Spese di rappresentanza, pubblicità, sponsorizzazione
di EVOLUTIONLe spese di rappresentanza per poter essere definite come tali devono possedere tre principali caratteristiche: gratuità, congruità ed inerenza.
In merito all’inerenza, una spesa di rappresentanza è inerente quando tale spese può essere considerata come effettivamente sostenuta e documentata.
L’elemento essenziale che connota la spesa di rappresentanza, rispetto ad una che si qualifica come di pubblicità, è innanzitutto quello della gratuità, ovvero la mancanza di un corrispettivo in capo alla controparte e di un correlato obbligo di dare o fare.
Senza gratuità non può pertanto esserci spesa di rappresentanza.
La gratuità delle distribuzioni o erogazioni di beni e servizi e le finalità promozionali consentono di distinguere le spese di rappresentanza da altre fattispecie di cessioni di beni o di prestazioni di servizi a titolo gratuito normalmente effettuate nello svolgimento di attività commerciali, come ad esempio le erogazioni effettuate nell’ambito di operazioni e concorsi a premi.
Altra fattispecie di cessioni da non confondere con le spese di rappresentanza è quella degli omaggi contrattuali.
Per quanto riguarda, invece, le finalità promozionali e di pubbliche relazioni, la circolare AdE 34/E/2009 ha precisato che:
- le finalità promozionali consistono nella divulgazione sul mercato dell’attività svolta, dei beni e servizi prodotti, a beneficio sia di attuai clienti che di clienti potenziali;
- tra le finalità di pubbliche relazioni devono invece essere ricomprese tutte le iniziative, senza una diretta correlazione con i ricavi, volte a diffondere e/o consolidare l’immagine dell’impresa e accrescerne l’apprezzamento presso il pubblico.
È dunque evidente che, in tale contesto, possono essere qualificate come spese di rappresentanza non solo le erogazioni gratuite a favore di clienti, ma anche quelle a favore di altri soggetti con i quali l’impresa ha un interesse ad intrattenere pubbliche relazioni.
Una spesa di rappresentanza deve inoltre risultare ragionevole, cioè idonea a generare ricavi adeguati rispetto all’obiettivo atteso in termini di ritorno economico, oppure, in alternativa, deve essere coerente con le pratiche commerciali di settore.
Regole particolari vengono dettate per le imprese di nuova costituzione, per le quali le spese di rappresentanza sostenute nei periodi di imposta anteriori a quello in cui sono conseguiti i primi ricavi e proventi della gestione caratteristica, possono essere portate in diminuzione dal reddito dello stesso periodo di imposta e di quello successivo, a condizione che vi sia “spazio” nel relativo plafond di quegli anni.
Per quanto riguarda, invece, le spese relative a prestazioni alberghiere e a somministrazioni di alimenti e bevande, l’articolo 109, comma 5, Tuir prevede che per le spese diverse da quelle di cui al comma 3 dell’articolo 95, sono deducibili nella misura del 75 per cento.
Tale disposizione trova applicazione anche quando tali costi ricadono nell’ambito delle spese di rappresentanza.
A seguito dell’entrata in vigore delle nuove disposizioni in materia di bilancio d’esercizio, ad opera del D.Lgs 139/2015, relativamente alle spese di pubblicità, è stato previsto che:
- dal 2016 non possono più essere capitalizzate bensì imputate a Conto economico nell’esercizio in cui sono sostenute. Le stesse possono essere capitalizzate se rispettano i requisiti per essere qualificate spese di impianto/ampliamento;
- le spese di pubblicità capitalizzate in anni precedenti possono essere (ri)classificate nella voce “Costi di impianto e ampliamento” nel caso in cui soddisfino i requisiti per la capitalizzazione di questi ultimi; oppure devono essere eliminate dallo Stato patrimoniale ed imputate a rettifica del patrimonio netto in base a quanto specificato dal nuovo OIC 29.
Fiscalmente, l’art. 13-bis, D.L. 244/2016 (Decreto c.d. “Mille proroghe”) ha modificato l’art. 108, TUIR, per recepire le modifiche apportate alla voce delle spese di pubblicità a livello contabile, eliminando, tra l’altro, la previsione contenuta nel primo periodo del comma 2 relativa alla “ripartizione” in 5 quote delle spese di pubblicità / propaganda.
Di conseguenza dette spese sono deducibili con le regole previste dal comma 1 del citato art. 108 relative alle spese riferite a più esercizi, per le quali ora è prevista la deducibilità nel limite della quota imputabile a ciascun esercizio, in virtù del nuovo principio della “derivazione rafforzata” del reddito imponibile dall’utile di bilancio che riconosce ai fini fiscali i criteri di qualificazione, imputazione temporale e classificazione in bilancio previsti dai Principi contabili.
Per quanto riguarda le spese di sponsorizzazione, esse si caratterizzano dall’esistenza di un rapporto sinallagmatico (contratto bilaterale a prestazioni corrispettive) in base al quale lo sponsor si obbliga ad una prestazione in denaro o in natura e il soggetto sponsorizzato si obbliga a pubblicizzare e propagandare il prodotto, i servizi, il marchio e l’attività svolta dallo sponsor (R.M. 2/1016/1974 e R.M. 9/204/1992). Proprio per l’esistenza di tale rapporto sinallagmatico, tali spese sono state ricondotte secondo consolidato orientamento dell’Amministrazione finanziaria nell’ambito delle spese di pubblicità, in mancanza di carattere gratuito e anche in considerazione della definizione di spesa di pubblicità fornita dalla circolare AdE 34/E/2009.
Quindi le spese di sponsorizzazione per essere qualificate come spese di pubblicità ed essere integralmente deducibili devono:
- avere come scopo quello di reclamizzare un prodotto o il marchio o il nome dell’impresa;
- essere corrisposte a fronte di un obbligo sinallagmatico del beneficiario.
Nella Scheda di studio pubblicata su EVOLUTION sono approfonditi, tra gli altri, i seguenti aspetti: |