Spetta al datore di lavoro valutare l’applicabilità della detassazione del premio di risultato
di Sergio PellegrinoNella risposta all’istanza di interpello n. 550, pubblicata ieri, l’Agenzia delle Entrate è chiamata ad esprimersi sulla spettanza della detassazione del premio di risultato in relazione al premio corrisposto al proprio dipendente da un’impresa di assicurazione.
L’agevolazione, introdotta dall’articolo 1, commi da 182 a 189, della legge di stabilità 2016, come disposizione a regime, prevede l’applicazione di un’imposta sostitutiva dell’Irpef e delle relative addizionali nella misura del 10% ai premi di risultato di ammontare variabile, la cui corresponsione sia legata ad incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza e innovazione, misurabili e verificabili sulla base dei criteri definiti con apposito decreto (il decreto in questione è stato emanato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, di concerto con il Ministero dell’Economia e delle Finanze, in data 25 marzo 2016).
L’incremento di produttività, che deve essere “misurato” da parte dell’azienda, rappresenta l’elemento caratterizzante dell’incentivo, che lo differenzia in modo sostanziale dalle disposizioni che, fino al 2014, agevolavano con una minor tassazione specifiche voci retributive, a prescindere dall’incremento di produttività.
E proprio su questo aspetto verte la querelle fra datore di lavoro e dipendente.
Il contratto integrativo di secondo livello del gruppo assicurativo del quale l’impresa fa parte, sottoscritto il 1° ottobre 2019, individua la somma dell’utile lordo di due società appartenenti al gruppo come parametro per l’erogazione del premio di produttività variabile del 2019.
Nell’erogare il premio con la busta paga di luglio 2020, il datore di lavoro ha applicato la tassazione ordinaria, anziché quella agevolata introdotta dalla legge di stabilità 2016, nel presupposto che al momento di sottoscrizione del contratto integrativo non vi fossero dubbi in merito al conseguimento dell’obiettivo di redditività prefissato.
Contesta questo tipo di conclusione il dipendente, che ritiene che il sostituto d’imposta avrebbe dovuto applicare al premio l’imposta sostitutiva del 10%.
L’Agenzia delle Entrate evidenzia come aspetto fondamentale dell’agevolazione, attesa la sua funzione incentivante, sia la circostanza che il raggiungimento degli obiettivi incrementali, definiti nel contratto e misurati nel periodo congruo stabilito, avvenga successivamente alla stipula del contratto.
Non rileva però, almeno in senso assoluto, la circostanza che il contratto sia stato stipulato dopo l’inizio del periodo oggetto di “monitoraggio”.
In relazione a questo aspetto, l’Agenzia aveva proposto una esemplificazione nella risoluzione n. 36/E del 26 giugno 2020.
L’ipotesi prospettata in quel documento di prassi è quella di un contratto aziendale sottoscritto il 28 marzo 2019 che prevede, per il medesimo anno, l’erogazione di un premio di risultato annuale: qualora siano rispettate le condizioni previste dalla norma, risulta comunque applicabile il regime fiscale agevolato per l’intero importo del premio di risultato, non assumendo rilievo la circostanza che il contratto aziendale sia stato sottoscritto dopo l’inizio del periodo in cui osservare l’incremento degli obiettivi di produttività.
Nella fattispecie esaminata dalla risposta n. 550, il datore di lavoro non ha ritenuto evidentemente incerto il raggiungimento dell’obiettivo incrementale, e conseguentemente ha assoggettato il premio di produttività variabile a tassazione ordinaria.
L’Agenzia, evidentemente, non può entrare nelle valutazioni di merito, ma ritiene ragionevole la conclusione raggiunta dall’azienda, essendo la valutazione dell’obiettivo incrementale arrivata dopo nove mesi di attività nel periodo, considerato il fatto che il contratto integrativo è stato sottoscritto il 1° ottobre 2019, e quindi attentamente stimata.
Avendo comunque, come peraltro si evince proprio dalla risoluzione n. 36/E/2020, demandato al sostituto d’imposta, sotto la propria responsabilità, la verifica circa la sussistenza delle condizioni previste per l’applicazione del regime impositivo di favore, l’Agenzia respinge la soluzione interpretativa proposta dall’istante.