Sport e imprese sociali
di Guido MartinelliIl mondo dello sport continua ad essere attraversato dal dibattito sulla opportunità, per i sodalizi sportivi, di diventare anche “enti del terzo settore” assoggettandosi alla relativa disciplina e applicando le regole conseguenti.
Se per le Asd il riferimento logico, tra le figure tipizzate dal “Codice del terzo settore”, appare essere quello delle associazioni di promozione sociale (sul punto vedi “Le associazioni sportive dilettantistiche e il codice del terzo settore”, Ecnews del 27.05.2019), per le società sportive dilettantistiche il riferimento logico appare essere quello della impresa sociale.
Quest’ultima, infatti, è a tutti gli effetti appartenente alla famiglia degli enti del terzo settore ma è disciplinata, oltre che dal codice (D.Lgs. 117/2017) anche dal D.Lgs. 112/2017, recante la revisione della disciplina dell’impresa sociale. Sono considerati tali gli enti privati “inclusi quelli costituiti nelle forme di cui al libro V del codice civile” che esercitano un’attività di impresa senza scopo di lucro di “interesse generale”. Tra le attività di impresa di interesse generale vi è ricompresa, anche qui, all’articolo 2, lett. u), D.Lgs. 112/2017, l’organizzazione e gestione di attività sportive dilettantistiche.
Sotto il profilo fiscale, la scelta appare interessante. Va precisato che alle imprese sociali non si applicano le disposizioni fiscali di cui al titolo X, Codice del terzo settore (articolo 79: “Agli enti del terzo settore, diversi dalle imprese sociali …”). Pertanto, non troverà applicazione l’articolo 89, comma 1, D.Lgs. 117/2017 laddove esclude gli enti del terzo settore dall’applicazione dell’articolo 148 Tuir e della Legge 398/1991. Data ormai per scontata la tesi della dottrina prevalente per la quale trova applicazione per gli enti del terzo settore, ivi comprese le imprese sociali, la disposizione di cui all’articolo 67, comma 1, lettera m), Tuir sui compensi sportivi, si arriva alla conclusione, di prima approssimazione, che le Ssd “imprese sociali” manterrebbero tutte le più importanti agevolazioni poste attualmente in capo alle società sportive iscritte solo al registro Coni.
Anzi, vista la non imponibilità degli utili reinvestiti, si assisterebbe addirittura ad un piccolo risparmio (ossia non troverebbe applicazione, per i soggetti che applicano la L. 398/1991, l’imposta sul coefficiente di redditività del 3%).
Va detto che, trattandosi di ente che si dovrà comunque costituire ai sensi di quanto previsto dall’articolo 90, comma 18, L. 289/2002, quindi, con un rigido concetto di non lucratività, non dovrebbe trovare applicazione l’articolo 3, comma 3, D.Lgs. 112/2017 che prevede la possibilità di un parziale riparto di utili per le imprese sociali.
A fronte di questo esame, apparentemente di favore verso l’acquisizione, da parte delle attuali o costituende Ssd, anche dello status di impresa sociale, sussistono alcune controindicazioni che diventa obbligatorio evidenziare.
Intanto, le imprese sociali sono tenute alla redazione “anche” del bilancio sociale. Adempimento che, come tale, va sicuramente giudicato in modo positivo ma che costituisce un “primo” obbligo in più rispetto ad una semplice Ssd.
Secondo aspetto: ai sensi dell’articolo 15, comma 4, D.Lgs. 112/2017, le imprese sociali sono sottoposte ad attività ispettiva una volta l’anno. Anche qui, un adempimento in più che come semplice Ssd non avremmo.
Negli statuti delle imprese sociali (articolo 11 del decreto), “devono essere previste adeguate forme di coinvolgimento dei lavoratori e degli utenti e di altri soggetti direttamente interessati alla loro attività”. Tale coinvolgimento, ammesso che qualcuno abbia capito di cosa si tratta, dovrà essere disciplinato sulla base delle indicazioni che saranno contenute in linee guida anche queste da pubblicare con apposito Decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali. Ma, comunque, gli statuti debbono disciplinare “le modalità della partecipazione dei lavoratori e degli utenti anche tramite loro rappresentanti, all’assemblea degli associati e dei soci”. Nelle Ssd semplici non avremmo nulla di tutto ciò.
Nelle imprese sociali, ex articolo 7, comma 3, D.Lgs. 112/2017, “l’atto costitutivo deve prevedere specifici requisiti di onorabilità, professionalità ed indipendenza per coloro che assumono cariche sociali”. Nulla di tutto questo per le Ssd.
Un’ultima considerazione appare necessaria perché potrebbe, in determinati casi, avere effetto anche dirimente in senso positivo o negativo. Nelle imprese sociali (articolo 4 D.Lgs. 112/2017) si intende per attività di direzione, coordinamento e controllo quella che può essere svolta dal soggetto che abbia la facoltà di nominare la maggioranza dei componenti dell’organo di amministrazione di un’impresa sociale. Il comma 4 dell’articolo citato prevede che gli enti con scopo di lucro non possono esercitare attività di direzione e coordinamento.
Quindi, ove la maggioranza dei soci della Ssd o comunque chi detiene le quote di maggioranza (anche il solo 50,1%) sia una società commerciale (e chiunque viva il mondo delle palestre sa che molto spesso è così), la Ssd non potrà diventare mai impresa sociale. Ricordiamocelo.
Una riflessione ulteriore prima di decantare l’impresa sociale come il futuro delle Ssd, a questo punto, credo sia opportuna.