenti il mezzo per una migliore fruizione dei prodotti commercializzati, va considerato, ai fini dell’applicazione dell’imposta, quale un’unica operazione economica, sicché non è possibile scindere i servizi di intermediazione propriamente detti dagli altri servizi offerti, da ritenersi accessori ai primi”.
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