Si discute ancora sul raddoppio dei termini
di Luigi FerrajoliCon la sentenza n. 4261 del 18 luglio 2016 la Commissione Tributaria Regionale di Milano ha offerto interessanti chiarimenti in relazione all’operatività dell’istituto del raddoppio dei termini che, com’è noto, è stato dapprima recentemente riformato dal D.Lgs. 128/2015 e definitivamente abrogato con la legge di stabilità 2016 (L. 208/2015).
Il raddoppio dei termini è entrato a far parte del panorama legislativo nel 2006 allorquando il Legislatore, nell’obiettivo di assicurare all’Amministrazione finanziaria un più ampio lasso temporale per la propria attività di controllo, ha disposto l’allungamento dei termini per l’accertamento al ricorrere di determinate condizioni. In particolare, la vecchia formulazione degli articoli 43 D.P.R. n. 600/1973 e 57 D.P.R. n. 633/1972 prevedeva che nel caso in cui, nel corso delle operazioni d’indagine dell’Amministrazione finanziaria, fosse emersa una violazione comportante obbligo di denuncia ex articolo 331 c.p.p. per uno dei reati previsti dal D.Lgs. 74/2000, gli ordinari termini dovevano essere raddoppiati.
La prassi dell’Erario è stata quella di adoperare il raddoppio nella maniera meno garantista, prevedendo una sorta di applicazione “automatica” ogni qual volta si fosse prospettata semplicemente una condotta in grado di far insorgere l’obbligo di denuncia.
Ed è proprio attorno a tale tema che si sono riscontrate le maggiori distonie interpretative.
Sul punto, è intervenuta anche la Corte Costituzionale che, con la storica sentenza n. 247 del 25 luglio 2011, ha dichiarato infondata la questione di legittimità costituzionale statuendo che il raddoppio dei termini prescindeva dall’effettiva presentazione della denuncia o dall’inizio dell’azione penale, ma conseguiva ad un mero riscontro dei fatti comportanti l’obbligo di denuncia penale.
A porre rimedio ai contrasti giurisprudenziali sorti sul punto, è intervenuto il D.Lgs. 128/2015 il quale ha statuito che il raddoppio dei termini deve essere applicato solo in presenza di effettiva presentazione della denuncia penale entro il termine previsto per la scadenza ordinaria dell’accertamento.
Il comma 3 dell’articolo 2 del D.Lgs. 128/2015 ha altresì previsto un regime transitorio il quale prevedeva che “sono comunque fatti salvi gli effetti degli avvisi di accertamento, dei provvedimenti che irrogano le sanzioni amministrative tributarie e degli altri atti impugnabili con i quali l’Agenzia delle entrate fa valere una pretesa impositiva o sanzionatoria, notificati alla data della entrata in vigore” dello stesso decreto e “dei processi verbali di constatazione… dei quali il contribuente abbia avuto formale conoscenza entro la stessa data, sempre che i relativi atti recanti la pretesa impositiva o sanzionatoria siano notificati entro il 31 dicembre 2015”.
Come già è stato anticipato, la legge di stabilità 2016 ha cancellato il meccanismo del raddoppio dei termini ed ha contestualmente previsto nuovi termini di decadenza applicabili a partire dal periodo d’imposta in corso alla data del 31 dicembre 2016.
Per quanto riguarda le violazioni relative a periodi d’imposta precedenti è stato specificatamente previsto che gli atti impositivi debbano essere notificati a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione o, in caso di dichiarazione nulla, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata, ma che tuttavia “in caso di violazione che comporta obbligo di denuncia ai sensi dell’articolo 331 del codice di procedura penale per alcuno dei reati previsti dal decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, i termini di cui al periodo precedente sono raddoppiati relativamente al periodo d’imposta in cui è stata commessa la violazione; il raddoppio non opera qualora la denuncia da parte dell’Amministrazione finanziaria, in cui è ricompresa la Guardia di finanza, sia presentata o trasmessa oltre la scadenza ordinaria dei termini di cui al primo periodo”.
La nuova disposizione, non operando alcun rinvio alla precedente normativa, ha indotto la CTR di Milano a ritenere che “per effetto della novella da ultima intervenuta, così come recata dalla Legge n. 208/2015, non possa che ritenersi implicitamente abrogato il terzo comma dell’articolo 2 del D.Lgs. 128 del 2015, entrato in vigore il 2 settembre 2015, che faceva salvi gli avvisi notificati alla data di entrata in vigore del presente decreto”. Dal tenore letterale della norma, emerge infatti con estrema chiarezza che il Legislatore, con specifico riferimento ai periodi d’imposta antecedenti a quello in corso al 31 dicembre 2016, non ha inteso operare alcun richiamo alle disposizioni, delineando in tal modo una mirata disciplina che sostituisce le precedenti disposizioni di cui al citato D.Lgs. 128/2015.
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