Socio di più società sconta l’Inps anche sulla quota accomandante
di Alessandro BonuzziAndrea PuppoNelle scorse settimane ha fatto clamore la decisione presa dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 23790/2019 di escludere gli utili derivanti dall’esser socio di capitali dalla contribuzione Inps commercianti.
Nel caso affrontato dai giudici di legittimità il contribuente accertato, un lavoratore autonomo iscritto alla propria cassa, era altresì socio di diverse società, tra cui anche società di capitali nelle quali non svolgeva attività lavorativa. L’Inps gli ha contestato il fatto di non aver assoggettato alla gestione IVS anche gli utili di competenza relativi alle società di capitali partecipate.
La Cassazione, confermando quanto deciso dai giudici di merito in entrambi i gradi di giudizio, ha respinto la pretesa dell’Istituto previdenziale stabilendo che “l’obbligo assicurativo sorge nei confronti dei soci di società a responsabilità limitata esclusivamente qualora gli stessi partecipino al lavoro dell’azienda con carattere di abitualità e prevalenza. Diversamente, la sola partecipazione a società di capitali, non accompagnata dalla relativa iscrizione contributiva da parte del socio e senza che emerga lo svolgimento di attività prevalente ed abituale all’interno dell’azienda, non può giustificare il meccanismo di imposizione contributiva prefigurato dall’Inps”.
Quindi, il contribuente socio-lavoratore di una Snc, e conseguentemente iscritto alla gestione IVS, e socio di capitale (non lavoratore) di una Srl deve assoggettare alla contribuzione Inps il solo utile derivante dalla società di persone, potendo invece escludere l’utile relativo alla società di capitali.
Occorre però tener presente che l’esclusione contributiva opera solo per gli utili derivanti dalla partecipazione in società di capitali e non in società di persone, ancorché trattasi di socio accomandante non lavoratore di una Sas.
Sicché, il contribuente, iscritto alla gestione IVS, socio-lavoratore di una Snc e socio di capitale (non lavoratore) di una Sas deve assoggettare alla contribuzione Inps il 100% dell’utile spettante, ovverosia sia quello derivante dalla Snc che quello derivante dalla Sas.
Ciò lo si desume dalla stessa sentenza n. 23790/2019, laddove, richiamando la sentenza della Corte Costituzionale n. 354/2001, viene precisato che “nell’ambito delle società in accomandita semplice (e in quelle in nome collettivo) assume preminente rilievo, a differenza delle società di capitali, l’elemento personale, in virtù di un collegamento inteso non come semplice apporto di ciascuno al capitale sociale, bensì quale legame tra più persone, in vista dello svolgimento di una attività produttiva riferibile nei risultati a tutti coloro che hanno posto in essere il vincolo sociale, ivi compreso il socio accomandante. Ciò in quanto il reddito prodotto dalle società in accomandita semplice è reddito proprio del socio, realizzandosi, in virtù dell’articolo 5 del D.P.R. n. 917 del 1986, come la stessa Corte Costituzionale ha già avuto occasione di rilevare, sia pure agli specifici fini tributari, “l’immedesimazione” fra società partecipata e socio (ordinanza n. 53 del 2001)”.
Attenzione, non si vuole dire che il socio accomandante non lavoratore di una Sas debba assoggettare ad Inps l’utile derivante da tale sua unica partecipazione, bensì che quando scatta il presupposto contributivo, per il fatto di essere socio lavoratore di una società di persone, l’Inps si sconta sul 100% dell’utile spettante, quindi anche sulla quota parte di utile relativa a una seconda partecipazione in altra società di persone, sebbene lì non si apporti alcun lavoro.
Ecco che allora, quando il contribuente è al contempo socio lavoratore di una Snc e socio accomandante di una Sas, potrebbe diventare conveniente farlo assumere come lavoratore dipendente nella Snc, previa trasformazione in Sas e qualificazione come socio accomandante. In tal modo si eviterebbe l’iscrizione alla gestione IVS e, di conseguenza, l’utile dell’altra Sas sarebbe purificato da ogni obbligo contributivo.