Spesometro anche per il piccolo agricoltore (ma dal 2013)
di Luigi Scappini
A quanto pare, il regime di indubbio favore che il comparto agricolo ha sempre avuto da parte del Legislatore fiscale pare stia crollando come un castello di sabbia.
In un precedente intervento abbiamo visto come il federalismo fiscale preveda il venir meno del regime di favore per la compravendita di terreni agricoli (il riferimento va alla cosiddetta agevolazione per la piccola proprietà contadina), intervento che a quanto pare, e questo è sintomatico dell’attuale contesto politico che dovrebbe portarci fuori dalle sabbie mobili della crisi economica, in sede di varo della legge di stabilità verrà annullato.
Ma, l’approssimarsi della scadenza (a meno di un’ennesima proroga) prevista per lo spesometro, non si può non fare qualche considerazione in merito alla previsione di cui all’articolo 36, comma 8-bis del D.L. n. 179/2012 ai sensi della quale tenuti all’adempimento sono anche i produttori agricoli che fruiscono del regime di esonero di cui all’articolo 34, comma 6 D.P.R. n.633/1972.
L’inclusione dei piccoli agricoltori tra i soggetti tenuti all’adempimento è per rendere più efficienti le attività di controllo relative alla rintracciabilità di prodotti agricoli e alimentari.
Il fine è sicuramente nobile, in quanto è rinvenibile nella sempre maggior tutela del consumatore finale e nella difesa del prodotto made in Italy, l’art.18 del Regolamento CE 178/2002 richiamato dall’articolo 36, comma 8-bis prevede, infatti, la rintracciabilità degli alimenti, dei mangimi, degli animali destinati alla produzione alimentare e di qualsiasi altra sostanza destinata o atta a entrare a far parte di un alimento o di un mangime, tuttavia, ciò, a nostro avviso non può essere fatto a discapito dei produttori che di fatto si vedono quasi azzerati i vantaggi che la norma fiscale prevede.
Allo stato attuale sembrerebbe che i piccoli agricoltori siano esonerati dall’adempimento per l’anno 2012. In tal senso depone la circolare n. 1/E/2013 con cui l’Agenzia delle entrate ha ritenuto che “l’obbligo di comunicazione espressamente previsto da detta disposizione (D.L. n. 179/2012 n.d.A.) entrata in vigore il 19 dicembre 2012, dato il limitato lasso di tempo trascorso fra tale ultima data e il 31 dicembre 2012, per finalità di semplificazioni degli adempimenti, possa non essere adempiuto dai produttori agricoli per il 2012.”. Tuttavia, come spesso accade, di tale previsione non vi è traccia nei provvedimenti successivi. Si è del parere che, in funzione del giusto affidamento del contribuente la conclusione dovrebbe essere nel senso di considerare i piccoli produttori tenuti all’adempimento per le operazioni messe in atto a decorrere dal 1° gennaio 2013.
Si ritiene comunque opportuno fare alcune considerazioni in merito all’obbligo introdotto, partendo dal ricordare come l’articolo 34, comma 6 del D.P.R. n. 633/1972 preveda che “I produttori agricoli che nell’anno solare precedente hanno realizzato o, in caso di inizio di attività, prevedono di realizzare un volume d’affari non superiore a 7.000 euro, costituito per almeno due terzi da cessioni di prodotti di cui al co. 1, sono esonerati dal versamento dell’imposta e da tutti gli obblighi documentali e contabili, compresa la dichiarazione annuale, fermo restando l’obbligo di numerare e conservare le fatture e le bollette doganali a norma dell’art. 39”.
Schematizzando, si può dire che le agevolazioni consistono nell’esonero dall’obbligo di:
a) versamento dell’imposta e conseguentemente dalla liquidazione della stessa;
b) formalità di natura documentale e contabile previste dal decreto Iva.
Ne deriva che l’esonero ha ad oggetto, a esempio, la presentazione della dichiarazione annuale Iva.
Gli imprenditori agricoli esonerati devono comunque procedere alla numerazione e alla conservazione delle fatture di acquisto ed alla certificazione e comunicazione dei corrispettivi.
Senza entrare nello specifico della disciplina richiamata, quello che qui preme evidenziare è l’incongruenza tra obiettivo e strumento prescelto per conseguirlo, o almeno ci sia consentito il dubbio.
Infatti, i dati forniti sono la partita Iva, il codice fiscale, il corrispettivo della cessione e l’imposta applicata, tutti elementi che, in sincerità non si ritiene attinenti con la rintracciabilità dei prodotti agricoli e alimentari. Ben diverso sarebbe chiedere ai produttori dati specifici inerenti i beni/animali ceduti, la provenienza degli animali e quant’altro di veramente utile ai fini della rintracciabilità.
Fermo restando che allo stato attuale, ai fini dello spesometro ciò non è chiesto e non potrebbe essere altrimenti, ci si domanda perché quest’adempimento per i piccoli produttori quando in fin dei conti, i dati che essi possono produrre non sono altro che quelli che possono mettere a disposizione i loro stessi clienti.
Sarebbe inoltre utile che il Legislatore o chi per lui, spiegasse se sia necessario procedere alla comunicazione di tutte le operazioni o solamente di quelle che hanno a oggetto alimenti, mangimi e animali che confluiranno a loro volta in alimenti e/o mangimi. Nel primo caso vi sarebbe una evidente incongruenza tra obiettivo finale e dati messi a disposizione, mentre nel secondo caso si verrebbe a creare una complicazione di una complicazione.