Soggette a tassazione le mance dei lavoratori perché reddito di lavoro dipendente
di Angelo GinexIn tema di reddito da lavoro dipendente, le erogazioni liberali percepite dal lavoratore dipendente, in relazione alla propria attività lavorativa, tra cui le cosiddette mance, rientrano nell’ambito della nozione onnicomprensiva di reddito fissata dall’articolo 51, comma 1, TUIR e sono, pertanto, soggette a tassazione.
È questo il principio di diritto reso dalla Corte di Cassazione con ordinanza n. 26510 depositata ieri 30 settembre, la quale rappresenta una novità nel consueto panorama giurisprudenziale.
La fattispecie disaminata dai giudici di vertice trae origine dalla notifica di un avviso di accertamento nei confronti di un lavoratore, con cui venivano recuperati a tassazione redditi di lavoro dipendente non dichiarati (nella specie, corrispondenti ad euro 77.321,00) relativi a mance percepite nello svolgimento delle sue mansioni di capo ricevimento in hotel.
Il contribuente impugnava l’atto dinanzi alla competente Commissione tributaria provinciale, la quale rigettava il ricorso e, pertanto, veniva proposto appello, che, invece, veniva accolto. La Commissione tributaria regionale della Sardegna procedeva a riformare la sentenza di primo grado ritenendo non tassabili le somme percepite a titolo di mance, in quanto non comprese nella previsione di reddito da lavoro dipendente di cui all’articolo 51 TUIR (nel testo in vigore dal primo gennaio 2004 al 2008), stante la loro natura aleatoria ed in quanto percepite direttamente dai clienti senza alcuna relazione con il datore di lavoro.
L’Agenzia delle entrate proponeva dunque ricorso per cassazione, deducendo la violazione e falsa applicazione dell’articolo 51, commi 1 e 2, TUIR. In particolare, essa sosteneva che le somme oggetto della tassazione in questione, in quanto percepite dal contribuente in relazione al rapporto di lavoro, rientrano pienamente nella nozione di lavoro dipendente introdotta con la riforma del D.Lgs. 314/1997, che sottolinea la natura onnicomprensiva del reddito da lavoro dipendente (non più limitato al salario percepito dal datore di lavoro).
Ebbene, la Corte di Cassazione ha ritenuto ammissibile l’eccezione avanzata dall’Amministrazione finanziaria, chiarendo preliminarmente che l’articolo 51 TUIR nella formulazione post riforma del 2004 (applicabile, ratione temporis, alla controversia in esame), prevede che «il reddito di lavoro dipendente è costituito da tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro».
Dopo aver ricostruito il quadro normativo che ha portato all’affermarsi di un’unica nozione di reddito da lavoro dipendente (tanto ai fini fiscali che contributivi), la Suprema Corte ha condiviso l’assunto dell’Amministrazione finanziaria secondo cui l’onnicomprensività del concetto di reddito di lavoro dipendente giustifica la totale imponibilità di tutto ciò che il dipendente riceve, anche, quindi, come nel caso in esame, non direttamente dal datore di lavoro (cfr., Circ. Minist. 23.12.1997, n. 326, par. 2.1).
Infatti, il concetto di derivazione dal rapporto di lavoro individua non solo tutto quanto può essere concettualmente inquadrato nella nozione di retribuzione, ma anche tutti quegli altri introiti del lavoratore subordinato, in denaro o in natura, che si legano causalmente con il rapporto di lavoro (e cioè derivano da esso), nel senso che l’esistenza del rapporto di lavoro costituisce il necessario presupposto per la loro percezione da parte del lavoratore subordinato. Ne consegue che, qualora ricorrano i suddetti requisiti, nella nozione di redditi di lavoro rientrano anche gli introiti corrisposti al lavoratore subordinato da soggetti terzi rispetto al rapporto di lavoro (cfr., Cass. sez. lav. Sent. 21.03.2006, n. 6238).
Per tali ragioni, la Cassazione ha affermato che: «il nesso di derivazione delle somme che comunque promanino dal rapporto di lavoro, ne giustifica, nel citato contesto normativo di riferimento, la totale imponibilità, salvo le esclusioni (e/o deroghe) espressamente previste».
Dunque, si è concluso che non è condivisibile l’assunto del contribuente secondo cui le mance non possono essere ricomprese nella nozione di reddito di lavoro dipendente di cui all’articolo 51 TUIR atteso che, per le ragioni esposte dai giudici in sentenza, tale nozione è «diversa e più ampia di quella di retribuzione».
Sulla base di tali argomentazioni, la Corte ha cassato la sentenza impugnata con rinvio alla Commissione tributaria della Sardegna in diversa composizione, che dovrà uniformarsi al principio di diritto suesposto.