8 Novembre 2014

Sospensione dell’IVA all’importazione per i beni destinati al consumo in altro Paese UE

di Marco Peirolo
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Nella prassi commerciale accade con una certa frequenza che le imprese intrattengano rapporti di fornitura con soggetti extra-UE, che non sono però disponibili a spedire la merce in tutto il territorio comunitario,
ma solo in un determinato Paese UE.
Si supponga che un fornitore americano, con magazzini centralizzati in America e in Cina, spedisca la merce ordinata dall’impresa italiana a Francoforte con
termine di
resa DAP (Delivered At Place of Destination / Reso al Luogo di Destinazione).
Nel commercio internazionale, tale clausola – corrispondente alla clausola DDU (Delivered Duty Unpaid / Reso Non Sdoganato) della previgente edizione degli Incoterms – viene utilizzata quando il venditore, nel rapporto con l’acquirente, si occupa del trasporto della merce, a suo rischio e a suo carico, fino al luogo di destinazione convenuto.
Dato che l’operazione di
sdoganamento, con il
pagamento dell’IVA all’importazione e dei dazi, è a carico dell’acquirente, l’impresa italiana provvede, attraverso uno spedizioniere doganale, ad espletare la procedura di sdoganamento e a curare il successivo trasporto della merce in Italia, ma
con costi talvolta molto alti.
In questa ipotesi,
per evitare la chiusura del rapporto commerciale con il fornitore, può essere consigliabile applicare il cd. “
regime 42”, che – nel caso considerato – consiste nell’immissione in libera pratica in Germania della merce con prosecuzione a destinazione dell’Italia.
Nell’ambito della Direttiva IVA, l’operazione è disciplinata dall’art. 143, par. 1, lett. d), in base al quale gli Stati membri dell’Unione europea
esentano da imposta le importazioni di beni spediti o trasportati in altro Paese membro dall’importatore designato o riconosciuto come debitore d’imposta,
in esecuzione di una cessione intracomunitaria, esente ai sensi dell’art. 138.
Per le suddette importazioni, la detassazione presuppone il rispetto di una
duplice condizione, essendo richiesto:
  • in primo luogo, che il trasferimento dei beni in altro Stato membro (nella specie, in Italia) avvenga in esecuzione:
    1. di una cessione intracomunitaria “in senso stretto”, ovvero
    2. di un trasferimento a “se stessi”, considerato “assimilato” ad una cessione intracomunitaria “in senso stretto”;
  • in secondo luogo, che l’importatore, al momento dell’immissione in libera pratica, fornisca alle Autorità doganali del Paese membro di importazione (nella specie, la Germania) un set minimo di informazioni, ossia:
    1. il numero di identificazione IVA che gli è stato attribuito nel Paese membro di importazione o il numero di identificazione IVA attribuito al suo rappresentante fiscale debitore dell’imposta nel Paese membro di importazione;
    2. il numero di identificazione IVA del cessionario comunitario (in caso di cessione intracomunitaria “in senso stretto”), oppure il numero di identificazione IVA che gli è stato attribuito nel Paese membro di arrivo della spedizione/trasporto (in caso di trasferimento a “se stessi”);
    3. su richiesta delle stesse Autorità doganali, idonea documentazione che provi l’effettivo trasferimento dei beni in altro Paese membro.
In pratica, vincolando la merce di provenienza extracomunitaria al regime in esame risulta possibile beneficiare della
sospensione del pagamento dell’IVA dovuta, in sede di importazione, in Germania, in considerazione della destinazione dei beni in Italia, dove
l’imposta sarà assolta dall’impresa nazionale applicando il meccanismo di
inversione contabile previsto per gli acquisti intracomunitari (artt. 46 e 47 del D.L.  331/1993).
Operativamente, per avvalersi della suddetta procedura,
l’impresa italiana deve nominare un proprio rappresentante fiscale in Germania. Nel modello DAU, identico in tutti i Paesi UE e che deve presentato alla dogana tedesca, occorrerà indicare:
  • nella casella 37, il codice 42;
  • nella casella 44:
    1. il numero di partita IVA del rappresentante fiscale dell’impresa italiana, preceduto dal codice Y042;
    2. il numero di partita IVA dell’impresa italiana, debitrice d’imposta, preceduto dal codice Y041;
    3. il codice Y044 per l’indicazione del contratto di trasporto ai fini della prova dell’effettiva destinazione delle merci in Italia. Tale informazione, pur non rivestendo carattere obbligatorio, potrà essere richiesta dall’Autorità doganale tedesca, qualora ritenuta opportuna per la corretta applicazione del regime.
In sede di immissione in libera pratica, la dogana di importazione
non dovrebbe subordinare la sospensione d’imposta alla prestazione, da parte dell’impresa italiana, di una
garanzia. Il nuovo quadro normativo, delineatosi con il Reg. UE n. 756/2012 e con la Direttiva n. 2009/69/CE, stabilisce infatti condizioni più stringenti per il riconoscimento dell’agevolazione, senza tuttavia prevedere uno specifico obbligo di garanzia. Sul punto, si ricorda che, in Italia, la garanzia non è più dovuta a decorrere dall’8 aprile 2014 (nota Agenzia delle Dogane, 1° aprile 2014, prot. 3540).

 

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