Spese per prestazioni sanitarie e fattura elettronica – III° parte
di Luca CaramaschiSta creando più di un’incertezza applicativa il silenzio dell’Amministrazione finanziaria sulla questione del divieto di fatturazione elettronica riferito alle spese per “prestazioni sanitarie” come da ultimo rimodulato dalla previsione contenuta nell’articolo 9-bis, comma 2, L. 12/2019, la legge di conversione del cosiddetto decreto semplificazioni ovvero il D.L. 135/2018.
Come ricordato nei due precedenti contributi sul tema la citata modifica, infatti, interviene a modificare la disposizione di cui all’articolo 10-bis D.L. 119/2018, convertito nella L. 136/2018, al fine di stabilire che i divieti all’emissione della fattura elettronica “si applicano anche ai soggetti che non sono tenuti all’invio dei dati al Sistema tessera sanitaria, con riferimento alle fatture relative alle prestazioni sanitarie effettuate nei confronti delle persone fisiche”.
Il dubbio è dunque quello di capire se, in relazione al predetto divieto di fatturazione elettronica, sussista o meno un collegamento con le prestazioni sanitarie esenti, che conferiscono il diritto alla detrazione ai fini reddituali, oppure se la nozione di prestazioni sanitarie effettuate nei confronti delle persone fisiche recata dalla norma sia da intendersi in senso più ampio.
Se con la Faq n. 59 del 26.2.2019 l’Agenzia delle entrate ha confermato che, alla luce delle recenti disposizioni, i podologi, i fisioterapisti e i logopedisti non devono emettere per l’anno 2019 fatture elettroniche per le prestazioni sanitarie rese nei confronti delle persone fisiche, dovendo pertanto continuare ad emetterle in formato cartaceo, nel mese di dicembre 2018 l’Agenzia, in risposta ad una istanza di interpello (la n. 90 del 03.12.2018) si è espressa con riferimento al trattamento iva delle prestazioni di servizi rese dagli Operatori Socio Sanitari (O.S.S.) e sulla loro riconducibilità al trattamento di esenzione previsto per le “spese sanitarie” menzionate nell’articolo 10, comma 1, n. 18), D.P.R. 633/1972.
Con riferimento a queste figure il documento di prassi richiama un recente parere del ministero della Salute, la nota prot. n. 56436 del 22 novembre 2018, con la quale viene chiarito che “l’Operatore Socio sanitario continua ad essere identificato come un operatore d’interesse sanitario di cui all’articolo 1, comma 2, della legge n. 43/2006, che si caratterizza per essere sprovvisto delle caratteristiche della professione sanitaria in senso proprio, per la mancanza di autonomia professionale, con funzioni accessorie e strumentali e per una formazione di livello inferiore; per tali operatori non è prevista l’iscrizione ad uno specifico Albo professionale (…). In particolare l’Operatore socio sanitario è l’operatore che, a seguito dell’attestato di qualifica conseguito al termine di specifica formazione professionale regionale, svolge attività indirizzata a soddisfare bisogni primari della persona, nell’ambito delle proprie aree di competenza, in un contesto sia sociale che sanitario (…)” e che “per la tipologia di formazione e le competenze attribuite sopra esplicitate, l’Operatore Socio Sanitario non può essere assimilabile alle Professioni sanitarie di cui al comma 1, dell’articolo 1, della legge n. 43/2006, che conseguono un’abilitazione all’esercizio professionale all’esito di un corso triennale universitario (…)”.
Di conseguenza, l’Agenzia delle entrate ritiene che l’operatore socio sanitario non rientri tra i soggetti abilitati all’esercizio delle professioni sanitarie, e che, quindi, alle prestazioni rese dai predetti operatori non sia applicabile l’esenzione Iva di cui all’articolo 10, comma 1, n. 18), D.P.R. 633/1972 bensì l’assoggettamento ad Iva con applicazione dell’aliquota ordinaria.
Nell’ottica degli obblighi di fatturazione tale conclusione dovrebbe portare alla conclusione che, in relazione alle predette prestazioni rese dagli operatori socio sanitari, sussiste l’obbligo di fatturazione elettronica non applicandosi, quindi, il divieto previsto dalla previsione contenuta nell‘articolo 10-bis D.L. 119/2018, convertito nella L. 136/2018.
Tuttavia, laddove le prestazioni dall’operatore socio sanitario siano rese su richiesta del medico di famiglia o del pediatra, come precisato dalla risoluzione AdE 60/E/2017, dovrebbe al contrario applicarsi l’esenzione da Iva ai sensi del citato articolo 10, comma 1, n. 18), D.P.R. 633/1972 con immediate conseguenze anche in termini di sussistenza del divieto di fatturazione elettronica per le citate prestazioni.
Partendo da queste ultime conclusioni si osserva che, tanto la citata risoluzione AdE 60/E/2017, quanto la più recente risposta alla istanza di interpello n. 90/2018, forniscono una interessante chiave di lettura per comprendere quali siano le prestazioni sanitarie ritenute meritevoli dell’esenzione da iva, fatto che dovrebbe produrre immediati riflessi in merito alla verifica della sussistenza del divieto di fatturazione elettronica.
In entrambi i citati documenti di prassi l’Agenzia precisa, richiamando tanto la prassi pregressa (risoluzione AdE 128/E/2011, risoluzione 550555/1989; risoluzione AdE 119/E/2003; risoluzione AdE 39/E/2004; risoluzione AdE 87/E/2010) quanto la giurisprudenza della Corte di Giustizia della Comunità Europea (sentenza n. C-141/00 del 10 settembre 2002), che l’esenzione da Iva alle prestazioni sanitarie deve essere valutata:
- in relazione alla natura delle prestazioni fornite, riconducibili nell’ambito della diagnosi, cura e riabilitazione, e
- in relazione ai soggetti prestatori, i quali devono essere abilitati all’esercizio della professione, a prescindere dalla forma giuridica che riveste il soggetto che le rende.
Pertanto, posto che l’esenzione Iva è subordinata al duplice requisito della natura della prestazione (diagnosi, cura e riabilitazione) e di colui che la rende (soggetti abilitati all’esercizio della professione), ne discende, secondo l’Agenzia delle entrate, che il venir meno di uno dei due requisiti comporta il venir meno anche dell’esenzione.
Adottando tale chiave di lettura la risoluzione AdE 60/E/2017 offre la soluzione, che a questo punto dovrebbe ritenersi valida anche per definire la sussistenza o meno degli obblighi di fatturazione elettronica, in relazione alle prestazioni rappresentate nello schema che segue.
PRESTAZIONI | TRATTAMENTO IVA |
Prestazioni rese dalle farmacie tramite messa a disposizione di operatori socio-sanitari. |
Nella misura in cui le prestazioni siano richieste dal medico o pediatra e rese da operatori socio-sanitari, da infermieri e da fisioterapisti, deve ritenersi soddisfatto il duplice requisito oggettivo e soggettivo funzionale all’esenzione da Iva (in senso conforme la citata risoluzione AdE 128/E/2011). |
Prestazioni analitiche di prima istanza rientranti nell’ambito dell’autocontrollo. |
Ai fini impositivi, laddove le prestazioni nell’ambito dell’autocontrollo siano eseguite direttamente dal paziente tramite apparecchiature automatiche disponibili presso la farmacia, senza l’ausilio di un professionista sanitario, viene meno il requisito soggettivo dal quale dipende l’esenzione Iva disposta dall’articolo 10, n. 18), D.P.R. 633/1972. Era già stata esclusa, in passato, in risposta ad un’istanza di interpello, l’applicazione del citato articolo 10 alla fattispecie – sostanzialmente analoga a quella rappresentata nel caso di specie – del programma “Tele monitoraggio domestico”, nell’ambito del quale le misurazioni periodiche erano effettuate direttamente dal paziente. |
Prestazioni di supporto all’utilizzo di dispositivi strumentali per i servizi di secondo livello. |
Qualora i servizi in questione siano prescritti da medici o pediatri ed erogati “anche” avvalendosi di personale infermieristico, nel rispetto dell’articolo 3 D.M. 16.12.2010, appare soddisfatto l’enunciato duplice requisito oggettivo e soggettivo, con la conseguente applicabilità dell’esenzione Iva. |
Servizio di prenotazione, riscossione e ritiro dei referti. |
Si conferma che tale servizio – disciplinato dagli articoli 3 e 9 D.M. 08.07.2011 – è soggetto all’imposta ad aliquota ordinaria, ai sensi dell’articolo 3 D.P.R. 633/1972. |
Anche alla luce di tali ultime pronunce di carattere interpretativo si comprende come sia a questo punto indifferibile un organico documento di prassi che, con riferimento alla definizione del preciso ambito di applicazione del divieto di fatturazione elettronica imposto dal legislatore con riferimento alle spese sanitarie “effettuate nei confronti delle persone fisiche”, fornisca indicazioni esaustive sui comportamenti che i numerosi soggetti operanti in tale ambito devono tenere ai fini del corretto adempimento degli obblighi di fatturazione.
Il tutto, anche in considerazione anche dell’incertezza che regna in merito alle sanzioni applicabili nei casi di errato utilizzo della modalità di emissione (cartacea o elettronica) dei predetti documenti di certificazione fiscale.