Spesometro: ma quanto ci costi?
di Alessandro BonuzziLo scorso 28 marzo la Fondazione Nazionale dei Commercialisti ha rilasciato un documento di ricerca che fornisce un’analisi in termini statistici del costo degli adempimenti fiscali di base sostenuti dagli studi professionali.
Viene preso in considerazione il costo del software, il tempo dedicato agli adempimenti fiscali dal professionista titolare e dai suoi collaboratori, il tempo dedicato alla formazione per gli adempimenti fiscali e il costo delle banche dati.
Il documento, poi, dedica un intero capitolo alla valutazione dei costi dello spesometro 2017 sulla base di un’indagine svolta lo scorso dicembre mediante la somministrazione di un questionario on line a un campione di Commercialisti. Le risposte prevenute ammontano quasi a 7.000.
I risultati che derivano dall’analisi sono a dir poco significativi e confermano che potevamo fare volentieri a meno di questo ulteriore adempimento.
La quasi totalità degli intervistati – per la precisione il 97,6% – ha dichiarato di aver inviato almeno una comunicazione.
Inoltre, la gran parte dei Commercialisti che sono intervenuti – l’83,8% – ha affermato di aver sostenuto costi per l’adeguamento del software utilizzato dallo studio. Nello specifico, di questi Colleghi:
- circa l’85% ha dichiarato di aver speso fino a 500 euro,
- circa il 12% ha dichiarato di aver speso più di 500 euro ma meno di 1.000 euro;
- circa il 3% ha dichiarato di aver speso più di 1.000 euro.
Fino a qui non ci sarebbe di che stupirsi, essendo fisiologico l’incremento della spesa del software a fronte di un servizio aggiuntivo. Tuttavia, la valutazione della sostenibilità dello spesometro diventa tutt’altro che positiva quando si passa ad analizzare i dati relativi all’effettiva fatturazione del servizio da parte dei Commercialisti nei confronti dei clienti. Difatti, ben il 33,7% degli studi non ha fatturato – né fatturerà – l’adempimento a nessun cliente. Si veda la seguente tabella.
Studi che hanno fatturato lo spesometro ai clienti | |||
Sì a tutti | Sì ma non a tutti | No a nessuno | Totale |
27,4% | 38,9% | 33,7% | 100% |
Si noti, peraltro, che non è detto che coloro che hanno emesso fattura abbiano anche conseguito un margine, potendo trattarsi solo di un mero “ribaltamento” del costo sostenuto. E ciò è tutt’altro che improbabile se si considera nel computo della spesa non solo l’onere aggiuntivo del software ma anche quello del dipendente che si è occupato della comunicazione, nonché il tempo dedicato dallo stesso professionista per un eventuale controllo finale prima dell’invio o per dirimere le questioni più controverse. A tale riguardo, balza all’occhio il dato relativo al tempo medio necessario per l’elaborazione di uno spesometro indicato dal documento in commento: 1,5 ore.
Insomma, dallo studio della Fondazione sembra emergere che per molti studi la comunicazione dati fatture sia sinonimo di lavoro gratuito o, ancora peggio, di lavoro a perdere.
Non resta che attendere gli sviluppi futuri per vedere se potranno derivare dei benefici dall’introduzione dell’obbligo generalizzato della fatturazione elettronica, atteso che la stessa porterà con sé l’abrogazione dello spesometro e di altri adempimenti oggi in vigore.