Società di persone e sottozero
di Giovanni ValcarenghiNell’ultima giornata del Master Breve ci stiamo confrontando con i colleghi sui temi dei dichiarativi; tra gli altri argomenti sta riscuotendo ancora interesse la modalità di tassazione delle assegnazioni in capo ai soci beneficiari dell’operazione.
La circolare AdE 37/E/2016 aveva confermato che, nelle società di persone, l’attribuzione di beni ai soci può determinare l’evidenza di un sottozero ogni volta in cui quanto ricevuto (tipicamente immobili) abbia un valore maggiore rispetto al costo fiscale della partecipazione.
Normalmente, non si determinano problemi; tuttavia, ci sono almeno due situazioni che fanno emergere dubbi di natura interpretativa.
Innanzitutto va ricordato che la base imponibile dell’imposta sostitutiva utilizzata dalla società per il versamento del tributo dell’otto o dieci e mezzo per cento incrementa il costo fiscale della partecipazione dei soci. Questo in quanto, diversamente, si determinerebbe un fenomeno di doppia imposizione, per il semplice fatto che l’ente collettivo trasparente non è soggetto autonomo di imposta e, per conseguenza, quanto dallo stesso pagato si “finge” pagato direttamente dal socio. Quindi, è come se si fosse attribuito un reddito per trasparenza che, secondo le norme del Tuir, determina un incremento del costo fiscale della partecipazione.
Anche il versamento della ulteriore imposta sostitutiva del 13%, dovuto in caso di utilizzo di riserve in sospensione (ove non ve ne siano altre da utilizzare prioritariamente), determina un incremento del costo fiscale della partecipazione, con la conseguenza che il tributo azzera la fiscalità sulla società e sul socio.
Ciò però non accade ove la riserva in sospensione sia stata iscritta a seguito di una rivalutazione dei beni di impresa, posta in essere in annualità passate, con riconoscimento fiscale; in tale caso, infatti, la società avrà già corrisposto un’imposta sostitutiva ed, in tale caso, tale tributo si finge pagato dai singoli soci, esattamente in maniera speculare rispetto a quanto sopra detto.
In sostanza, al momento della rivalutazione la partecipazione del socio ha già subito un incremento (poiché l’imponibile si presume imputato per trasparenza anche se l’esborso è avvenuto in capo all’ente); per conseguenza, la riserva in sospensione – di importo sostanzialmente pari alla rivalutazione – non può nuovamente incrementare il costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione, pena l’indebita attribuzione di una doppia rilevanza al medesimo parametro.
Ciò determina una minore possibilità che si evidenzi un sottozero, proprio per il fatto che il valore riconosciuto della quota in capo al socio ha già subito il “benefico” incremento nel passato al momento dell’avvenuta rivalutazione.
Quando l’ente che pone in essere l’assegnazione adotta un regime di contabilità semplificata, invece, i problemi assumono una rilevanza ben più ampia. Da un lato il Tuir pone esplicitamente a carico del contribuente l’onere di documentare e comprovare il costo fiscale e, per altro verso, manca il supporto contabile per avere un aiuto nella predetta ricostruzione.
Si teme che modalità alternative suggerite per determinare in modo diverso il costo fiscalmente riconosciuto possano non essere giudicate ammissibili dal Fisco, con la conseguenza che spesso ci si dovrà arrendere a conteggiare il tutto contrapponendo al valore prescelto dalla società per l’assegnazione nel comparto fiscale (valore catastale o valore normale) il solo capitale sociale.
Se mescoliamo tra loro le due fattispecie, si potrebbe però giungere a dire che ove la società in contabilità semplificata abbia, nel passato, operato una rivalutazione dei beni di impresa con riconoscimento fiscale, il costo della partecipazione dei soci si sarà incrementato per un pari importo.
Nella specifica fattispecie non vi sono problemi di riserva in sospensione di imposta, proprio per l’assenza di un patrimonio netto contabile.
Quindi, oltre al valore del capitale, certamente si potrà tenere valido l’incremento da rivalutazione, pur ipotizzando che tutti i redditi e le perdite imputate siano azzerati dai prelievi operati dai soci nel corso del tempo.
In alcuni casi, invece, il sottozero è una ricorrenza frequente; si pensi alle partecipazioni acquistate al valore nominale a fronte di un valore più elevato del patrimonio netto (e, quindi, della società); operazioni di tale genere avvengono, solitamente, nell’ambito del perimetro familiare e, di fatto, determinano un differimento del momento impositivo delle plusvalenze latenti. Non volendo evidenziare materia imponibile all’atto della cessione al familiare (ad esempio), capita inesorabilmente che l’atto di realizzo, coincidente con l’assegnazione, sconti l’imposizione a suo tempo scongiurata.
In tali casi, non vi sono grandi alternative, se non quella di rassegnarsi al pagamento, con la speranza che, al momento della valutazione della fiscalità dell’operazione di assegnazione, si fosse messa in conto anche questa variabile.