Si applica il registro proporzionale sulle locazioni soggette ad IVA?
di Comitato di redazioneAd una prima valutazione, se un nostro cliente ci dovesse domandare se sia necessario applicare l’imposta di registro proporzionale sui canoni di locazione di fabbricati strumentali, soggetti ad IVA, avremmo (stranamente) una risposta pronta.
L’imposta di registro certamente si applica, nella misura dell’uno per cento, al momento della registrazione del contratto e, successivamente, entro 30 giorni dalla scadenza delle rispettive annualità. Infatti, il principio della alternatività tra IVA e registro proporzionale è di fatto venuto meno a seguito della riforma degli anni 2006/2007.
Tuttavia, bisognerebbe valutare se l’imposta di registro possa assumere “le sembianze” di una imposta sul giro d’affari.
Infatti, in tal caso, potrebbe divenire di attualità l’articolo 401 della Direttiva 112/CE/2006 ove si prevede che, “ferme restando le altre disposizioni comunitarie, le disposizioni della presente direttiva non vietano ad uno Stato membro di mantenere o introdurre imposte sui contratti di assicurazione, imposte sui giochi e sulle scommesse, accise, imposte di registro e qualsiasi imposta, diritto o tassa che non abbia il carattere di imposta sul volume d’affari, sempre che tale imposta, diritto o tassa non dia luogo, negli scambi fra Stati membri, a formalità connesse con il passaggio di una frontiera”.
In sostanza, la Direttiva comunitaria vieterebbe l’introduzione od il mantenimento di imposte (tra cui quella di registro), ma solo alla condizione che siano qualificabili come imposte sul giro d’affari.
Nel caso specifico, l’applicazione di una aliquota al medesimo canone di locazione che già sconta l’IVA sembra proprio ipotizzare la fattispecie che sembra vietata dalla norma.
Di tale opinione era una società che ha proposto istanza di rimborso per l’imposta di registro assolta sulle locazioni ivate; l’Agenzia delle entrate non ha risposto alla richiesta e, per conseguenza si è consolidato il silenzio rifiuto.
Avverso tale diniego implicito, è stato presentato ricorso alla Commissione Tributaria di Milano che si è pronunciata con sentenza n. 6378 depositata in segreteria lo scorso 20.07.2016.
L’Agenzia delle entrate ha costruito la propria difesa sostenendo che si debba fare riferimento all’articolo 5 della Tariffa, parte prima, allegata al D.P.R. 131/1986. Infatti, a seguito delle novità introdotte dal D.L. 223/2006, alle locazioni di immobili strumentali si applica l’imposta di registro in misura pari all’1%, sia in caso di esenzione IVA sia in caso di imponibilità IVA: il cosiddetto principio di alternatività tra IVA ed imposta di registro non è quindi più valido in assoluto, essendo previsto l’assoggettamento ad imposta di registro anche per le locazioni di immobili strumentali imponibili IVA. In sostanza, si tratta di una mera riproposizione delle norme interne, senza curarsi minimamente dell’esistenza del presunto contrasto con la Direttiva.
La Commissione, invece, esaminati gli atti di causa ed analizzati i documenti prodotti, ha dovuto valutare l’esistenza del presunto contrasto della imposizione domestica con quella comunitaria.
A tale riguardo, “la commissione ritiene che la proporzionalità dell’imposta di registro, nella misura dell’1%, sul canone di locazione dei beni strumentali soggetto ad IVA sia in contrasto con la richiamata Direttiva CEE n.2006/112/CE (art. 401), in quanto ha natura di imposta sul giro d’affari”.
Si aggiunge poi, rispondendo ad una esplicita richiesta dell’Agenzia, una precisazione in termini di decadenza: trattandosi di imposta di registro, si legittimano solo le richieste di rimborso relative a versamenti effettuati nei tre anni precedenti l’istanza.
Tenuto conto della particolarità della fattispecie, viene disposta anche l’integrale compensazione tra le parti delle spese dì giudizio.
Preso atto di questa decisione, che probabilmente verrà contrastata dall’Amministrazione finanziaria, bisogna ipotizzare se può essere utile informare la clientela interessata di questo orientamento, al fine di proporre l’istanza di rimborso per le numerose posizioni che ciascun collega ha nel proprio studio.
Qui, erano complessivamente in gioco circa 25.000 euro di imposta di registro, per dire che la vicenda potrebbe essere molto meno interessante ove i tributi siano di dimensione certamente più ridotta.
Si potrebbe ipotizzare di creare una cassa di risonanza che possa determinare il consolidarsi del concetto (con la contestuale eliminazione dell’obbligo di versamento dell’imposta di registro), oppure l’opposta conclusione della legittimità del tributo interno, in modo da “archiviare” anche questa possibilità.
Solo pronunciamenti di gradi successivi potranno fornirci la risposta; certamente apprezzabile, in ogni caso, lo spunto di riflessione per riscontrare come la normativa comunitaria debba sempre essere attentamente valutata, in quanto in grado di fornire delle gradite sorprese (che, ad onor del vero, non sono mancate nemmeno nel passato).
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