Servizi infragruppo deducibili anche se le descrizioni in fattura sono generiche
di Fabio Landuzzi
La Corte di Cassazione nella sentenza n. 8847 del 16 aprile 2014 affronta una volta ancora il complesso e dibattuto tema della deduzione fiscale dei costi addebitati a società italiane a fronte della loro partecipazione ad accordi che prevedono la prestazione di una serie di variegati servizi di consulenza e di assistenza tecnica da parte di altre imprese appartenenti allo stesso gruppo. Nel caso specifico, lo fa trattando una fattispecie regolata da un contratto di ripartizione di costi per servizi centralizzati comunemente noto con il nome di “cost sharing agreement”.
Una caratteristica molto comune dei gruppi societari è la presenza di imprese che fungono da veri e propri centri di servizio per le altre consociate; si tratta di strutture dotate di risorse e di personale qualificato che prestano servizi a favore delle altre società appartenenti al medesimo gruppo e ubicate nei singoli paesi. Nella struttura contrattuale del cost sharing, le imprese chiamate a fungere da centri di servizio sostengono tutti i costi relativi all’acquisto ed all’impiego delle risorse dirette a prestare i servizi a favore delle singole società del gruppo, e addebitano tali costi, normalmente aumentati da una piccola percentuale di ricarico, alle singole imprese sulla base di alcune identificate chiavi di ripartizione; tra le chiavi più frequentemente utilizzate vi sono il numero di dipendenti e l’ammontare dei ricavi. L’impiego di criteri proporzionali di ripartizione di costi comuni è stato peraltro avallato da diverse fonti (ad es.: Risoluzione n. 9/2555 del 31/1/1981; Cassazione n. 10062 del 1/8/2000).
Nel caso in esame, l’Amministrazione aveva contestato – ai fini delle imposte dirette e dell’Iva – l’irregolarità degli addebiti in quanto la documentazione prodotta, in primo luogo riguardo alla descrizione riportata nelle fatture, sarebbe stata troppo generica ed i corrispettivi non risultavano dettagliati per i singoli servizi. La Cassazione, confermando la sentenza di annullamento dell’accertamento emessa dalla CTR del Piemonte, riconosce in sostanza che:
- Il contratto di consulenza non ha carattere elusivo, anche tenuto conto della sua contestualizzazione e delle esigenze organizzative della società italiana che fruisce dei servizi previsti nel contratto, che ne determinano l’inserimento logico in una precisa strategia aziendale;
- Il tipo di operazione è compatibile con l’ordinamento italiano, tanto da avere avuto anche precedenti avalli da parte dell’Amministrazione Finanziaria;
- Il corrispettivo determinato dalle parti non ha connotazioni elusive, ed il fatto che sia stato stabilito in funzione dell’incidenza percentuale dei ricavi annuali non è di per sé un fattore affatto negativo, anche tenendo conto che la varietà e molteplicità delle prestazioni avrebbe di fatto reso oltremodo difficile una analitica determinazione del corrispettivo;
- Un’analitica documentazione dei costi connessi a questa operazione ed una descrizione altrettanto analitica delle prestazioni rese, sarebbero state inutili o forse addirittura impossibili, considerando ancora una volta la complessità e la molteplicità dei servizi previsti, ed anche che la loro remunerazione era stata determinata dalle parti in misura forfetaria secondo i criteri predetti.