10 Dicembre 2015

Sindaci e controllo di gestione

di Luca Dal Prato
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Chiudiamo con questo articolo – dopo i primi tre articoli (1. Sindaci e controllo di gestione interno, 2. Sindaci e Controllo di gestione interno, 3. Collegio sindacale e controllo di gestione a supporto del budget) – il commento a una serie di attività svolte dal controllo di gestione utili al collegio sindacale nell’ambito delle sue funzioni di controllo di legalità.

Il controllo di gestione di tipo finanziario, al pari di quello economico, consiste nell’assegnazione di responsabilità nella gestione del capitale. Il responsabile di un centro di profitto ha il compito di realizzare la migliore combinazione tra ricavi e costi attraverso la leva del capitale circolante (crediti, debiti e scorte) che governa la fase corrente di acquisto, trasformazione e vendita. Laddove invece un operatore aziendale (i.e. manager divisionale) concorra alle decisioni di struttura gestendo anche il capitale fisso si parla di responsabilità di centro di investimento.

Per esprimere una valutazione sul lavoro svolto è possibile confrontare gli obiettivi economici e finanziari assegnati con i dati consuntivi. Per far ciò, un primo metodo è quello di integrare il risultato economico lordo (reddito operativo) della divisione con gli interessi passivi da sostenere o effettivamente sostenuti. Diversamente, è possibile ripartire il capitale investito tra le varie divisioni e, rapportandolo al risultato economico della divisione, determinare il tasso di redditività del capitale investito specifico per la divisione detto anche Return On Investment (c.d. ROI).

La politica del credito deve invece essere condivisa ai piani alti dal responsabile commerciale e finanziario, che dovranno definire il livello di credito concedibile, i limiti di fido e le metodologie di riscossione. Questa politica, che è definita in sede di budgeting, discende lungo la linea operativa fino ad arrivare al centro o ai centri di ricavo che sono tenuti a eseguirla.

Il controllo di gestione deve rivolgere la propria attenzione non solo al budget ma anche al piano aziendale, orientato più sulle scelte che sugli strumenti. Il piano è infatti la risultante di un processo che, partendo da una chiara valutazione dei punti di forza e di debolezza e tenendo conto delle caratteristiche attuali e prospettiche dell’ambiente, stabilisce gli obiettivi a valere per un certo periodo e sceglie le alternative più soddisfacenti per realizzarli indicando le risorse necessarie per portarle a compimento.

Il legame tra piano e budget comporta un arricchimento dei dati economico finanziari: il budget si collega al piano – sia in termini di contenuto sia di timing – indicando in dettaglio i modi di reperimento delle risorse attuandone una riallocazione tra le diverse aree funzionale o divisionali. È quindi naturale che il ciclo del piano preceda quello di budget in quanto il primo è il punto di riferimento del secondo e non viceversa. Non ha infatti significato acquisire ed allocare risorse senza averne dapprima tracciata la via o verificato che le direttive formulate siano ancora valide. In altre parole, il budget esprime gli obiettivi del piano in termini economico-finanziari ma non costituisce l’unico driver della pianificazione, poiché questa è orientata più sulle scelte che sugli strumenti: in altre parole, il budget è la base per valutare il grado di conseguimento della strategia.

In conclusione, il sindaco che si approccia al controllo di legalità di una società dotata di un controllo di gestione interno deve sapere che questa attività non è fondata su un sistema di riduzione dei costi ma sulla creazione di un modello non obbligatorio, basato sui punti di forza della società, che parte dalla definizione numerica degli obiettivi aziendali circoscrivendone l’emotività e razionalizzandone le decisioni.

Nel controllo di gestione il concetto di ricavo non è contenuto solo nelle vendite ma in ogni singolo processo e ogni singolo centro di costo mappato. Il controllo di gestione non è quindi costruito sulla contabilità generale, la cui finalità serve per la redazione del bilancio, ma su una contabilità analitica che non “sporchi” il piano dei conti.

Il controllo di gestione si fonda infatti sul processo di delega e mappatura dei processi, per individuare i colli di bottiglia, e non sul controllo dei dipendenti. Per questi motivi non va confuso né con l’organigramma aziendale né con il manuale della qualità, che non contiene processi.

In sintesi, il controllo di gestione costituisce un grande valore aggiunto per il collegio sindacale in quanto attraverso colloqui con i controller sarà possibile abbracciare valutazioni su entrambe le dimensioni economico-finanziaria (feedback operativo) e strategica (feedback strategico) dell’azienda.

 

Sindaci e controllo di gestione interno