23 Dicembre 2022

Spetta il diritto alla refusione degli oneri di fideiussione nei rimborsi Iva

di Fabio Landuzzi
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La scheda di FISCOPRATICO

L’articolo 8, comma 4, L. 212/2000, obbliga l’Amministrazione Finanziaria a rimborsare il costo delle fideiussioni che il contribuente ha dovuto richiedere per ottenere la sospensione del pagamento o la rateizzazione o il rimborso dei tributi, prescrivendo che il rimborso vada effettuato quando é stato definitivamente accertato che l’imposta non era dovuta o era dovuta in misura minore rispetto a quella accertata.

Solo per effetto di quanto disposto con l’articolo 7 L. 167/2017 è stato previsto nell’ordinamento un rimborso forfettario (pari alla 0,15% dell’importo garantito per ogni anno di durata della garanzia) degli oneri fideiussori sostenuti per l’ottenimento dei rimborsi Iva, applicabile tuttavia solo per i rimborsi richiesti a partire dal 2018; inoltre, per via delle modifiche all’articolo 38-bis D.P.R. 633/1972 apportate dall’articolo 13 D.Lgs 175/2014, oggi non è più presente un obbligo generalizzato di presentazione della garanzia da cui derivano gli oneri fideiussori per l’ottenimento dei rimborsi Iva, e quindi le circostanze in cui la garanzia si rende dovuta sono ora diminuite significativamente rispetto al passato.

Tuttavia, per le annualità antecedenti si è incardinato un significativo contenzioso alimentato dalle istanze di rimborso promosse dai contribuenti che, nell’ambito delle ordinarie procedure di rimborso Iva, hanno dovuto sostenere i costi relativi all’ottenimento delle fideiussioni e che ne hanno domandato la refusione all’Amministrazione Finanziaria. Quest’ultima, da parte sua, ha sistematicamente fatto opposizione alle istanze dei contribuenti adducendo ragioni di vario tipo, fra cui:

  • talora, in via preliminare, l’intervenuta decadenza del diritto di credito eccependo la sussistenza di un termine di decadenza biennale decorrente dalla data di pagamento degli oneri fideiussori;
  • la mancata emanazione del decreto attuativo delle disposizioni di cui all’articolo 8, comma 4, L. 212/2000;
  • il fatto che il rimborso sarebbe limitato in ogni caso alle spese sostenute per le fideiussioni conseguenti alla presenza di avvisi di accertamento, e non per quelle relative alle ordinarie procedure di rimborso Iva.

Ebbene, la giurisprudenza, sia di merito che di Cassazione (da ultimo, si ha riscontro nella Ordinanza n. 29069/2022), ha in modo pressoché unanime riconosciuto la piena legittimità del diritto di credito del contribuente, sancendo alcuni principali molto chiari, fra i quali in modo particolare emergono i seguenti.

In primis, si rileva che l’obbligo per l’Amministrazione Finanziaria di rimborsare il costo delle garanzie fideiussorie riguarda tutte le garanzie, poiché l’espressione usata dal Legislatore nel riferirsi al fatto che il contribuente “ha dovuto richiedere” le garanzie deve essere intesa non riferita al fatto che la richiesta di garanzia deriva da un obbligo normativo, bensì al fatto che il contribuente è stato in concreto onerato della richiesta della garanzia con riguardo a qualsivoglia scopo egli intenda perseguire; una diversa lettura andrebbe a frustrare la ratio della norma che è quella di salvaguardare l’integrità patrimoniale del contribuente e di renderlo indenne dei costi sostenuti per le garanzie.

La Cassazione (per tutte, si veda la sentenza n. 19756/2020) ha affermato che l’articolo 8 L. 212/2000 si applica ai costi sostenuti per il rilascio di “qualsiasi tipo di fideiussione, a prescindere dalla genesi dell’onere de quo” attribuendo al diritto del contribuente al rimborso del costo delle fideiussioni la natura di “diritto soggettivo perfetto al cui riconoscimento l’Amministrazione Finanziaria ha “obbligo di provvedere” (si veda anche, Cassazione n. 16409/2015).

Quanto al tema dell’eccepito termine decadenziale per azionare il diritto al rimborso, la giurisprudenza di Cassazione (si veda la sentenza n. 19756/2020) ha invece riconosciuto che il credito di cui si tratta è soggetto all’ordinaria prescrizione decennale, non essendo applicabile il termine biennale di decadenza previsto dall’articolo 21, comma 1, D.Lgs. 546/1992; infatti, l’istanza di rimborso non integra il fatto costitutivo del diritto ma solo i presupposti di esigibilità del credito per dare inizio al procedimento di esecuzione del rimborso.

Peraltro, avvalora questa tesi il fatto che la Cassazione a Sezioni Unite (n. 18520/2019) abbia affermato il principio secondo cui “la prestazione di garanzia assume la configurazione di contratto autonomo di garanzia” sicché l’autonomia della garanzia ha una funzione “indennitaria” afferente al “trasferimento da un soggetto ad altro del rischio derivante dalla insussistenza dei presupposti per ottenere il rimborso dell’Iva”.

Infine, del tutto irrilevante rispetto al diritto di credito del contribuente è la mancata emanazione del regolamento attuativo previsto dal comma 6 dell’articolo 8 L. 212/2000; ancora una volta, è la Cassazione (sentenza n. 19751/2013) a chiarire che la mancata emanazione del Decreto attuativo delle disposizioni in questione non costituisce una causa ostativa all’applicazione dei principi ivi sanciti in quanto l’idea per cui l’azione amministrativa dell’Ufficio finanziario sarebbe condizionata dalla previa emanazione del regolamento di attuazione non ha fondamento normativo e “contrasta con la natura precettiva, e non meramente programmatica, della norma di legge” la quale, infatti, non si limita ad enunciare un generico principio, bensì “stabilisce un preciso obbligo di condotta della PA al ricorrere di determinati presupposti”.

Quanto precede, a nostro avviso, parrebbe essere ampiamente sufficiente a indurre l’Amministrazione Finanziaria a definire le pendenze aperte con i contribuenti in materia di rimborsi degli oneri fideiussorio nei rimborsi Iva, essendo ormai consolidato il pieno riconoscimento del diritto del contribuente e quindi maturi i tempi per una desistenza nelle liti in corso.