Spese per prestazioni sanitarie e fattura elettronica – I° parte
di Luca CaramaschiCon la conversione in legge del D.L. 135/2018 (il cosiddetto Decreto “semplificazioni”), ad opera della L. 12/2019, il legislatore è intervenuto nuovamente per ampliare, con riferimento alle spese per prestazioni sanitarie, le ipotesi nelle quali scatta il divieto di fatturazione elettronica.
Si tratta, quindi, per molte prestazioni sanitarie che dallo scorso 1° gennaio erano al contrario soggette all’obbligo di certificazione con modalità elettroniche, di un ritorno alla “carta” con un cambio di orientamento che di sicuro non farà piacere a quei contribuenti che in questo scorcio di 2019 (e cioè per il periodo 1° gennaio – 12 febbraio, posto che la nuova previsione esplica i suoi effetti a partire dal 13 febbraio 2019) si erano già attrezzati per far fronte al nuovo obbligo elettronico.
È con l’articolo 9-bis, comma 2, D.L. 135/2018 convertito nella L. 12/2019, rubricato “Semplificazioni in materia di personale del Servizio sanitario nazionale e di fatturazione elettronica per gli operatori sanitari”, che il legislatore ha apportato una modifica alle disposizioni di cui all’articolo 10-bis D.L. 119/2018, convertito nella L. 136/2018, al fine di prevedere che i divieti “si applicano anche ai soggetti che non sono tenuti all’invio dei dati al Sistema tessera sanitaria, con riferimento alle fatture relative alle prestazioni sanitarie effettuate nei confronti delle persone fisiche”.
Se questa previsione è in sintonia con quanto affermato dal Garante della privacy con il documento emanato lo scorso 20 dicembre 2018 (il richiamato documento non limitava infatti la tutela alle sole informazioni sensibili contenute in operazioni sanitarie da comunicare al sistema tessera sanitaria, a discapito di prestazioni che, pur sanitarie, non rientravano nel citato obbligo di comunicazione telematica propedeutica alla produzione della dichiarazione dei redditi precompilata) è altrettanto vero che lo sganciamento dal sistema TS (il cui ambito soggettivo era sostanzialmente chiaro) amplia enormemente il novero di operazioni rientranti nel divieto di fatturazione elettronica con significativi problemi di individuazione delle prestazioni sanitarie medesime.
Si tratta, nella sostanza, di riempire di contenuto la nozione di “prestazioni sanitarie” utilizzata dal legislatore, anche al fine di comprendere il trattamento da riservare alle molteplici figure che attualmente operano in strutture sanitarie private quali i fisioterapisti, i logopedisti, i podologi, i massofisioterapisti, gli osteopati, i biologi nutrizionisti, ecc.
Entrando subito nel merito della questione, di recente, con la FAQ n. 59 del 26.2.2019 l’Agenzia delle entrate ha confermato che, alla luce di quanto previsto dall’articolo 9-bis, comma 2, D.L. 135/2018 convertito nella L. 12/2019 i podologi, i fisioterapisti e i logopedisti non devono emettere per l’anno 2019 fatture elettroniche per le prestazioni sanitarie rese nei confronti delle persone fisiche, dovendo continuare ad emetterle in formato cartaceo.
Appare evidente che, essendo stata pubblicata in G.U. lo scorso 13 febbraio 2019, tale previsione non può che esplicare i suoi effetti solo a partire da tale data e che quindi risultano “regolari” le fatture precedentemente emesse in formato elettronico a partire dal 1° gennaio 2019 e fino alla predetta data.
Se, quindi, per le richiamate figure l’Agenzia ha dato conferma della loro inclusione nel divieto di fattura elettronica, altrettanto pacifica non pare l’inclusione di altre categorie professionali.
Con la circolare 11/E/2014 l’Agenzia, nell’individuare alcune prestazioni che danno diritto o meno alla detrazione di cui all’articolo 15, comma 1, lett. c), Tuir (ovvero le spese sanitarie) si è pronunciata in relazione alle prestazioni rese dall’osteopata e dal biologo nutrizionista.
Con riferimento alle prime, il citato documento di prassi ha precisato che la figura dell’osteopata non è annoverabile fra le figure sanitarie riconosciute il cui elenco è disponibile sul sito istituzionale del Ministero stesso e pertanto, in attesa di un eventuale riconoscimento normativo, ritiene che le prestazioni rese dagli osteopati non consentano la fruizione della citata detrazione.
Tuttavia, le spese per prestazioni di osteopatia, riconducibili alle competenze sanitarie previste per le professioni sanitarie riconosciute, sono detraibili se rese da iscritti a dette professioni sanitarie.
Con riguardo, invece, al biologo nutrizionista l’amministrazione finanziaria ha precisato, in virtù di pareri rilasciati dal Consiglio Superiore di Sanità sulle competenze in materia di nutrizione delle professioni di medico, biologo e dietista, che, pur essendo il medico il solo professionista ad avere il titolo per l’effettuazione di diagnosi finalizzate all’elaborazione di diete, la professione di biologo, pur non essendo sanitaria, è comunque inserita nel ruolo sanitario del Servizio Sanitario Nazionale e può svolgere attività attinenti alla tutela della salute.
Pertanto, in considerazione dei chiarimenti forniti dal Ministero della Salute, le Entrate ritengono che le spese sostenute per visite nutrizionali, con conseguente rilascio di diete alimentari personalizzate, eseguite da biologi, siano detraibili ai sensi dell’articolo 15, comma 1, lett. c), Tuir.
Si tratta a questo punto di capire se, in relazione al predetto divieto di fatturazione elettronica, sussista o meno un collegamento con le prestazioni sanitarie esenti che conferiscono il diritto alla detrazione ai fini reddituali oppure se la nozione di prestazioni sanitarie effettuate nei confronti delle persone fisiche recata dalla norma sia da intendersi in senso più ampio.