Soggettività Irpef per i canoni percepiti dai coniugi in comunione legale
di Laura MazzolaI redditi derivanti dalla locazione di un immobile, oggetto della comunione legale tra i coniugi, devono essere imputati a metà in capo a ciascuno dei comproprietari.
Lo ha stabilito la Corte di cassazione nell’ordinanza 2771 dell’11 febbraio scorso.
Il caso riguarda due coniugi comproprietari di un immobile, diverso da abitazione (lastrico solare), locato con contratto stipulato dalla sola moglie, la quale, in possesso della piena e completa disponibilità dell’immobile, percepiva il canone su un conto corrente a lei intestato.
La Corte di cassazione ha accolto il ricorso della contribuente raggiunta da un avviso di accertamento per il mancato versamento dell’Irpef, relativa all’anno 2001, dovuto all’omessa dichiarazione dell’intero reddito da locazione.
In particolare, i giudici di legittimità hanno ritenuto fondato il primo motivo del ricorso riguardante l’applicabilità al reddito da locazione del regime fiscale della comunione legale tra i coniugi.
Infatti, l’articolo 4, primo comma lett. a), del Tuir afferma che “i redditi dei beni che formano oggetto della comunione legale di cui agli articoli 177 e seguenti del codice civile sono imputati a ciascuno dei coniugi per metà del loro ammontare netto o per la diversa quota stabilita ai sensi dell’articolo 210 dello stesso codice”.
Ne consegue che i redditi derivanti da un contratto di locazione, seppur stipulato solo dalla moglie o dal marito, devono comunque essere imputati al 50 per cento ad entrambi i coniugi, se tra essi vige il regime di comunione legale, nel quale vi rientrano anche gli immobili acquistati in vigenza del regime.
Nella fattispecie, nonostante il contratto fosse intestato ad un solo coniuge (moglie), con la previsione che il canone dovesse essere accreditato su un conto corrente intestato alla sola parte locatrice (e non all’altro coniuge estraneo al contratto,) il reddito doveva essere imputato a metà a ciascuno dei comproprietari.
Al riguardo, la Corte di cassazione afferma che “la comunione legale esistente sul bene locato attribuisce ai coniugi “pari poteri gestori e di conseguenza anche obblighi fiscali”, sicché non avrebbe potuto avere rilievo alcuno l’omessa dichiarazione della residua quota di reddito da parte dell’altro coniuge comproprietario, il quale non era stato oggetto di nessuna richiesta di pagamento, per tale titolo, da parte dell’Amministrazione Fiscale”.
Inoltre, il citato articolo 4 prevede, continua la sentenza, “una imputazione necessaria dei redditi in parola, con la sola deroga riservata alla eventuale previsione di modifiche convenzionali stipulate a mente dell’art. 210 c.c., sicché altre pattuizioni (per di più intervenute con terzi estranei alla comunione legale) non sono idonee a modificare l’imputazione legale dei redditi ai fini fiscali”.
La Corte ha, pertanto, concluso la trattazione affermando che il giudice di merito non doveva pretermettere l’applicazione della regola di legge per dare rilievo ad una pattuizione che non può comunque avere efficacia di deroga rispetto alla disciplina imperativa contemplata dall’articolo 4 del Tuir che, per i redditi dei beni appartenenti alla comunione legale, trova limite nella sola stipulazione della comunione convenzionale.
Per approfondire le problematiche relative alla fiscalità degli immobili vi raccomandiamo il seguente master di specializzazione: