Situazione patrimoniale di fusione e scissione: esenzione ampia
di Fabio LanduzziIl Consiglio Notarile di Milano ha pubblicato la Massima n. 180/2019 in materia di esonero degli amministratori dalla redazione della situazione patrimoniale aggiornata (di cui all’articolo 2501-quater cod. civ.) in tutti i casi di fusioni e di scissioni riconducibili indirettamente alla fattispecie, normata dall’articolo 2505 cod. civ. (il quale tratta della incorporazione di società interamente possedute).
È, infatti, noto che, ai sensi dell’articolo 2501-quater cod. civ. gli amministratori delle società partecipanti ad una fusione (ed in modo speculare ad una scissione) sono obbligati a predisporre una situazione patrimoniale aggiornata ove il bilancio d’esercizio sia riferito ad una data anteriore ai 6 mesi dal giorno del deposito del progetto di fusione (o scissione) presso la sede sociale.
La situazione patrimoniale può essere omessa ove consti il consento unanime di tutti i soci ed i portatori di strumenti finanziari con diritto di voto (ex articoli 2501-quater, comma 3 e 2506-ter, comma 4, cod. civ.).
Vi sono però altri casi in cui il Legislatore ha consentito agli amministratori, anche in assenza del consenso integrale dei soci e degli aventi diritto di voto, di essere sollevati da tale obbligo; si tratta rispettivamente:
- del caso regolato dall’articolo 2505-bis civ., che riguarda l’incorporazione di una o più società in un’altra la quale possiede almeno il 90% delle partecipazioni, a condizione che alla minoranza della incorporata sia concesso di cedere le proprie partecipazioni ad un valore determinato secondo i criteri del recesso;
- del caso regolato dall’articolo 2506-ter, comma 3, cod. civ., in cui si ha una scissione a favore di una o più beneficiarie di nuova costituzione e assegnazione proporzionale delle partecipazioni.
Il Notariato di Milano, nella recente Massima n. 180/2019, ha ritenuto che analoga semplificazione, e perciò l’esonero degli amministratori dalla redazione della situazione patrimoniale aggiornata di fusione o scissione, possa valere – anche in assenza di un espresso disposto normativo – in tutte le circostanze anche indirettamente riconducibili alla fattispecie di cui all’articolo 2505 cod. civ. e quindi:
- nel caso di incorporazione di società interamente controllata;
- nel caso di scissione a favore di beneficiaria già esistente ma la cui partecipazione al capitale è riconducibile agli stessi soci e con le stesse proporzioni della scissa;
- nel caso di fusione per incorporazione di società partecipate nelle stesse proporzioni dagli stessi soci della incorporante.
Questa applicazione estensiva della semplificazione offerta dall’ordinamento risulta essere, a giudizio del Notariato milanese, perfettamente coerente con la ratio della norma stessa, a partire dalla considerazione che la situazione patrimoniale di fusione non è, come noto, un documento destinato a fungere da strumento di tutela dei terzi o dei creditori sociali, bensì assume la funzione di strumento informativo ad uso dei soci e degli aventi diritto al voto, tanto che può essere da essi rinunciato.
Perciò, quando gli stessi soci partecipano nelle stesse proporzioni in tutte le società che prendono parte dalla fusione o alla scissione, come nelle circostanze sopra esemplificate, non pare esservi ragione per negare agli amministratori l’accesso a questa esenzione, senza necessitare del preventivo espresso consenso dei soci stessi.
Infatti, in tutte queste situazioni, l’operazione straordinaria di fusione o scissione non determina alcuna modifica nei valori delle partecipazioni dei soci, non essendovi alcun concambio e perciò producendosi solo una diversa forma organizzativa delle imprese dai medesimi partecipate.
Perciò, se la situazione patrimoniale di fusione può essere omessa dagli amministratori addirittura quando nella società incorporata vi è la presenza di una minoranza (non superiore al 10%), concedendo ad essa il diritto di cedere le rispettive partecipazioni ad un prezzo determinato in base al recesso, non si vede per quale ragione la stessa semplificazione possa essere negata in situazioni ben più lineari, dovendo perciò cogliere nel mancato previsione normativa solo un mero difetto di coordinamento, e non una volontà restrittiva del Legislatore.