Sì alla cedolare secca con canone locatizio variabile in base al fatturato
di Angelo GinexLa previsione contrattuale che fa dipendere la quota variabile del canone di locazione dal fatturato del conduttore non costituisce un’ipotesi di aggiornamento ma una mera modalità di determinazione dello stesso, con la conseguenza che essa non è di ostacolo all’assoggettamento del contratto stesso al regime della cedolare secca. È questo il chiarimento offerto dall’Agenzia delle Entrate con la risposta all’interpello n. 340 del 23 agosto 2019.
Nel caso di specie, la contribuente istante rappresentava di avere intenzione di acquistare un negozio (iscritto in catasto con categoria C/1 e con superficie inferiore a 600 mq), che avrebbe successivamente locato alla società Beta con un contratto di locazione per immobile commerciale della durata di anni 6+6, prevedendo un canone di locazione costituito da due componenti:
- una quota fissa annuale pari ad euro 59.000,00;
- una quota variabile pari al 3,4% dei ricavi del punto vendita della società conduttrice, per la sola parte dei ricavi annuali superiori ad euro 1.000.000.
La contribuente istante rappresentava di voler assoggettare il suddetto contratto di locazione al regime della cedolare secca di cui all’articolo 3 D.Lgs. 23/2011, esteso alle locazioni commerciali a determinate condizioni dall’articolo 1, comma 59, L. 145/2018, con decorrenza dal 1° gennaio 2019.
Tuttavia, considerato che il comma 11 del citato articolo 3 stabilisce che durante il periodo corrispondente alla durata dell’opzione per la cedolare secca è sospesa “la facoltà di chiedere l’aggiornamento del canone, anche se prevista dal contratto a qualsiasi titolo, inclusa la variazione accertata dall’Istat”, chiedeva di conoscere se la previsione contrattuale sub 2) che fa dipendere la quota variabile del canone di locazione dal fatturato del conduttore, potesse essere di ostacolo all’assoggettamento del contratto stesso al regime della cedolare secca.
Secondo la contribuente, pur essendo il canone annuo variabile per effetto della quota percentuale sui ricavi del conduttore, di fatto non verrà richiesto, dopo la stipula del contratto stesso, alcun aggiornamento del canone, che rimarrà esattamente quello pattuito, seppure variabile negli anni.
Di conseguenza, essa ritiene applicabile il regime della cedolare secca al contratto in oggetto, pur in presenza di un canone variabile, perché detta variabilità non è conseguente ad una successiva richiesta di aggiornamento, ma è frutto dell’applicazione di clausole contrattuali liberamente concordate dalle parti, fin dalla stipula del contratto e ritenute eque per contemperare i diversi interessi dei contraenti.
Ebbene, l’Agenzia delle entrate ha rilevato, innanzitutto, che la facoltà di chiedere l’aggiornamento del canone locatizio a qualsiasi titolo trova la sua fonte normativa nell’articolo 32 L. 392/1978 e che tale disposizione, in effetti, non incide sul principio di libera determinazione del canone di locazione delle parti contraenti.
Conseguentemente, appare evidente la differenza tra l’aggiornamento del canone di locazione per eventuali variazioni del potere d’acquisto della moneta, di cui al citato articolo 32, e la pattuizione di una quota del canone di locazione in forma variabile (che nel caso di specie è posta in relazione alla parte di ricavi che supera euro 1.000.000).
Quanto, poi, al principio della libera determinazione del canone di locazione per gli immobili adibiti ad uso diverso dall’abitazione, l’Agenzia delle entrate ha rilevato che la Corte di Cassazione, con sentenza n. 5849/2015, ha affermato che: “le parti, nel momento in cui costituiscono il rapporto di locazione commerciale, sono lasciate libere di determinare il contenuto del contratto che meglio riproduca il loro concreto assetto di interessi, dando spazio anche alla possibilità che il canone non sia uniformemente determinato per tutti gli anni di durata del rapporto, potendo essere tali eventuali variazioni predeterminate causalmente giustificate dal contesto delle pattuizioni o comunque dalle circostanze del caso concreto prese in considerazione dalle parti stesse”.
Ne consegue che la possibilità di determinare il canone di locazione in ragione del fatturato del conduttore rientra nella libertà accordata alle parti di determinare il contenuto del contratto e non integra una determinazione privatistica della misura di indicizzazione, né un aggiornamento del canone ai sensi dell’articolo 3, comma 11, D.Lgs. 23/2011.
In definitiva, quindi, è possibile fruire della cedolare secca anche in caso di canone di locazione variabile in base al fatturato del conduttore.