Sì all’agevolazione “prima casa” se il ritardo è imputabile al Comune
di Angelo GinexLa Corte di Cassazione, con ordinanza n. 4843, depositata ieri 15 febbraio, è tornata a pronunciarsi in tema di benefici fiscali per l’acquisto della cd. prima casa, chiarendo cosa accade nel caso in cui il contribuente, al momento dell’acquisto, non abbia ancora ottenuto il trasferimento della residenza.
Come noto, l’agevolazione per l’acquisto della “prima casa” consente di pagare imposte ridotte sull’atto di acquisto di un’abitazione in presenza di determinate condizioni.
In particolare, chi acquista da un privato (o da un’azienda che vende in esenzione Iva) deve versare un’imposta di registro del 2 per cento, anziché del 9 per cento, sul valore catastale dell’immobile, mentre le imposte ipotecaria e catastale si versano ognuna nella misura fissa di 50 euro. Se, invece, il venditore è un’impresa con vendita soggetta a Iva, l’acquirente dovrà versare l’imposta sul valore aggiunto, calcolata sul prezzo della cessione, pari al 4 per cento anziché al 10 per cento. In questo caso, le imposte di registro, ipotecaria e catastale si pagano nella misura fissa di 200 euro ciascuna.
La fattispecie affrontata con la pronuncia sopra indicata, trae origine dalla notifica ai contribuenti di un avviso di liquidazione delle maggiori imposte di registro, ipotecaria e catastale per (asserita) mancata osservanza dei requisiti necessari a godere dei benefici fiscali per l’acquisto della cd. prima casa.
Tale atto impositivo veniva impugnato dinanzi alla competente commissione tributaria, la quale, in accoglimento del ricorso proposto dai contribuenti, riteneva dovuta l’agevolazione per l’acquisto della c.d. prima casa, in quanto i contribuenti, anche se al momento dell’acquisto dell’immobile non avevano ancora ottenuto il trasferimento della residenza, ne avevano comunque fatto formale richiesta al Comune di Roma.
Seguiva ricorso in appello da parte dell’Agenzia delle Entrate dinanzi alla Commissione tributaria regionale del Lazio, la quale riformava la pronuncia gravata ritenendo che i contribuenti, sebbene avessero dimostrato di avere inoltrato formale richiesta al Comune, non avessero poi dato la prova della realizzazione dell’impegno a trasferire la propria residenza in Roma, che è in ogni caso elemento costitutivo per la spettanza del beneficio.
Pertanto, i contribuenti proponevano ricorso per cassazione denunciando la violazione dell’articolo 18, comma 2, D.P.R. 223/1989 (nella formulazione al tempo vigente) e la conseguente violazione dell’articolo 1, parte 1, Tariffa allegata al D.P.R. 131/1986, in quanto i giudici di secondo grado avevano errato nel ritenere che i contribuenti non avessero dato la prova della realizzazione dell’impegno a trasferire la propria residenza in Roma.
Ebbene, la Corte di Cassazione ha ritenuto fondata tale doglianza ribadendo che, in tema di benefici fiscali per l’acquisto della cd. prima casa, è consentito il mantenimento dell’agevolazione esclusivamente ove il trasferimento della residenza nel Comune nel quale è ubicato l’immobile non sia tempestivo per causa sopravvenuta di forza maggiore, assumendo rilevanza, a tal fine, i soli impedimenti non imputabili alla parte obbligata, inevitabili e imprevedibili (cfr., Cass. Ord. n. 26328/2018).
Sulla scorta di tale principio, i giudici di legittimità hanno affermato che la CTR del Lazio avrebbe dovuto accertare la eventuale ricorrenza, nella fattispecie da essa esaminata, della denunciata inevitabilità e imprevedibilità del ritardo, dovuto all’inerzia dell’amministrazione pubblica al rilascio delle certificazioni per il conseguimento della residenza, tenendo conto delle prove offerte dal contribuente.
Al riguardo, la Suprema Corte ha già avuto modo di precisare che il compimento dell’attività amministrativa esula dal potere di controllo del contribuente, dovendosi avere riguardo, al fine di stabilire la tempestività del trasferimento della residenza per usufruire dell’agevolazione c.d. prima casa, al contegno posto in essere dalla parte acquirente (cfr., Cass. Ord. n. 912/2016).
Secondo quanto evidenziato dai giudici di vertice, quindi, il ritardo del Comune di Roma nel soddisfare la richiesta avanzata dai contribuenti di trasferimento della residenza nell’immobile oggetto di acquisto, rappresenta certamente una causa sopravvenuta di forza maggiore, come tale ostativa alla decadenza dai benefici fiscali per l’acquisto della cd. prima casa.
Per le ragioni suesposte, la Cassazione ha accolto il ricorso e cassato la sentenza impugnata con rinvio alla CTR del Lazio in diversa composizione per un nuovo esame della fattispecie.