24 Aprile 2018

Servizi resi per via elettronica: individuazione e territorialità

di Alessandro Bonuzzi
Scarica in PDF

In questi ultimi anni sono sempre di più le imprese o i professionisti che intraprendono un’attività strettamente collegata alla rete internet. In effetti, lavorare on line non richiede ingenti investimenti iniziali e questo è sicuramente un fattore fondamentale in un mercato sempre più competitivo e incerto, nonché in una società, come la nostra, in cui le risorse scarseggiano. Gestire un portale web, lavorare con le mailing list, sviluppare app o software, gestire apparecchiature informatiche, sono tutte attività che si potrebbero definire a “costo zero”, fatta salva la fatica del proprio lavoro.

Se da un lato la rete offre innumerevoli opportunità all’imprenditore/professionista, dall’altro complica, e non poco, la vita del suo consulente. Spesso, infatti, è difficoltoso già solo inquadrare l’attività on line in uno dei codici attività Ateco. La gestione del cliente poi si complica quando si passano ad analizzare i relativi profili fiscali e contributivi.

Tra gli aspetti più critici vi è senz’altro quello dell’Iva, soprattutto nei casi in cui con l’attività vengono forniti servizi per via elettronica (cd. e-commerce diretto). Rientrano in tale categoria, “i servizi forniti attraverso Internet o una rete elettronica, la cui natura rende la prestazione essenzialmente automatizzata, corredata di un intervento umano minimo e impossibile da garantire in assenza della tecnologia dell’informazione” (circolare AdE 22/E/2016). Sicché, ad esempio, costituisce un’attività resa tramite mezzi elettronici la gestione da parte di un’impresa di un portale web che consente all’utente che vi accede di acquistare, attraverso un sistema automatizzato, un servizio fornito da un terzo soggetto. In tale ipotesi il servizio digitale fornito dal portale consiste nel mettere in contatto la domanda (ossia l’utente) con il prestatore terzo.

Una delle particolarità Iva dei servizi forniti per via elettronica riguarda la determinazione del paese in cui è dovuta l’imposta: il criterio che guida la territorialità Iva è in ogni caso il luogo di stabilimento del committente.

In particolare, in deroga alla regola generale, l’imposta è dovuta nel paese del cliente anche quando egli sia un consumatore privato, ossia nei rapporti B2C. In tali casi, il servizio si considera effettuato in Italia “quando il committente è domiciliato nel territorio dello Stato o ivi residente senza domicilio all’estero” (ex articolo 7-sexies, comma 1, lettera f), D.P.R. 633/1972).

Ecco spiegata allora la ragione per la quale è fondamentale capire quando i servizi sono resi tramite mezzi elettronici nonché il luogo di stabilimento del committente.

L’articolo 24 del Regolamento n. 282/2011, per individuare il paese in cui è dovuta l’Iva nei rapporti B2C, detta i seguenti criteri di localizzazione:

  • nel caso di committente ente non soggetto passivo, deve darsi priorità al luogo in cui sono svolte le funzioni della sua amministrazione centrale, salvo che sia provato che l’effettiva utilizzazione del servizio avvenga nel luogo di un’altra sede di attività;
  • nel caso di committente persona fisica, è data priorità al luogo in cui tale persona ha la sua residenza abituale, a meno che sia provato che l’utilizzazione del servizio avviene presso il suo indirizzo permanente.

Tuttavia, spesso questi criteri sono praticamente impossibili da determinare o comunque non si possono determinare con certezza. Pertanto, proprio per agevolare gli operatori nella localizzazione del committente, sono state introdotte nell’articolo 24-ter del Regolamento n. 282 una serie di presunzioni legali. Quella che può tornare maggiormente utile ha carattere residuale e presume che “il destinatario sia stabilito, abbia il suo indirizzo permanente o la sua residenza abituale nel luogo identificato come tale dal prestatore, sulla base di due elementi di prova, non contraddittori tra loro, individuati tra” i seguenti:

  1. l’indirizzo di fatturazione del destinatario;
  2. l’indirizzo di protocollo Internet (IP) del dispositivo utilizzato dal destinatario o qualsiasi metodo di geolocalizzazione;
  3. le coordinate bancarie, come l’ubicazione del conto bancario utilizzato per il pagamento o l’indirizzo di fatturazione del destinatario in possesso di tale banca;
  4. il prefisso del paese (Mobile Country Code – MCC) dell’identità utente mobile internazionale (International Mobile Subscriber Identity – IMSI) integrato nella carta SIM (Subscriber Identity Module) utilizzata dal destinatario;
  5. l’ubicazione della linea terrestre fissa del destinatario attraverso la quale il servizio è prestato a quest’ultimo;
  6. altre informazioni commerciali

Infine, si ricordano due importanti semplificazioni.

La prima è l’iscrizione al MOSS che offre la possibilità, a tutti i soggetti che effettuano prestazioni nei confronti di committenti non soggetti passivi domiciliati i diversi paesi dell’Ue, di identificarsi in un unico Stato membro invece che in ciascuno dei paesi in cui opera, al fine di adempiere agli obblighi connessi all’assolvimento dell’Iva.

La seconda riguarda la fatturazione. È, infatti, previsto il completo esonero dall’obbligo di certificazione dei corrispettivi percepiti a fronte della prestazione di servizi resi per via elettronica a committenti non soggetti passivi di imposta.

Per approfondire questioni attinenti all’articolo vi raccomandiamo il seguente corso:

La fiscalità nell’e-commerce