12 Aprile 2017

Sì al “vinometro” ma solo con metodologia attendibile

di Angelo Ginex
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L’Agenzia delle Entrate può validamente utilizzare il criterio del consumo di vino per ricostruire indirettamente, con accertamento analitico-induttivo, i ricavi conseguiti da un ristoratore, purché adotti, a pena di inutilizzabilità dei dati risultanti, una metodologia non confliggente con le possibilità teoriche di consumo di vino e di servizio dell’esercizio commerciale. È questo l’interessante principio sancito dalla Corte di Cassazione, con sentenza del 18 gennaio 2017, n. 1103.

La vicenda trae origine dalla notifica ad un esercente l’attività di ristorazione di un avviso di accertamento ex articolo 39, comma 1, lettera d), D.P.R. 600/1973, con cui l’Agenzia delle Entrate accertava un maggior reddito, ai fini Irpef, Irap ed Iva, con riferimento ai numeri dei coperti praticati in un anno sulla base del consumo di vino pari a 33 cl pro capite, come stabilito da una propria nota metodologica.

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